Dopo le polemiche sul risultato del referendum costituzionale in Turchia è l’Unione Europea a mettere in guardia il presidente Erdogan dal non compiere passi avventati che possano compromettere in un amen anni di faticose trattative. Come riportato da TgCom24, è stata la la portavoce della Commissione europea, Margaritis Schinas, a lanciare un messaggio chiarissimo al “sultano” uscito vincitore dal referendum:”Alla luce dei rapporti degli osservatori (Osce, ndr), dello stretto margine del risultato del referendum e delle grandi implicazioni, la Ue chiede alla Turchia di valutare i prossimi passi molto attentamente e cercare il massimo consenso”. La portavoce Schinas ha anche sottolineato che “la pena di morte non è solo una linea rossa ma la linea più rossa di tutte” e “passare dalla retorica all’azione sarebbe un chiaro segno che la Turchia non vuole andare verso la famiglia europea ti fondamentali e non discutiamo nemmeno questa possibilità”. (aggiornamento di Dario D’Angelo)
I dati che emergono dai report dell’Osce riguardo il voto del referendum in Turchia sono preoccupanti e inquietanti: la vittoria del Sì che renderà Erdogan praticamente totipotente nella Repubblica di Ankara è arrivato con il 51% dei voti, peccato però che secondo gli osservatori dell’Osce siano almeno 2,5 milioni di schede considerate sospette di essere illegali e invalide. Lo ha annunciato questa mattina Alev Korun, deputata austriaca membro della delegazione di osservatori dell’Osce, parlando alla radio Orf. La polemica era scoppiata ieri quando i primi report del comitato internazionale avevano svelato come la legge turca consente di ammettere, giustamente, solo schede ufficiali, ma per questo referendum la Commissione Elettorale Suprema ha deciso di accettare anche quelle senza un vero timbro ufficiale. «c’è il sospetto che fino a 2,5 milioni di schede siano state manipolate». La risposta è secca (e seccata) e arriva dal primo ministro Binali Yildirim che sulla Cnn annuncia «le voci di irregolarità sono sforzi inutili di oscurare i risultati». Ma le opposizioni provano a non arrendersi e a denunciare a livello formale il risultato del referendum, appellandosi alla Commissione Elettorale Suprema (Ysk): oggi alle 14.30 il principale partito anti-Erdogan, il “kemalista” Chp, presenterà il ricorso formale in cui contesta un numero di voti tra gli 1,5 e i 2,5 milioni di schede, esattamente come riportato dall’Osce. (agg. di Niccolò Magnani)
Se da una parte Erdogan è impegnato a difendere il risultato del referendum in Turchia che ha visto trionfare di misura i Sì alla propria riforma costituzionale, dall’altra il sultano non può certo gioire per l’erosione di un consenso che è andato scemando soprattutto nelle grandi città. Come riportato da La Stampa, l’Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, che guida il Paese dal 2002, ha perso per la prima volta da 15 anni a questa parte nella capitale Ankara e ad Istanbul, dove i No hanno ottenuto rispettivamente il 51,15% e il 51,35%. A salvare Erdogan sono state l’Anatolia profonda, da sempre fortino della destra turca islamica fondata da Nemettin Erbakan, e soprattutto il voto all’estero. I turchi del resto del mondo hanno dato fiducia ad Erdogan e alla sua riforma presidenzialista per quasi il 60%, ma le sconfitte rimediate in quei distretti da sempre vicine all’Akp, come Fatih, Eyup e Uskudar rappresentano un campanello d’allarme che neanche la più ostentata dimostrazione di gioia da parte di Erdogan e dei suoi affiliati potranno a lungo ignorare. (aggiornamento di Dario D’Angelo)
Mentre l’Europa ha ingoiato con difficoltà il risultato del referendum in Turchia, che garantirà al “sultano” Recep Tayyip Erdogan di cambiare la costituzione e di dare vita ad un presidenzialismo, ecco arrivare le congratulazioni per il successo ottenuto (seppur di misura, ndr) da parte di Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti, fanno sapere dalla Casa Bianca, ha telefonato al capo di Stato turco per congratularsi per la vittoria e ha affrontato con lui diversi temi, concordando ad esempio sulla “necessità di cooperare contro tutti i gruppi che ricorrono al terrorismo”. Trump ed Erdogan si trovati d’accordo anche “sull’importanza di ritenere responsabile Assad” dei recenti attacchi chimici a Khan Shaykhun, di cui il presidente della Siria dovrà “rispondere”. La nota della Casa Bianca contraddice di fatto le precedenti dichiarazioni del portavoce Sean Spicer, che poco prima aveva fatto intendere un atteggiamento d’attesa da parte degli Usa sull’esito del referendum in Turchia:”C’e’ una commissione internazionale che sta esaminando la questione e diffonderà un rapporto nel giro di 10-12 giorni. Aspetteremo e lasceremo che faccia il suo lavoro”. (aggiornamento di Dario D’Angelo)
La Germania dopo il risultato del referendum in Turchia, che ha decreato la vittoria del Sì, ha chiesto ad Ankara di dialogare rispettosamente con tutte le parti politiche e civili, visto che è emerso il quadro di una società profondamente divisa. In una nota congiunta la cancelliera Angela Merkel e il ministro degli Esteri Sigmar Gabriel hanno dichiarato che la Germania rispetta quanto deciso dal popolo turco con il voto, ma evidenzia la grande responsabilità che ha il presidente Erdogan. L’Italia, invece, preferisce non sbilanciarsi dopo aver appreso il risultato del referendum turco sulla riforma costituzionale. La posizione del nostro Paese, quindi, è cauta: il ministro degli Esteri, Angelino Alfano, ha dichiarato di aver preso atto del risultato e auspicato un raffreddamento delle tensioni interne. Questa posizione, però, non è condivisa unanimemente in Europa. L’Austria, ad esempio, ha chiesto l’interruzione delle trattative per l’adesione della Turchia all’Ue, visto che il risultato del voto ha lanciato un chiaro segnale contro l’Europa.
La Turchia ha respinto le accuse delle opposizioni, che sostenevano il No alla riforma costituzionale, e di Osce, secondo cui il referendum «è stato condotto in condizioni di disparità». Per Ankara le osservazioni critiche sono «politicamente motivate», inoltre gli analisti internazionali hanno avuto «un approccio di parte e pregiudiziale». Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito la sua vittoria dopo una lotta con le nazioni più potenti del mondo, che lo hanno preso di mira con una «mentalità da crociati». Nessun dubbio sulla legalità del voto: «Il voto di domenica è il più democratico mai visto». Il deputato del partito filo-curdo Hdp Garo Payal ha confermato l’intenzione di ricorrere alla Corte europea dei diritti umani: «Quella di Erdogan è una vittoria di Pirro. La Turchia sta scivolando in una dittatura e questa situazione è insostenibile». Un dato è in particolare molto significativo comunque: la vittoria di Erdogan è stata decisa dal voto dei turchi all’estero. I Sì hanno superato il 60% in Germania, Austria, Belgio e Olanda.