Mentre si consuma la scissione del Pd e mentre a Roma il M5s prosegue nelle sue difficoltà, gli ultimi sondaggi politici che mirano a questioni di Governo mostrano un interessante sto sui ministri del Governo Gentiloni: il fattore decisivo, dopo i primi mesi di nuovo governo post-Renzi, paradossalmente, vede gli stessi ministri del precedente esecutivo salire nella fiducia dimostrando come il Premier Gentiloni abbia in qualche modo innalzato la fiducia generale degli elettori nel Governo, con buona pace di Matteo Renzi. Tra questi però, nei sondaggi di Piepoli prodotti, il primo della lista “d’oro” è proprio un neo ministro che per anni ha lavorato nell’ombra del Viminale e ora si gode i primi mesi di ottimi risultati. Marco Minniti, è il responsabile degli Interni il primo ministro per fiducia degli elettori italiani: un 64% di preferenza che batte tutti gli altri colleghi; ecco la top five, che si completa con il ministro dei Beni Culturali e Turismo, Dario Franceschini, al 63%. Graziano Delrio, Ministro delle Infrastrutture e Trasporti prende un 63%, poco avanti rispetto al Ministro dell’Economia e Finanza, Pier Carlo Padoan. Al 57% di gradimento anche il Ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, chiude la classifica speciale nei sondaggi politici la Ministra della Difesa, Roberta Pinotti. 



Se Atene piange, Sparta di certo non ride: i sondaggi politici di questo ultimo periodo oltre alla situazione assai difficile interna al Pd, analizzano anche lo stato di salute dei principali rivali in questo momento per il governo del Paese. E il Movimento 5 Stelle non naviga certo in acque migliori: sotto il punto di vista strettamente elettorale, i sondaggi premiamo ancora i grillini rispetto ai colleghi rivali dem, ma a ben vedere la situazione interna anche qui potrebbe spuntare prima o poi il problema della leadership. Con il Congresso del Pd a giugno, le elezioni politiche potrebbero essere anticipate a fine anno, e allora chi si presenterà nelle file dei Cinque Stelle alla guida del Paese? Stando ai sondaggi dell’Istituto Piepoli, è Chiara Appendino che dimostra di svolgere un ottimo lavoro fin qui nel comune di Torino e questo le ha fatto maturare la palma di più votata nel gradimento di fiducia all’interno del Movimento. Malissimo Grillo, al 29%, stra-battuto da Appendino al 63%; anche il secondo in teoria maggior candidato alla guida di un governo M5s, Luigi Di Maio, non vede un’ottima fiducia nei suoi elettori, con il 37%. Molto bene invece l’altro giovane candidato Alessandro Di Battista, meno coinvolto nel caso Raggi che sta oggettivamente “pesando” nell’economia del grado di competenza e bravura di gestione politica dell’intero Movimento 5 Stelle. Proprio la sindaca di Roma si attesta al 31% di fiducia, mentre “Dibba” strappa un 50%, davanti alla pasionaria Roberta Taverna al 41%, meglio comunque del giovane figlio di Gianroberto Casaleggio, Davide, che chiude al 30% di gradimento.



Secondo gli ultimi sondaggi di Ipsos, il futuro del Pd e dei suoi scissionisti potrebbe avere un futuro in ambito elettorale con dei risvolti interessanti. Da un lato infatti, il Pd “monco” otterrebbe qualche volto in più da correnti di centro o addirittura di centrodestra, con la fuoriuscita dei “vecchi” ex Ds e Poi, andando a configurare sempre più quel Partito della Nazione in testa a Renzi da ormai molti anni. Dall’altro, la nuova lista che potrebbe nascere da una eventuale e ormai sempre più probabile scissione del Pd, con Massimo D’Alema e Pier Luigi Bersani, alle urne si presenterebbe con un carico di voti al momento attorno all’8-10%. Ma chi nel dettaglio voterebbe il nuovo soggetto di sinistra? Secondo i sondaggi prodotti da Ipsos, la lista “D’Alema” vedrebbe un bacino di voti così suddiviso al suo interno: 40% dal Pd, un 17% da Sinistra, un 15% dal Movimento 5 Stelle e un 1% da altri partiti di destra e centrodestra. Dato importante è quel 27% del “non voto” che deciderebbe di aderire alla proposta della nuova lista se effettivamente ci sarà la scissione el Pd. 



Due giorni dopo la probabile scissione nel Pd, i sondaggi elettorali e politici prodotti fino a qualche giorno fa sulla possibile spaccatura interna al primo partito del Paese, diventano ancora più interessanti perché colgono alla perfezione il momento critico e “sanguinoso” all’interno del Partito Democratico. Con la minaccia di scissione da parte di Enrico Rossi, Michele Emiliano e Roberto Speranza, “coadiuvati” da Massimo D’Alema, la sinistra si avvicina a mesi molto criptici per provare a capire cosa potrà succedere in una prossima campagna elettorale. Stando ai sondaggi prodotti da Ipsos, se si presentassero come candidati sia a primarie che alle elezioni i leader sopraddetti, che figura farebbero in paragone con Matteo Renzi? Risultati interessanti, dato che si scopre da un lato come il segretario dimissionario stravincerebbe tra gli elettori Pd (67%) ma perde sonoramente dagli elettori di sinistra, il 2% lo voterebbe. Di contro Michele Emiliano, prenderebbe un 20% nella sinistra e un 10% nel Pd; Enrico Rossi non fa di meglio, con l’15 tra i suoi elettori e un 8% stando nel Pd. Molto bene invece Roberto Speranza, visto che raffigura un Renzi al contrario, 2% restando nel Pd ma 60% con un nuovo soggetto di sinistra. I dati mostrano così che la scissione nel Pd non è solo questione di quando avverrà con lo strappo ufficiale, ma che nei numeri e nei risultati dei sondaggi tale spaccatura è già avvenuta… (Niccolò Magnani)

Non solo elezioni, scissioni e o caos in Campidoglio, ma negli ultimi sondaggi elettorali e politici pubblicati da Euromedia Research in questi ultimi giorni si scopre come un tema importante ancora troppo al di fuori delle diatribe dei partiti italiani, ancora molto (troppo?) legati alle leadership interne. In questi sondaggi è stato chiesto agli elettori cosa intenderebbero votare qualora ci fosse anche in Italia un referendum per l’uscita o la permanenza del nostro Paese nella moneta unica dell’Euro. «Se fosse indetto un Referendum Euro, lei…» e a sorpresa, nonostante i vari problemi attivi da anni nel rapporto Roma-Bruxelles, la risposta è ancora filo-europeista. «Voterei a favore del ritorno alle vecchie lire», vede il 38% delle preferenze come risposta, mentre “voterei a favore del mantenimento dell’Euro” viene scelto dal 47%, ovvero dalla maggioranza degli italiani intervistati. Il 10% non andrebbe a votare, mentre il 5% ancora non si esprime: ora la domanda resta una e una sola, ci sarà davvero un referendum sull’Euro nei prossimi mesi qui in Italia?