Se ne va così a 91 anni Alfredo Reichlin, uno degli esponenti di spicco e più importanti della stagione Pci nella sinistra italiana. Se ne va l’ex direttore dell’Unità e importante protagonista della sinistra negli ultimi 50 anni, con importanti riflessi anche sull’attuale crisi del Partito Democratico, dove era arrivato Reichlin dopo una lunga militanza in Pci prima e Ds poi. Partigiano pugliese, Reichlin fu anche catturato dai fascisti durante la Resistenza e fu proprio in seguito a quelle vicende che conobbe il suo maestro Palmiro Togliatti (primo segretario Pci), iniziando la carriera politica che non lasciò poi più. Attento sempre alla questione meridionale, fu uno dei grandi protagonisti dell’era Berlinguer ma anche uno di quelli che fu convinto fin dall’inizio della necessità di superare il vecchio Partito Comunista dopo il crollo del Muro e la fine dell’Urss. Favorevole alle trasformazioni del partito da PCI in Partito Democratico della Sinistra prima, da PDS in Democratici di Sinistra poi, ed infine da DS in Partito Democratico. Non fu mai molto tenero con l’ultima evoluzione del Pd “renziano”, più legato in questo ultimo periodo con il collega di regione Michele Emiliano, anche candidato alla nuova segreteria dem. «La scomparsa di Alfredo Reichlin lascia un vuoto profondo. Se ne va una delle personalità di maggiore spicco della sinistra italiana, un punto di riferimento per generazioni di donne e uomini impegnati nella cosa pubblica. Lo ricordiamo con affetto e riconoscenza e siamo vicini alla famiglia in quest’ora di dolore», ha scritto poco fa Matteo Renzi che si unisce al dolore dell’Unità di cui Alfredo Reichlin è stato direttore e importante firma negli ultimi anni.



Nell’ultimo articolo scritto da Reichlin sulla sua amata Unità non l’ha certo mandata a dire al suo ex capo partito Matteo Renzi, certificando la crisi unitaria di tutta la sinistra e la necessità di un ritorno alle origini per poter guardare al futuro. Un articolo denso di ricordi e allo stesso tempo con una lettura abbastanza lucida sulla crisi del Pd attuale; «Non sarà una logica oligarchica a salvare l’Italia. È il popolo che dirà la parola decisiva. Questa è la riforma delle riforme che Renzi non sa fare. La sinistra rischia di restare sotto le macerie. Non possiamo consentirlo», scrive Reichlin nell’ultimo articolo datato 14 marzo, giusto pochi giorni fa. Ammetteva all’inizio di soffrire di una lunga malattia che gli rendeva difficile scrivere anche queste righe; ma questo non gli ha impedito di fornire la sua ultima punzecchiatura per Renzi e i renziani. «Quando parlai del Pd come di un «Partito della nazione» intendevo proprio questo, ma le mie parole sono state piegate nel loro contrario: il «Partito della nazione» è diventato uno strumento per l’occupazione del potere, un ombrello per trasformismi di ogni genere. Derubato del significato di ciò che dicevo, ho preferito tacere». Poi però conclude provando a tirare le fila su cosa servirebbe oggi all’intera sinistra italiana, non solo al Pd: «nesso tra la ricostruzione di un’idea di comunità e di paese e la costruzione di una soggettività politica in grado di accogliere, di organizzare la partecipazione popolare e insieme di dialogare, di comporre alleanze, di lottare per obiettivi concreti e ideali, rafforzando il patto costituzionale, quello cioè di una Repubblica fondata sul lavoro». Se ne va Reichlin e alla sinistra, come si può evincere da questo ultimo articolo, lo rimpiangerà.

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