Uno strano dialogo tra Gherardo Colombo e Sergio Cusani; da oggi si trova in edicola su Famiglia Cristiana con a tema niente meno che Tangentopoli. La stagione degli scandali, delle tangenti nella politica e della fine di un periodo; di fatto un sistema di potere durato praticamente ininterrottamente dal Dopoguerra italiano fino all’inizio degli anni Novanta. Il pubblico ministero e il condannato, faccia a faccia 25 anni dopo “Mani pulite”. Gherardo Colombo e Sergio Cusani, a un quarto di secolo dall’indagine, si incontrano e raccontano, in esclusiva, sul numero in edicola di “Famiglia cristiana”, esponendosi alle domande dei ragazzi delle quinte liceo delle Opere sociali don Bosco di Sesto San Giovanni. I temi? I più disparati per cercare dif ar comprendere ai più giovani cosa davvero è stata quella stagione così importante ancora oggi, come rivelano le dinamiche attuali (tra corruzione e correnti di partito). Responsabilità, fascino perverso del potere, senso di lealtà, carcere, dignità, atteggiamenti autoassolutori: su questo si sono incontrati i due personaggi lontani anni luce nel 1992, così vicini oggi. Entrai nell’inchiesta nell’aprile del 1992”, racconta Colombo, ex magistrato del Pool Mani pulite con Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo. “Partendo dall’arresto in flagranza di Mario Chiesa scoprimmo decine di migliaia di reati: corruzione, finanziamento illecito ai partiti, falso in bilancio, concussione, appropriazione indebita. Percepii presto che una trasgressività così estesa, capillare e articolata, non poteva essere risolta con lo strumento della repressione penale. Prova ne è il fatto che Mani pulite non ha marginalizzato la corruzione”, ha risposto il magistrato ex Tangentopoli.
Non solo Gherardo Colombo ma anche Sergio Cusani, “lo sconfitto” del sistema Tangentopoli, ha voluto rispondere alle domande dei ragazzi su Famiglia Cristiana provando a mostrare la storia da parte dei più fragili e appunto sconfitti. «Altri si sono resi irreperibili o sono finiti prescritti, altri assolti perché le leggi erano cambiate nel frattempo, io uno dei pochi a scontare in carcere l’intera pena». Il culmine del periodo di Tangentopoli forse si ottenne il giorno del processo a carico proprio di Sergio Cusani, consulente della Montedison che teorizzò il sistema delle tangenti alla politica per i vari finanziamenti. Il processo vide Antonio Di Pietro accusare Cusani e interrogare molti politici italiani in veste di testimoni o di imputati di reato connesso. Tra questi Bettino Craxi, Arnaldo Forlani, esponenti della Lega Lombarda tra cui Bossi e Patelli (poi espulso) ed esponenti del Partito Repubblicano Italiano. Il processo ha un grande seguito da parte della stampa essendo stato trasmesso per intero in tv e vede la condanna di Cusani a 5 anni e 10 mesi di reclusione. «Le micro scelte in apparenza insignificanti, che durante il periodo formativo uno compie autoassolvendosi perché così fan tutti, aprono una breccia – racconta Cusani ai ragazzi -. Poi nella maturità diventano macro scelte. (…) Dopo quello che ho attraversato ho cambiato il mio paradigma: il fine non giustifica i mezzi, sono i mezzi a dare senso al fine. Diversamente giustifichi tutto». Cusani ha poi risposto sul punto forse più delicato ovvero quello in cui non fece mai nomi di altri implicati come lui nelle stesse accuse: «Ho scelto di difendermi ammettendo le mie responsabilità senza far nomi- conclude – per salvaguardare la relazione con i miei figli. Che avrebbero pensato di me se, dopo aver commesso reati, avessi cercato di salvarmi scaricando su altri le mie responsabilità?».