Renzi contro Grillo. Solo che stavolta il secondo ha staccato nettamente il primo. Secondo i numeri di Nando Pagnoncelli, il Movimento 5 Stelle è davanti al Pd di oltre 5 punti: 32,3 per cento contro 26,8. Per Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, “gli elettori capiscono che si è chiusa una stagione politica. Si sentono più liberi di schierarsi dove gli pare, sapendo che il loro voto decide il governo ma non immediatamente”. Lo scenario? “Il cono d’ombra in cui è entrato Renzi diventerà via via più oscuro, a vantaggio per ora di Grillo e poi di Berlusconi”.



Perché secondo lei?

Si sta avverando il fuori onda del ministro Delrio: Renzi non ha fatto nulla per fermare la scissione. E quelli che vediamo sono i primi risultati. Nel Pd si è rotta la diga, indipendentemente da chi è uscito dal partito. Il Pd comincia a pagare il conto di due anni di governo i cui risultati appaiono tutti fallimentari, dalla legge elettorale al Jobs Act passando per la Buona Scuola. 



Cosa c’entrano i risultati di governo con l’unità del Pd?

I cittadini cominciano ad avvertire la differenza tra il Renzi degli annunci e il Renzi concreto. E capiscono che si è chiusa una stagione politica. Renzi non è apparso il leader che unisce, ma quello che divide. Mentre sulla scena ci sono un leader che unisce, Berlusconi, e uno totalmente autosufficiente come Grillo. 

A proposito di Grillo. La polemica surreale sul blog (Grillo “non ha potere sul blog” hanno replicato i suoi avvocati alla querela del Pd per un post non firmato) e la vicenda Cassamatis a Genova non intaccano il consenso di M5s. Come lo spiega?



Grillo non pagherà mai per i problemi del suo partito, perché alle persone che votano M5s non interessa nulla di cosa fa o non fa il quadro intermedio del movimento. Elettori e simpatizzanti vogliono solo una formazione politica che dia una lezione all’establishment.

E chi è l’establishment?

E’ incarnato da Matteo Renzi e dai suoi.

Nessun cortocircuito dunque?

L’unico problema potrà venire solamente da Roma e dalla giunta Raggi, e più in generale dalla differenza tra la rotondità del progetto e il suo fallimento reale. Se i grillini che governano falliscono e quelli che non falliscono vengono espulsi, il caso diventa serio.

La sindaca Raggi è in vacanza sulle Dolomiti per troppo stress.

Non ho nulla contro il riposo della Raggi. Mi chiedo però come possa riposarsi adesso, nella settimana in cui a Roma c’è lo sciopero generale dei taxi e si preparano sette manifestazioni nel solo giorno della celebrazione del Trattato di Roma. Se vai in ferie in questi giorni non sei il capo della città. 

Cosa sta facendo Berlusconi?

Sta lavorando a un accordo con Salvini basato su uno scambio elementare: un incarico di peso a condizione che rinunci ad essere premier, perché il premier del centrodestra deve avere un’immagine meno aggressiva. Con questo patto, comunicato nei modi e nei tempi giusti, i 5 Stelle perderebbero le elezioni.

Sembra facile. Berlusconi riuscirà a smuovere il capo della Lega?

Sì. Tutti i dati concorrono a dire che questo centrodestra, se federato, ha percentuali che sono nettamente superiori a quelle di Grillo e i leader del centrodestra dovrebbero essere completamente fessi per non approfittare di questa opportunità. C’è un altro dettaglio importante. La Lega da 6-7 mesi a questa parte è ferma nei sondaggi. Rilevazioni non sospette, fatte lontano dalla campagna elettorale. La Lega ha fatto il pieno e Salvini lo sa. Tutti sappiamo invece che in campagna elettorale Berlusconi aggiunge voti.

Sul versante della legge elettorale sembra tutto fermo, in realtà Berlusconi avrebbe verificato la disponibilità di Renzi al premio di coalizione ma dal Pd avrebbero risposto picche. Orlando invece ha detto no al Mattarellum e ha chiesto di lavorare ad una soluzione senza aspettare la fine del congresso.

Berlusconi ha bisogno del premio di coalizione e il motivo è ovvio. Orlando ha in mente la formula del centrosinistra. E’ come se dicesse: con me segretario del Pd ricomponiamo le ferite, non più in un solo partito ma come alleanza. E’ meno comprensibile la linea di Renzi, che in questo momento non ha alcuna possibilità di avere il premio di lista. Ma non può nemmeno volere il premio di coalizione, perché sarebbe una manifesta ammissione di debolezza: non riuscirebbe più a ricomporre un centrosinistra intorno a sé, e il motivo è semplice: nessuno si fida più di lui. 

Nemmeno Berlusconi a questo punto.

Certo che no. Perché allearsi con Renzi, che nell’ultimo appuntamento decisivo, quello dell’elezione di Mattarella, lo ha tradito non condividendo con lui un nome che il leader del centrodestra avrebbe condiviso?

Come vede il congresso del Pd?

Orlando, che pure potrebbe avere un buon risultato, non suscita grande passione perché non è mai stato oppositore di Renzi. Non c’è un giorno in cui si sia sentita una sua dichiarazione non dico polemica, ma schiettamente alternativa a quella dell’ex premier. E tuttavia a votare andranno in tanti.

Emiliano?

Emiliano non crede di poter vincere il congresso; punta ad avere il consenso che serve per giocare la partita interna, quella delle candidature alle prossime elezioni. Non ha mai abbandonato l’idea di essere il capo politico del sud e con il proporzionale spera di ottenere i voti che gli servono per fare un partito suo, a sua immagine.

Ma chi sceglierebbe tra Renzi e Orlando?

La domanda presuppone che Emiliano abbia un’opzione ideale e politica. Invece non ce l’ha. Se vincesse Orlando per lui sarebbe uno smacco peggiore, perché la vittoria andrebbe a uno dell’opposizione che non è lui.

Enrico Letta è riapparso in tv. Che cosa intende fare?

Al momento nulla. Però si è messo nella riserva della repubblica. Potrebbe fare il federatore del centrosinistra al posto di Renzi, o l’uomo che il centrosinistra indica per un ruolo europeo. 

Renzi non è più segretario del Pd ma sulle nomine degli enti ha deciso tutto.

Più importante delle poltrone occupate, che non saranno condizionanti, è il metodo pigliatutto. Un metodo offensivo: per uno che si è presentato dicendo “fuori la politica dall’economia e dalla Rai…” chapeau. E poi la totale mancanza di trasparenza nei criteri: nessuno ci ha spiegato qual è la colpa di Francesco Caio.

Non è nemmeno opportuno che il ministro dello Sport — indagato — voglia a tutti i costi mettere il suo uomo alla testa dell’Aifa, contro il candidato delle Regioni che sono titolari della scelta.

E’ un fatto gravissimo, senza nulla togliere alle competenze e alla professionalità di Carlo Gaudio. Il fallimento del renzismo è qui: era nato per cambiare la politica e ne ha sposato tutti i difetti. Di più. Ha rovinato una generazione.

Addirittura. Perché?

Il fallimento di Renzi è il fallimento della rivoluzione giovanile in politica fatta dall’alto. Le rivoluzioni non si fanno dall’alto; così le possono fare solo i grandi statisti. Renzi invece non è stato capace di portare la nuova generazione al potere. 

Ne ha cooptati alcuni.

I suoi. E gli altri? Renzi, Lotti e la Boschi hanno trascinato nella loro sconfitta i trenta-quarantenni in nome dei quali dicevano di avere preso il palazzo.

(Federico Ferraù)