Potrebbe essere il giorno di Marine Le Pen, quello in cui la leader del partito nazionalista approderebbe al ballottaggio per le presidenziali francesi e quindi gli antieuropeisti si avvicinerebbero concretamente alla guida di un grande Paese dell’Ue. Nel 2002 era arrivato al secondo turno anche il padre Jean-Marie, in una situazione per taluni versi analoga a quella odierna con tre candidature forti e separate da pochi voti: Le Pen senior, appunto (16,9 per cento al primo turno), oltre al gollista Chirac (19,9) e al socialista Jospin (16,2). Meno di 200mila voti separarono il nazionalista e il rappresentante della sinistra. Al secondo turno Chirac ebbe tuttavia l’82,2 per cento.
A chi guarda le elezioni francesi con un occhio rivolto alla situazione italiana, questo è un elemento di grande interesse. Anche da noi si sta coagulando un polo anti-Ue molto forte, che comprende da un lato Lega Nord e Fratelli d’Italia e dall’altro il Movimento 5 stelle. Non sono coalizzati ma entrambi sperano che dalla Francia arrivi vento nelle loro vele. Già l’arrivo della Le Pen al secondo turno verrebbe considerato, da Grillo e Salvini-Meloni, anche una loro vittoria, un’avanzata del fronte che combatte questa Europa e questo euro. A maggior ragione se la leader del Front National dovesse presentarsi in testa al ballottaggio.
È tutto da vedere, invece, se la Le Pen vincerà anche il secondo turno o se invece si verificherà, analogamente al 2002, una saldatura tra gli altri partiti per convergere sul suo avversario, chiunque egli sia. Ma ai lepenisti d’Italia questo interesserà fino a un certo punto: da noi il ballottaggio non c’è e se davvero i 5 Stelle si confermeranno primo partito con un sistema proporzionale, sarà davvero difficile escluderli da ogni trattativa di governo. Per gli antieuropeisti di casa nostra il primo turno francese è forse più importante del secondo. E ne trarrà vantaggio più Grillo che Salvini.
Ma ci sono altri motivi per cui seguire con attenzione il voto di oggi. I moderati vorranno capire se in un Paese per molti aspetti assai simile al nostro c’è ancora spazio per loro, oppure se le opzioni principali riguardano soltanto i partiti più estremisti, certamente adatti a raccogliere consenso tra gli elettori ma meno adeguati per trovare punti di intesa fra le varie forze politiche. Va seguito il risultato di Emmanuel Macron, centrista, che viene dato in vantaggio. E poi il centrodestra, che potrebbe riconoscersi in François Fillon anche se decisamente meno attrattivo come suffragi, potrebbe trarre elementi per valutare se conviene cementare il rapporto con i moderati o viceversa buttarsi con decisione verso il fronte populista.
A sinistra, in Francia come in Italia, ci sono sostanzialmente due poli, anche se al di là delle Alpi la fine ingloriosa di Hollande ha condannato il candidato socialista all’insignificanza. Ma nonostante questa effettiva differenza, il test francese può dare indicazioni anche a noi per capire come le divisioni della “gauche” si riflettono sul voto, se cioè i socialisti delusi confluiranno su Mélenchon per consolidare le sue residue chances, oppure preferiranno marcare le diversità in modo identitario. I vari Renzi, Orlando, Franceschini, Bersani, D’Alema, Pisapia, oltre agli eredi di Nichi Vendola, avranno materia su cui riflettere.
Sulle elezioni di oggi aleggia comunque la paura dopo la sparatoria di giovedì sera. L’attacco di Parigi ha reso il voto ancora più imprevedibile, nei minimi distacchi che separano Le Pen, Fillon, Mélenchon e Macron. Perciò, occorrerà fare attenzione a trasferire pari pari i risultati francesi all’Italia, soprattutto se la Le Pen avrà il successo che gli ultimi sondaggi le accreditano.