In un momento complesso per l’Unione europea i sondaggi elettorali condotti dai vari istituti di ricerca indagano anche sull’opinione degli italiani riguardo a questa istituzione. Proprio sabato scorso 25 marzo sono stati celebrati i 60 anni dei Trattati di Roma, i documenti con i quali fu fondata nel 1957 la Comunità economica europea: i capi di Stato dei 27 paesi membri dell’Unione Europea si sono ritrovati a Roma per festeggiare la ricorrenza e firmare un rinnovato impegno all’unità. Mancava però la Gran Bretagna, che dopo il referendum sulla Brexit, ha avviato il processo di uscita da questa istituzione: a Londra però, sempre sabato scorso, in migliaia hanno protestato contro la Brexit. Ma che cosa pensano gli italiani dell’Unione Europa? Sono europeisti o anti europeisti? Secondo i dati degli ultimi sondaggi effettuati, lo scorso 23 e 24 marzo, dall’Istituto di ricerche Scenari Politici – Winpoll per l’Huffington Post gli italiani sono europeisti. La maggioranza degli elettori, il 57%, sostiene che l’Italia dovrebbe restare nell’Unione Europea mentre il 38% ritiene che invece dovrebbe uscire. Anche per quanto riguarda la moneta unica il giudizio degli italiani è in maggioranza positivo: per il 52% l’Italia dovrebbe mantenere l’euro mentre per il 41% il nostro paese, pur restando nell’Unione Europea dovrebbe uscire dall’euro. (aggiornamento di Stefania La Malfa)
Sembra ridursi il vantaggio tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico, secondo gli ultimi sondaggi elettorali. In base all’ultima rilevazione effettuata dall’Istituto di ricerca Index Research per programma di La7 Piazza Pulita lo scorso 22 marzo, il M5s era dato al 30,8% mentre il Pd al 25,3%: tra il primo e secondo partito c’erano quindi 5 punti percentuali di differenza in termini di intenzioni di voto. Negli ultimi giorni però, in base ai sondaggi elettorali condotti lo scorso 24 marzo da Emg Acqua per La7 Srl, il Movimento 5 Stelle, pur sempre in testa nelle intenzioni di voto degli italiani, ha fatto registrare un vantaggio inferiore sul Partito Democratico. Il M5s raccoglie infatti ora il 30.3% delle preferenze mentre il Partito Democratico arriva al 26.9%, dunque la percentuale di consensi tra i primi due partiti sarebbe di circa tre punti percentuali. Per quanto riguarda gli altri partiti sono queste le percentuali di intenzioni di voto che raccoglierebbero secondo gli ultimi sondaggi effettuati da Emg Acqua: Lega Nord l’11.9%; Forza Italia l’11.9%; Fratelli d’Italia – An il 4.9%; Democratici e progressisti il 4.0%; Alternativa popolare il 3.4%; Sinistra Italiana l’1.7%; Campo progressista l’1.0%; altri partiti il 4.0%. (aggiornamento di Stefania La Malfa)
E se alla fine fossero indette delle Primarie anche nel Centrodestra? I sondaggi non lo escludono e in effetti potrebbe essere proprio questa modalità a decidere, una volta per tutte, chi la spinta nell’ipotetica formazione comune in vista delle Elezioni Politiche. Dato che ogni protagonista in campo sa bene che non ci sarebbero possibilità di vittoria se ognuno corresse da solo (e già comunque la battaglia per il 40% anche in coalizione è tutt’altro che una passeggiata), l’unica rimane allearsi: ma manca una leadership visto che il binomio Salvini-Meloni sfida Berlusconi cercando uno strappo più a destra piuttosto che al centro. I sondaggi condotti da Index Research mostrano come la “boutade” delle primarie – per ora infatti il leader di Forza Italia sembra essere l’unico davvero contrario alla possibilità lanciata da Meloni mesi fa – darebbe ragione a Silvio nel non scegliere (vista dalla sua posizione) tale via. Gli elettori infatti lo boccerebbero, non con una batosta, ma comunque mettendolo in minoranza rispetto al candidato Salvini, più giovane, più diretto e unico a poter incarnare per la destra italiana quella forma di ribellione osservata in Gran Bretagna con la Brexit e in Usa con Donald Trump. I sondaggi mostrano infatti un Berlusconi al 30% delle preferenze in una ipotetica primaria del Centrodestra, mentre il leader e segretario della Lega Nord conquisterebbe un 38%; poco più sotto, Giorgia Meloni, con il 24% non riuscirebbe a strappare la palma del “terzo litigante che approfitta della lite altrui”. Raffaele Fitto, outsider, prenderebbe un misero 8% e non rappresenta una minaccia per il triumvirato “diviso”. Insomma, ci saranno davvero queste primarie o rimarranno una simpatica disquisizione tra sondaggisti e analisti?
I sondaggi elettorali prodotti in vista delle prossime primarie del Pd mostrano un elemento curioso che da tempo ormai commentatori e analisti politici mettono in atto. Il famoso “tocco-magico” di Matteo Renzi è giunto al capolinea? Se di norma resta un giudizio per fini intenditori politici, l’analisi sullo stato di forma dell’ex premier e dell’ex segretario del Partito Democratico viene vista anche dagli elettori, e i risultati confermano il trend negativo per il leader fiorentino. Secondo i sondaggi Ipsos infatti dopo il discorso tenuto al Lingotto di Torino che ha lanciato la sua candidatura alla segreteria Pd attraverso le Primarie, non ha convinto tutti, anzi quasi dimostrando che quel tocco magico si è in parte se non del tutto esaurito. Il 48% la pensa così, mentre il 35% degli intervistati ritiene che Renzi si sia ripreso dopo le sconfitte al Referendum e del suo Governo. Un altro dato utile per capire la situazione renziana viene fornita da un altra domanda del sondaggio che vede la vicenda Consip al centro: il ministro Lotti, maggior fiduciario e braccio destro di Renzi nel governo Gentiloni, dovrebbe dimettersi per gli scandali e le indagini sulla Consip? La risposta è Sì per il 45% e No solo per il 25%: insomma oltre al tocco, anche il cerchio magico attorno a Renzi vede una brusca frenata rispetto ai mesi pre-referendum. Sapranno risollevarsi?