Benito Mussolini ha trasformato l’Italia nell’avamposto filomusulmano dell’Occidente: la tesi è sostenuta da Giancarlo Mazzuca e Gianmarco Walch, che hanno scritto il libro “Mussolini e i musulmani. Quando l’Islam era amico dell’Italia“. La simpatia del Duce per il mondo arabo era nota, ma non sembrava esserci sostanza politica e, invece, le mire imperiali del leader fascista avevano come perno l’alleanza con l’islamismo più radicale, a cui fornì denaro e armi. Non solo, appoggiò l’attentato terroristico che prevedeva l’avvelenamento degli acquedotti usati dagli ebrei che erano rimasti e cominciavano a tornare in Palestina. Mussolini, come ricostruito da Mazzuca nel libro, in Libia è stato accolto da duemila cavalieri arabi e da Yusuf Cherbisc ricevette la Spada dell’Islam, sguainata poi verso il sole. A Tripoli, invece, il Duce si annunciò come il protettore dei musulmani e «del mondo intero». E, infatti, introdusse una politica filo-araba e anti-ebraica. Anche il suo cognome fu motivo di analisi per gli arabi: in Egitto i musulmani proclamarono che Mussolini derivava da “Mussa Nini”, cioè Mosè del Nilo, e il Duce gradì. Sulle colonne di Libero, dove l’apertura di Mussolini all’Islam viene definita un «peccato mortale», viene citato anche un retroscena: Mussolini frequentò a Milano, quando era direttore dell’Avanti!, Leda, una bella ragazza toscana detta l’Odalisca, che divenne musulmana. Pare che anche Mussolini si invaghì di Mometto, al punto tale da proclamare: «Leggeremo Nietzsche e il Corano. Io sono libero tutti i giorni, nel pomeriggio».



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