Una nuova Tangentopoli, solo che stavolta non c’è nessuna classe politica designata a prendere il posto di quella vecchia. E’ lo scenario che attende l’Italia secondo Antonio Padellaro, fondatore ed ex direttore del Fatto Quotidiano. Per Padellaro “il familismo amorale dominante sta determinando un impoverimento progressivo della democrazia”. Anche quella interna del Pd: “la questione morale ha già corroso l’elettorato del Partito democratico” e la vittoria di Renzi al congresso non è più sicura.
Forza Italia ha aiutato il Pd a salvare Lotti, ieri 19 senatori Pd hanno aiutato FI a salvare Minzolini.
Lo scambio è evidente. Siamo al mercato delle vacche, dove al posto delle vacche c’è il decoro del Parlamento che non viene rispettato. Ma queste operazioni sono un grande boomerang.
Perché, Padellaro?
Perché alimentano, e non da oggi, un’ondata di protesta che va a finire nell’astensione oppure nel voto ai 5 Stelle. E’ una protesta che ha le sue ragioni non solo nella situazione economica del paese, che va male, ma anche e soprattutto nel fatto che la classe politica continua a mostrarsi indifferente ai problemi veri e pensa semplicemente a conservare i propri privilegi di casta.
Cosa vede all’orizzonte?
Una somiglianza impressionante con Tangentopoli. I partiti della prima repubblica non si rendevano conto che le inchieste marciavano su due aspetti profondamente negativi, ingiustificabili: la corruzione e la chiusura a riccio di tutta la classe politica.
Viene in mente l’ultimo discorso parlamentare di Craxi, quello della chiamata di “correo” di tutta la classe politica.
Infatti. Ma la conseguenza di quell’arroccamento — e di quel modo di gestire la cosa pubblica — fu la distruzione di quella medesima classe politica. Oggi si assiste a un fenomeno analogo: c’è una classe dirigente, soprattutto ne Pd, che si mostra insensibile, attenta solo al proprio ombelico, a cercar di capire se Renzi è più a sinistra di Orlando o viceversa, e non si rende conto che gli elettori se ne stanno andando.
Se Luca Lotti ha ragione allora Luigi Marroni, che è il teste chiave dell’inchiesta Consip, ha torto. Se invece Marroni dice la verità, è Lotti a mentire. E’ il nodo irrisolto di questi giorni.
Non so se il governo farà o no saltare Marroni, come si legge a giorni alterni. Intanto, come ha scritto Folli su Repubblica, vincono comportamenti di una mediocrità desolante. C’è un tale groviglio di familismo amorale e interessi di bassa lega che la protesta aumenta e la democrazia si impoverisce giorno dopo giorno sotto i nostri occhi.
Si impoverirà anche quella delle primarie del Pd?
Le primarie dovrebbero essere un momento di trasparenza e invece saranno l’opacità totale, con i 5 stelle che voteranno Emiliano e i forzisti che potrebbero votare Pd. Si vota sulle persone, ma nessuno ha capito quale sarebbe la novità che Renzi ha espresso al Lingotto.
Niente più uomo solo al comando. Dall’io al noi.
Ma per favore. E’ costretto a farlo, visto che da solo non potrà più governare il partito e, un domani, il paese. Il “noi” è il tentativo di tener buoni i vari Franceschini e Orfini e tutti i capi corrente di cui ha bisogno per arrivare al 50 per cento più uno. Se non lo raggiunge, è l’assemblea del Pd a votare il segretario e a quel punto potrebbe anche uscirne Orlando.
Davvero Renzi rischia anche al congresso?
Sì, per il motivo che dicevo prima. La questione morale ha già corroso l’elettorato del Pd. Su questo ha ragione D’Alema, quando dice che la scissione è già avvenuta; ma è quella tra il partito e i suoi elettori.
Lo sfibrarsi del Pd indebolirà anche Gentiloni e la capacità di incidere del governo, alla vigilia di prove cruciali come il Def e la manovra d’autunno?
In questo momento Renzi dovrebbe portare ogni mattina cappuccio e cornetto a Gentiloni, sperando che duri fino alla fine della legislatura, perché se si votasse prima la vittoria andrebbe ai 5 Stelle. Renzi ha bisogno di tempo per recuperare posizioni, sperando che M5s perda qualcosa per strada, ma questo tempo glielo può dare solo il governo Gentiloni.
L’ex premier ritarderà la decisione sulla legge elettorale?
Certo, più tardi si fa meglio è per lui. E’ possibilissimo che si faccia dopo l’estate.
E Berlusconi non ha fretta.
Assolutamente no, a Berlusconi va bene così. Ne approfitta per far contare i voti che ha preso nel 2013, visto che alle prossime elezioni ne prenderà molti di meno. Non gli resta che proporre a Renzi un patto di governo per il 2018.
(Federico Ferraù)