Più si avvicinano le primarie del 30 aprile, più cresce la distanza tra Renzi e Andrea Orlando. Ieri Orlando ha detto no all’ipotesi di estendere al Senato l’Italicum come corretto dalla Consulta. L’altro ieri aveva definito Renzi “un ostacolo per la ricomposizione del centrosinistra”. E ancora: “Dobbiamo batterci perché il Pd non diventi il partito di una persona soltanto”. Ma questo, purtroppo per Orlando ed Emiliano, è già avvenuto, dice Peppino Caldarola, due volte direttore de l’Unità, per otto anni parlamentare Ds-Ulivo. “La vittoria di Renzi è scontata, ma la partecipazione si annuncia tutt’altro che clamorosa”. 



Caldarola, partiamo dalla legge elettorale. “La legge che vuole Grillo io la firmo domani mattina. Toglie i capilista bloccati e io ci sto. Mi sta bene anche l’estensione dell’Italicum al Senato” ha detto ieri Renzi a Matrix. 

Sta bluffando. Questa storia dei capilista bloccati è come quella del Porcellum, che alla fine nessuno cambiò. I capilista bloccati decidono chi va in parlamento: un vantaggio irrinunciabile anche per tutti coloro che dicono di volerli abolire.



Orlando si è opposto ad estendere l’Italicum al Senato e ieri i senatori Pd che sostengono la sua mozione hanno depositato una proposta di legge alternativa.

L’unico sistema che può correggere l’aberrazione dei capilista bloccati è il Mattarellum, perché la parte proporzionale della lista garantisce a tutti i partiti politici di eleggere sempre e comunque i leader, e se va bene anche gli amici e i capi delle correnti. Ogni altra soluzione mi pare una presa in giro.

Perché?

Perché non vedo nessun partito in grado di affrontare oggi una battaglia per le preferenze sapendo chi verrà eletto. E soprattutto nessun leader, in un regime proporzionale in cui contano le alleanze, può rinunciare ad avere gruppi a lui fedeli. Non lo possono fare né Renzi, né Berlusconi, né Grillo. 



Renzi ha bollato come “fake news” l’aumento dell’Iva. Anche questa è una presa in giro?

Sì. E’ sempre il gioco del cerino: Renzi farà la battaglia ma l’Iva aumenterà, inevitabilmente, perché “ce lo chiede l’Europa”. La stessa Europa dello slogan “Europa sì, ma non così”.

I votanti alle primarie sono stimati in netto calo. Questo chi danneggerà di più?

Sicuramente i due outsider, che potevano sperare in un voto esterno, anti-Renzi, proveniente da sinistra. Se invece il recinto resta quello dell’elettorato fedele, è probabile che questo farà come hanno fatto gli iscritti al Pd, che per il 60-65 per cento hanno sostenuto il segretario uscente.

I sondaggi dicono che M5s è davanti al Pd. Perché secondo lei?

Renzi all’inizio ha sedotto gli italiani ma poi li ha delusi, un po’ per la ripetitività del messaggio, un po’ perché sempre più elettori hanno dubbi sui risultati del suo governo. Se poi allarghiamo lo sguardo, vediamo che nelle competizioni politiche si affacciano forze di centro, di sinistra, di destra che sono state fuori dallo stretto giro dei governi. Anche se Mélenchon e Macron sono stati ministri, entrambi si sono presentati in posizione di rottura con il governo. 

Lo ha capito anche Renzi: “Europa sì, ma non così” appunto. 

Cerca di cavalcare un po’ di pessimismo verso l’Europa, ma è troppo poco. E probabilmente è anche un errore. 

Forse è per questo che l’altro fronte è rappresentato da Padoan e Gentiloni.

Il problema di Renzi è che non riesce a rendere identificabili i suoi amici e i suoi nemici. Qual è il nemico di Renzi? E’ D’Alema, è Grillo. Ma può bastare? Ormai nelle grandi società l’opinione pubblica guarda a nemici che hanno una struttura sociale. Podemos non si batte più contro la casta ma contro la “trama”, l’intreccio oligarchico formato dall’élite politico-burocratica e dall’alta finanza.

Renzi invece?

A Renzi vanno bene tutti, da Briatore a Marchionne. Le uniche polemiche le fa verso i sindacati e i leader della sinistra. Così non fa capire chi sono i suoi amici amici veri e soprattutto chi sono quelli che, qualora tornasse al governo, non dovrebbero essere felicissimi di rivederlo a Palazzo Chigi.

Oggi ha più o meno amici di prima?

Decisamente di meno. Prima era con lui il cosiddetto mondo riformista largo, quello che tiene dentro impresa e sinistra. Ma se oggi Renzi andasse a parlare in Confindustria, non credo che riscuoterebbe un grande successo. Nel mondo politico poi ha trasformato in nemici tutti i possibili alleati.

E Grillo?

Ha fatto un’altra scelta tattica. Ha capito che Renzi attraversa un momento di impopolarità e quindi gli si butta addosso. Invece di picchiare su tutti, picchia su uno solo. 

Escluso che possa allearsi con Grillo, A Renzi resta Berlusconi.

Sì, perché ha chiuso i ponti con tutte le sinistre possibili. 

Prospettive?

Il prossimo giro per la sinistra è perduto. Ma deve imparare la lezione. Il suo tema non è quello posto da Renzi, fatto di persone e vecchie/nuove appartenenze, ma quello della grande diseguaglianza: l’abisso tra chi ha troppo e chi ha troppo poco. E chi ha troppo poco lo si deve rappresentare tutti i giorni, non chiedergli una delega ogni cinque anni.

Dove ha sbagliato la sinistra?

Non ha più capito il popolo; che infatti è stato agganciato prima dal Berlusconi degli anni d’oro e poi, almeno in parte, da Grillo. La sinistra ha dimenticato il popolo perché si è presentata come il riformatore dall’alto, lo stato maggiore illuminato che vede e provvede. Mélenchon, quando va in giro per la Francia, lo fa con il cappello in mano, mettendosi fuori dalla logica degli eletti. Perché non lo fa anche Renzi?

Scontrarsi con Gentiloni e Padoan sulla manovra vuol dire andare contro Mattarella. Renzi cosa vuol fare?

Solo andare allo scontro, portando il vessillo di chi ne ha cantate quattro all’Europa e magari dire, col senno di poi, che ci voleva una manovra molto più dura. Se cade il governo, anche a costo di ritrovarci con l’esercizio provvisorio, non gliene importa nulla.

(Federico Ferraù)