La Corte costituzionale, rendendo note le motivazioni della sentenza sull’Italicum, ha detto che è necessario che Camera e Senato adottino se non un unico sistema, almeno qualcosa che “non ostacoli, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze parlamentari”. La disparità fra voto per la Camera e per il Senato è infatti oggi tale che è impossibile formare una solida maggioranza di governo. Nonostante questo le forze politiche, con l’eccezione di Forza Italia, continuano a spingere perché si vada al voto al più presto. Significativo “il boicottaggio” dei deputati di area renziana alla manovrina fiscale del governo, cosa che per molti osservatori significa una cosa sola: il tentativo di far cadere Gentiloni per andare al voto. Per Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, “non basterebbe una intera legislatura per arrivare a un accordo elettorale”. Questo perché “l’omogeneità delle due Camere non la si garantisce trasportando il sistema elettorale di una nell’altra, ma costruendo ex novo un sistema elettorale molto più complesso”.
Buttaroni, il voto a giugno o in autunno è ancora uno scenario reale secondo lei?
Nell’attuale geografia politica, indipendentemente dal tipo di legge elettorale, Renzi ritiene che il Pd possa giocare un ruolo fondamentale nella formazione di un nuovo governo. Dato che con le ipotesi di legge che ci sono in giro oggi è impossibile che un singolo partito o una singola coalizione ottengano la maggioranza, Renzi ritiene di poter formare una maggioranza dopo il voto.
Il che confermerebbe quello che in molti sostengono, un nuovo Nazareno con Berlusconi?
Attualmente le maggioranze possibili si muovono su due assi. L’asse con il Pd al centro e l’asse 5 Stelle, difficile invece un asse di centrodestra con le forze più popolari. Oppure un asse con le forze critiche nei confronti dell’Europa, cioè 5 Stelle, Lega e Fratelli d’Italia. L’unico asse certamente impossibile è quello che vede insieme grillini e Pd.
Le motivazioni della Consulta hanno ribadito la necessità di un sistema costituzionale basato sulla parità di funzioni e posizione delle due Camere. Si riuscirà a risolvere questo nodo fondamentale e se sì, come, secondo lei?
Ci sarebbe bisogno di un intervento per una nuova legge elettorale. Da quanto si intuisce non basta la sola estensione perché l’omogeneità delle due Camere non si garantisce solo trasportando il sistema di una all’altra, c’è bisogno di un sistema elettorale molto più complesso. In altri termini, l’Italicum modificato sul Senato non darebbe gli stessi risultati perché il Senato è eletto su base regionale.
Quindi?
Le motivazioni della Corte indurrebbero a un passaggio legislativo che modifica l’impianto del sistema elettorale, non solo la legge elettorale. Siamo in un campo molto vasto, non basta una legislatura per mettere in piedi questo impianto.
Eppure in giro ci sono diverse proposte di legge, dal Lauricellum al Legalicum di Grillo. Lei ne vede una più convincente delle altre?
Il problema è a monte e cioè il doppio regime di voto. L’allineamento su base regionale come dicono queste proposte fa sì che per il Senato ci siano soglie di sbarramento naturali molto ampie. Se il Molise ad esempio elegge due senatori, lì la soglia di sbarramento non è al 3 o al 5%, ma al 50%. Questo significa che l’omogeneità può essere fatta solo intervenendo sulla legge nel suo complesso.
Che previsioni può fare?
Al momento l’unico sistema che può garantire questa omogeneità e che in passato in parte ha funzionato è il Mattarellum, non certo il sistema proporzionale con premio più o meno grande alla lista o alla coalizione.
Se in qualche modo si riesce a votare a giugno, quale quadro potrebbe delinearsi?
Il tipo di risultato elettorale dipende dalla legge elettorale con cui si vota. Se vanno tutti divisi e la maggioranza si sceglie dopo il voto, i sondaggi attuali ci dicono quale sarà l’esito: Movimento 5 Stelle e Pd che si giocano il primo posto, Forza Italia e Lega che seguono tra il 12 e il 14% ciascuno, Fratelli d’Italia al 5 e poi tutto il resto del groppone al 3%. Questo è lo scenario con il proporzionale.
Se invece le alleanze vengono fatte prima del voto?
Avremmo i tre grandi poli che abbiamo oggi: centrosinistra, centrodestra e 5 Stelle, con una variazione che va dal 30 al 35% ciascuno. E niente governabilità.