Tenetevi forte, il caso “scotta”: Movimento 5 Stelle al centro, comune di Milano sullo sfondo e Tribunale dello Stato come attore non protagonista. Ecco, metteteci una bella richiesta di ricorso sull’eleggibilità e incandidabilità del sindaco Beppe Sala alle ultime Amministrative bocciato sonoramente dai giudici e una multa da pagare di 20 mila euro per i 4 attivisti che hanno chiesto l’esposto; e per finire una raccolta fondi grillini per pagare la multa dei loro attivisti. Ecco, la storia sarebbe già finita. Anzi è finita qui, ma in queste pieghe si muove l’assurdità, ci pare, di questa intera vicenda: l’origine è semplice, prima dell’elezione a Palazzo Marino di Beppe Sala come sindaco di Milano quattro attivisti del Movimento 5 Stelle, spinti all’epoca dalla base del partito nel tentativo di fermare la candidatura del futuro sindaco milanese (facendo leva sugli incarichi precedentemente assunti in Expo e la loro presunta incompatibilità con la candidatura a primo cittadino della città). Il tribunale ha dato loro torto ed ora gli attivisti devono pagare 20mila euro di spese processuali: lo scorso 10 aprile la “trovata” pazzesca di Manlio Di Stefano, membro importante del Movimento 5 Stelle in Parlamento. Su Facebook indice una sorta di colletta e campagna fondi per poter aiutare gli attivisti con i soldi degli iscritti online al M5s: inutile dire come le ironie si sono profuse dagli stessi iscritti al Movimento che, dopo il caso-bufera di Genova sulla candidata Cassimatis “silurata” da Beppe Grillo, hanno risposto così al post di Di Stefano, «Perché non li chiedete a Grillo?».



È intervenuto oggi anche il sindaco Beppe Sala a commentare l’incredibile accaduto tra le file del Movimento 5 Stelle: «Credo sia veramente ingiusto che venga attivata la giustizia su cause così illogiche e poi pagano tutti i cittadini i costi della giustizia – dice oggi il sindaco Sala  – è giusto che paghino». Non solo, il sindaco conclude la nota di Palazzo Marino affermando come «E se hanno chiesto aiuto perché non hanno la somma di denaro chiesta sono problemi loro, però io certamente chiederò il pagamento». Il post promosso da Manlio Di Stefano recitava precisamente così: «Non entriamo, OVVIAMENTE, nel merito della pronuncia ma crediamo che i cittadini debbano essere liberi di rivolgersi alla magistratura per accertare la legittimità di decisioni di interesse comune senza rischiare per questo di essere condannati a pagare decine di migliaia di euro». In fondo veniva messo anche un Iban con il conto corrente per inviare la raccolta fondi di sostegno ad una causa decisa dal Movimento 5 Stelle (senza alcuna petizione online agli iscritti preventiva), portata avanti dal M5s e persa dal M5s. Ma a pagarla ora devono essere gli iscritti che fino ad ora non hanno avuto alcuna voce in capitolo…



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