La foto di Silvio Berlusconi che allatta l’agnellino scampato alla mannaia pasquale ha fatto il giro del mondo, è stata malamente imitata da Laura Boldrini ma soprattutto, incredibilmente, ha fatto guadagnare a Forza Italia qualche decimale nei sondaggi pasquali. Il Cavaliere non ha perso il tocco magico mediatico e ha azzeccato un tema, quello animalista, che vale un certo pacchetto di consensi. Qualcuno ha già acclamato “il ritorno” di Silvio, come fosse lo Jedi di Guerre stellari. Ci vuol altro per invertire la tendenza.
Il rilancio consente tuttavia di mettere a fuoco la situazione nel centrodestra, dove c’è meno litigiosità che negli ultimi mesi. In parte ha contribuito la marcia di avvicinamento alle elezioni amministrative dell’11 giugno, soprattutto nelle città del Nord Italia dove la tradizionale alleanza tra gli azzurri e i leghisti regge ancora al di là delle schermaglie che avvengono in Parlamento o in Europa, che è il vero terreno di divergenza tra Forza Italia e Carroccio. Il realismo di chi non vuole perdere prima del tempo ha riavvicinato i due partiti, assieme a Fratelli d’Italia, che comunque appare sempre più una costola dei padani più che una realtà autonoma.
Fatto sta che, nel quadro delle candidature per i sindaci che si sta componendo, si moltiplicano gli accordi più che le divisioni. D’altra parte Lombardia, Veneto e Liguria sono governate da coalizioni di centrodestra che reggono bene e i tre governatori (Maroni, Zaia e Toti) non hanno mai alimentato polemiche reciproche. La solidità delle esperienze sul territorio non viene ancora minata dai personalismi dei leader.
Ma a riavvicinare Berlusconi e Salvini ci sono pure i sondaggi come quello di Nando Pagnoncelli sul Corriere, che piazza il centrodestra addirittura come primo blocco elettorale, con un buon margine sui 5 Stelle e un netto distacco dal Pd e i relativi addentellati. Fiato alle trombe e ai trombettieri che si entusiasmano per il rientro sulla scena del Cavaliere ottantenne, benché gli sia ancora preclusa qualsiasi ricandidatura ed egli non faccia nulla per consolidare l’ipotesi di una successione.
Qui però il problema è un altro, ed è legato al sistema elettorale. Nelle realtà locali ha senso parlare di coalizione del centrodestra, perché si vota con il doppio turno. Ma per il Parlamento non c’è nulla del genere. Non si profila ancora un sistema elettorale con qualche speranza di raccogliere una maggioranza alle Camere e comunque la tendenza indicata dalle sentenze della Corte costituzionale fa propendere verso il ritorno al sistema proporzionale. Dove contano i partiti e gli accordi che essi saranno in grado di raggiungere dopo il voto, non le coalizioni formatesi prima di compilare le liste e che, richiuse le urne, dovranno essere tenute assieme.
I colonnelli azzurri, Toti in testa, spingono perché lo schema delle regioni del Nord venga applicato anche a Roma, cioè che Berlusconi e Salvini finiscano per confluire in un listone unico. Ma gli interessi e i programmi dei due sono ancora lontani tra loro. La Lega consolida la posizione sovranista, anti-euro e anti-Europa, mentre Forza Italia esprime il presidente dell’Europarlamento e cerca di consolidare i rapporti con i partner continentali. Quanto al governo italiano, Salvini è tetragono nell’opposizione ma gli azzurri mostrano più propensione — diciamo — al confronto. C’è poi un terzo nodo, quello del leader: il più difficile da sciogliere.
Una lista unica significherebbe che uno dei due — Lega e Forza Italia — dovrebbe correggere il tiro in una posizione di compromesso. E non è garantito che le attuali intenzioni di voto si traducano automaticamente in consensi nelle urne a un partitone annacquato. Se però la futura legge elettorale si aprisse verso le coalizioni il discorso sarebbe diverso. Ma è tutto da vedere se Berlusconi e Salvini batteranno assieme questa strada.