Arginare il flusso dei migranti, bloccando i trafficanti di uomini, è possibile per l’Italia senza pagare nulla. Potrebbe riuscirci chiedendo alla Libia di collaborare: in teoria il governo dovrebbe spendere 4 miliardi e 600 milioni di spese nel 2017 per salvare e accogliere i migranti sbarcati sulle nostre coste, ma potrebbe chiedere ai libici di pagare. L’idea, tutt’altro che infondata, è stata lanciata da Il Giornale, secondo cui Fajez Al Serraj, salito al potere con la benedizione dell’Onu e la protezione dell’Italia, potrebbe attingere tale somma dal tesoro ereditato da Gheddafi. Nei forzieri della Libyan Investment Authority (Lia) sono, infatti, custoditi oltre 67 miliardi di dollari. E almeno due miliardi e mezzo di quella somma riguardano capitali italiani: dall’1,25% di Unicredit al petrolio, dall’Eni all’energia, passando per infrastrutture e telecomunicazioni. Il traffico di uomini frutta al premier Fajez Al Serraj 300 milioni di euro annui, stando a quanto rivelato dall’ammiraglio Credendino, comandante della missione navale europea.



Eppure non solo la Libia afferma di non avere mezzi per fermare il traffico di uomini, ma chiede anche 800 milioni di contributi da Roma e Bruxelles per la sua Guardia Costiera. Se l’Italia esigesse di recuperare spese e danni attingendo dal tesoretto di Gheddafi, la situazione potrebbe cambiare. Ora è “congelato” per volere del Consiglio di Sicurezza Onu per impedire che gli eredi del Colonnello lo dilapidino. Il governo italiano è intervenuto con mediatori e intelligence per garantire l’arrivo a Tripoli di Fajez Al Serraj e la sua sopravvivenza, ma finora ha ricavato solo spese e svantaggi. Quindi il premier Paolo Gentiloni, anziché chiedere aiuto a Donald Trump, potrebbe pretendere che i miliardi di Gheddafi posseduti dal governo libico vengano messi a sua disposizione. La diplomazia potrebbe rivelarsi finalmente più efficace di interventi militari.

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