A tutto concedere, il discrimine tra Renzi e Macron sembra rappresentato da un semplice termine: coraggio! Se, infatti, le diverse strategie seguite dai due “leader boy” sono dettate dal modello di assetto istituzionale che distingue l’Italia dalla Francia (repubblica parlamentare, la prima, e presidenziale, la seconda), il piglio messo in campo da Macron appare assai più innovativo, chiaro e temerario di quello mostrato dall’enfant prodige italiano.



Macron da ministro delle Finanze — non proprio l’ultima ruota del carro del Governo Cazeneuve — si è dimesso e, dal nulla con la sicurezza del veterano e la spavalderia del trentenne, ha aggregato intorno a sé un consenso trasversale, spontaneo e privo di ogni organizzazione. Lui e loro “En Marche” verso l’Eliseo. La stessa temerarietà (simboleggiata dalla tanto decantata “rottamazione”) che Renzi fece intravedere nella corsa per le primarie a sindaco di Firenze (annichilendo i 4 candidati del Pd ufficiale), ma che poi, con la nefasta e innaturale scelta di divenire il capo del più tradizionale (e immutabile) dei partiti nostrani, ha rovinosamente abbandonato per divenire, nel tempo, puzzle tra i puzzle: l’esponente più brillante della politica politicante.



Persino il famoso 40,8 per cento delle elezioni europee ottenuto da Renzi invece di rappresentare l’incoraggiamento e la molla per emanciparsi dalla “camicia di forza” di cui si era vestito fu interpretato — da tutti, renziani e non — come una conferma della forza del partito sull’uomo. Una mancanza di coraggio che ha segnato forse indelebilmente la vita politica del premier di Rignano sull’Arno (il primo Renzi appare molto lontano) e ha certamente impedito la nascita di qualcosa di nuovo (quel Partito della Nazione) che moltissimi attendevano e che avrebbe esercitato una dirompente forza attrattiva verso tutta l’ala moderata dell’elettorato italiano conferendo una certa stabilità all’intero quadro politico.



Ma, si sa, se il coraggio non lo hai non te lo puoi dare! Così, mentre l’uno è in marcia per la presidenza della Repubblica francese, l’altro, con molte code tra le gambe, si appresta —probabilmente — a portare nuovamente la “croce” del Nazareno con il rischio di ricominciare quella strisciante lotta fratricida che, assieme alle riforme costituzionali, ha fatto fallire l’intera XVII legislatura.

C’è da augurarsi che le debolezze di ieri diventino la forza di domani, anche se al momento appare chiaro un unico fatto: l’età non fa il monaco…