Matteo Renzi ha stravinto. Sembra che abbia preso il 70 per cento dei voti nelle primarie del Partito democratico. Michele Emiliano raccoglie pochi consensi, un poco di più al sud, ma essendo pugliese e presidente della Regione Puglia, da quelle parti aveva vita più facile. Su tre concorrenti, è arrivato terzo e quindi farà guerra senza quartiere a Renzi, restando nel partito.
Andrea Orlando, ministro della Giustizia, che è cresciuto con i poster di Berlinguer appesi alle pareti della sua cameretta, sembra che abbia raccolto meno di quello che aveva preso nelle “consultazioni interne” e doveva essere il grande pacificatore, il nuovo accorto “mediatore” tra il furore renziano di rivincita dopo il voto del 4 dicembre, con la scissione dei “rottamati” di sinistra, e il popolo del Pd più tradizionale, che aveva provocato nuovi contrasti all’interno del partito.
Si può aggiungere che c’è stata anche una buona partecipazione, che alcuni definiscono una “grande prova di democrazia”. A queste “primarie esterne”, a cui partecipano tutti, magari anche gli avversari, o magari qualche fanatico del voto plurimo, una sorta di “serial dell’urna”, pagando sembra un paio di euro, avrebbero partecipato da un milione e 900mila persone a due milioni circa. “E’ un tendenziale” si è detto ufficialmente.
Per molte ore probabilmente non ci saranno dati definitivi, ma piuttosto credibili indicazioni di massima, anche se ogni tanto arriva l’annullamento di un gazebo, cioè il posto dove si vota.
Si dice, da qualche anno, che oltre all’economia sia in crisi anche la vecchia democrazia rappresentativa, che si basava su partiti che discutevano, stilavano tesi e garantivano leadership dopo confronti serrati. Ormai, tutto questo è andato letteralmente in soffitta, perché avanza a grandi passi, soprattutto in Italia, la “democrazia dei gazebo” e quella “dei clic” al computer sdoganata dai pentastellati del comico Beppe Grillo.
La partecipazione avviene anche senza tesseramento (che diamine, un perditempo!), e soprattutto senza che si discuta pubblicamente la linea politica e le scelte da fare. Cose superate. Difficile sapere su che cosa si basa l’identità del Pd e soprattutto le differenze con i “traditori” Pier Luigi Bersani, Massimo D’Alema e persino con Giuliano Pisapia. Non parliamo poi dei rapporti internazionali e dei confronti tra partiti di sinistra.
Siamo tornati a prima o dopo Bad Godesberg? Risposta impossibile in questi tempi, che annoverano nella sinistra personaggi alla François Hollande, alla Martin Schulz o all’olandese Jeroen Dijsselbloem, un gigante della destra economica liberista, che pensa di essere di sinistra. Un caso classico di sdoppiamento di personalità.
In fondo, in questi tempi di grande “euforia” democratica al contrario, la linea politica è un dettaglio. Prima ci si conta, si forma la segreteria, gli organi dirigenti e poi si discute e si sceglie la linea politica. E’ una nuova forma “creativa” di partecipazione democratica. Vedremo per quanto tempo durerà e quali sorprese ci riserverà.
Ma ritorniamo al trionfatore delle primarie italiane, al Matteo Renzi che si prende una rivincita che per alcuni sarà “sanguinosa”. Renzi stravince con il 70 per cento circa. Si può dire che la partecipazione al voto delle primarie sia calata almeno di un milione di persone, e che questo calo si sia evidenziato soprattutto nel centro nord, anche in regioni che un tempo venivano definite “rosse”. Ma Renzi non ha molti dubbi: “C’è stata una partecipazione importante”. E su questo ha perfettamente ragione.
Poi c’è il ritorno di un clima politico più complicato. In questi mesi, la politica italiana (se esiste ancora) è andata in stand-by e sono emersi tutti i tentennamenti di Paolo Gentiloni, di Pier Carlo Padoan e un po’ di nervosismo in Carlo Calenda.
Tuttavia, occorre dirlo, senza Renzi, anche se la crisi perdurava, ci si annoiava anche un poco. Nel frattempo si sono accumulati diversi e nuovi problemi e non è più improbabile una ripresa da parte del “nuovo e vecchio” segretario del Pd in funzione di iniziativa elettorale, forse non tanto della legge, ma dell’apertura della urne.
Tutto questo dimostrerebbe che ormai la politica ha una inconsistenza drammatica, che si è messa in piedi una sceneggiata per la rivincita, durata cinque mesi, che porta poi all’inconsistenza probabile di una possibile maggioranza in Parlamento. Devono essere i “nuovi riti” della politica di facciata. Finché quello che è decisivo viene stabilito nei grandi centri di potere mondiale, la politica dovrà accontentarsi di queste sceneggiate. Finché alla fine, se la crisi economica non sarà risolta, arriverà un chiarimento piuttosto brusco e una sveglia per tutti.
Nella dichiarazioni finale, Orlando dice che non c’era nulla di scontato. Beato lui, che è rimasto sorpreso.