Sulle primarie del Pd, in attesa ancora dei risultati ufficiali che tardano ad armare specie dai circoli del Mezzogiorno, l’ex premier Matteo Renzi gongola per una risultato tra i circoli sorprendente e con maggiori numeri rispetto alle previsioni. Forse proprio perché forte di questo buon risultato interno al Partito Democratico, Renzi in questi ultimi giorni ha “osato” di più anche sui temi di politica interna da cui da mesi non interveniva in maniera così attiva e frequente. Ad esempio oggi, dopo la pubblicazione degli ultimi dati Istat su lavoro e società, su Facebook il candidato segretario ha scritto così: «Nel 2016 il potere d’acquisto delle famiglie è salito ai livelli top da quindici anni, dal 2001 (dati ufficiali Istat, usciti stamani)». Secondo Renzi sono gli 80 euro e altre riforme ad avere alzato la possibilità di una crescita minimamente positiva per i prossimi anni: «l’Imu-Tasi, l’Irap, gli 80 euro, il costo del lavoro e le altre misure del Governo dei MilleGiorni qualche risultato l’hanno portato: finalmente si iniziano a vedere i risultati dopo che per anni gli italiani sono stati vessati e costretti a fare sacrifici». Secondo il candidato e favorito al Congresso e Primarie Pd, abbassare le tasse è sinonimo di aiuto alle famiglie: «noi abbiamo iniziato, ma sappiamo che c’è ancora molto da fare. A cominciare dal quoziente familiare o comunque da un sistema che aiuti le famiglie con figli: questa è la prossima sfida». Una sorta di doppia campagna elettorale che Renzi ora prova a portare avanti per assicurarsi da un lato il Pd e dall’altro tentare di strappare i favori del pronostico al Movimento 5 Stelle.
Non fanno parte più del Pd dopo la scissione e dunque “per forza di cose” non dovrebbero più partecipare alle Primarie del Partito Democratico: eppure molti militanti di sinistra del tutto anti-renziani stanno pensando di recarsi il 30 aprile nelle piazze e ai gazebo per votare contro l’ex premier. Di questo avviso però non sembra essere intenzionato uno dei principali scissionisti e fondatori del Mdp Articolo 1, il governatore di Toscana Enrico Rossi. «Io a votare il Partito di Renzi non ci vado. Abbiamo sempre contestato la politica di Renzi, sostenendo che a votare alle primarie dovevano essere gli elettori di un partito, e che mancando un albo degli elettori di un partito avrebbe potuto votare chicchessia», risponde alle domande del Corriere della Sera quest’oggi. Rossi è convinto infatti che bisogna essere per prima cosa «coerenti con le nostre posizioni, non possiamo commettere lo stesso errore che abbiamo attribuito a Renzi», conclude il Governatore toscano. Stessa linea per Bersani e D’Alema anche se resta il rebus di una scissione che nei fatti ha non solo favorito ma notevolmente avvantaggiato la posizione di Renzi all’interno del partito. Dopo il fiasco nel referendum e della fine del governo, l’ex premier avrebbe potuto avere molta più resistenza interna se Rossi, D’Alema e Bersani non si fossero staccati lanciando “da solo” Michele Emiliano nell’area di sinistra dem. Non andranno alle primarie, almeno ufficialmente, ma non è detto che i militanti non provino lo stesso a minare il consenso renziano presentandosi lo stesso alle urne-gazebo il prossimo 30 marzo.
I risultati ufficiali delle Primarie Pd nei circoli iscritti ancora non sono arrivati: probabilmente sarà solo domenica prossima che l’annuncio ufficiale verrà reso alla Convenzione Nazionale davanti al Partito Democratico riunito. Ormai però i dati indicativi e molto prossimi alla verità sono stati stra-annunciati: Matteo Renzi ha ricevuto il 68% dei voti, Andrea Orlando il 25% e Michele Emiliano il 6%. La seconda parte del Congresso Pd è ufficialmente iniziata, con la campagna elettorale verso il 30 aprile prossimo (data delle Primarie nei gazebo di tutte le principali città italiane) che entra ora nel vivo: con un lungo messaggio all’interno della sua enews settimanale, il vincitore Matteo Renzi prova a commentare il risultato portentoso, non così atteso dopo i fallimenti del Governo e del Referendum (oltre che la scissione non evitata con la sinistra dem). «Alla fine del primo round abbiamo ottenuto oltre i due terzi dei voti. Aspettiamo i dati ufficiali per dire la percentuale esatta ma la matematica non è un’opinione». Renzi poi annuncia come domenica a Roma i risultati saranno proclamati e in quella sede «lanceremo lo sprint per arrivare alle primarie di domenica 30 aprile. Senza attaccare i nostri avversari interni perché noi non parliamo male degli altri: noi raccontiamo che idee abbiamo per il PD e per l’Italia». Chi vince ha vinto e chi perde lo deve ammettere: la polemica scatenata da Orlando dopo i primi numeri usciti ieri mattina viene subito spenta da Renzi che rilancia, «chiediamo a tutti di riconoscere la verità dei numeri che non possono essere oscurati da nessuna polemica. Quando si vince, si vince. Quando si perde, si ammette. Punto».
È forse il vero “sconfitto” dalle Primarie Pd nei circoli dem: non tanto nei numeri, Emiliano ha preso molto meno di lui, ma per la speranza che all’interno di molti circoli di iscritti purissimi dem si lanciava verso un alternativa a Renzi distante però anche dalla contestazione dura e pura del Governatore Puglia. E invece per Andrea Orlando i dati che escono dalla prima tornata di voti nel Congresso Pd 2017 lo vedono in calo rispetto alle aspettative. Un 25% che però il Ministro della Giustizia commenta come positivo in vista della decisiva campagna elettorale delle prossime 3 settimane. «Io penso di poter vincere, penso che il 30 aprile sia totalmente un’altra partita. Riconosco il risultato, ci mancherebbe altro. Ora però stiamo facendo ancora una sorta di ‘prove libere’ di Formula 1. La gara deve ancora incominciare e il primo uscirà dalle consultazioni del 30 aprile», ha dichiarato Orlando ad “Un giorno da pecora” ieri pomeriggio. I dati dimostrano come la strada sarà lunga e irta per il ministro che però lancia subito una prima promessa elettorale: «se dovessi vincere alle Primarie Pd, mi dimetterò da ministro della Giustizia». La trasmissione radiofonica di Radio Rai 2 ha poi offerto il “lancio” dell’idea centrale di Orlando per il suo partito, ancora tutta da presentare nel lungo giro dell’Italia nei prossimi giorni. «Io ho un’altra idea di partito ed un’altra idea di leadership: penso che un gruppo dirigente debba essere una squadra e che un uomo solo al comando rischi di non capire cosa gli cosa accade intorno».