E’ come sempre lucidissimo Peppino Caldarola, anche quando esamina l’attuale situazione italiana e l’impasse della riforma elettorale. In una breve conversazione, Caldarola, che può mettersi all’occhiello una grande esperienza editoriale (vicedirettore di Rinascita, direttore dell’Unità, quando era un giornale, grande lavoro alla Laterza) e politica, come deputato dell’Ulivo, ti riassume la percentuale delle speranze di un incontro positivo tra Partito democratico e 5 Stelle: ” Al 60 per cento, perché voglio fare l’ottimista”.
Ma Caldarola è consapevole delle difficoltà in cui ci si muove. Dice con tranquillità: “C’è questo appuntamento di giovedì, di domani ormai, che avviene in un clima di contrapposizione generale, persino sulla pulizia delle strade di Roma e di altre città. C’è un punto su cui sembra che ci sia una condivisione, una lettura comune: quella del ballottaggio. E questa sarebbe una garanzia, a mio avviso un fatto positivo, per assicurare un minimo di stabilità in un paese che, altrimenti, sarebbe condannato ad andare alle urne ogni anno, in uno stato di cronica instabilità”.
Con Caldarola si cerca quindi di ragionare su una serie di problemi, facendo una premessa che è più che condivisibile. “Esiste, in teoria — dice Caldarola — questa proposta di fare una nuova legge elettorale per decreto, ma a mio parere questo modo sembra impresentabile. Una scelta di questo tipo prevederebbe, presupporrebbe quanto meno, un’ ampia maggioranza, un vasto accordo tra i partiti presenti in Parlamento, una consapevolezza di intenti comuni che non riesco proprio a vedere”.
Il vero problema sul tappeto è, quindi, quello di realizzare un sistema maggioritario che si adatti alla cultura politica e al modo di sentire generale del popolo italiano: rappresentatività garantita al massimo, ma anche necessità di una maggioranza di governo, senza avere grandi e spropositati premi di maggioranza. che provocherebbero le reazioni della Consulta in base al dettato della Costituzione repubblicana. Ma a questo punto si entra in una serie di tecnicismi complicati, difficili da spiegare.
“E’ vero — spiega ancora Caldarola — e intanto voglio tralasciare questa storia dei capilista, che mi pare solo un pretesto per litigare. Per il resto, un ballottaggio secondo il sistema francese, quello che si svolge alla legislative, a me sembra che possa andare bene e garantire rappresentatività e stabilità. Il collegio uninominale all’inglese è troppo secco, troppo rigido e appartiene a un’altra cultura, che non è la nostra. Il sistema francese è invece quello che si avvicina di più alla nostra tradizione e potrebbe funzionare”.
C’è tuttavia un ragionamento comune che si fa con Caldarola ed è quello che, insieme alla necessità, ci deve essere la volontà politica per realizzare una legge elettorale funzionale, maggioritaria il tanto necessario per garantire una stabilità al Paese.
E qui ci si interroga su chi ha voglia di andare a votare prima della scadenza naturale della legislatura. Guardiamo per un momento i protagonisti di questa scelta che deve essere fatta, prima che le cose si trascinino sino all’accettazione di una legge elettorale proporzionale, senza sbocchi reali di maggioranza, con coalizioni da trovare nel modo più imprevedibile possibile.
Renzi ha voglia di andare a votare prima e quindi di trovare una soluzione al più presto? Caldarola sembra abbastanza perplesso di fronte a una domanda di questo genere: “Dopo il 4 dicembre, in un referendum che lui ha gestito malissimo (bastava che si sfilasse dalla battaglia elettorale in prima persona) si è trovato di fronte alla difesa del Parlamento, che è una logica comune, connaturata, per personaggi come Mattarella e Napolitano. Adesso, ogni giorno che passa diventa un problema per Renzi e siamo già di fatto a metà di maggio. In più, un voto in autunno andrebbe a sbattere contro una manovra lacrime e sangue, a quanto si dice, che bisogna affrontare. E chi porta al voto non potrà nascondere quello che farà poco dopo. E’ difficile quindi valutare la voglia di voto al più presto, sapendo che c’è anche l’estate di mezzo”.
C’è anche un fatto, Caldarola, o meglio quasi una legge non scritta, che in Italia chi porta a elezioni anticipate regolarmente perde. “E’ vero — risponde Caldarola —. È una costante, una regola, non solo una legge non scritta. E il fatto potrebbe spiegarsi con la diffidenza che l’elettorato nutre verso chi ti porta a un passaggio obbligato, quando poi sei nell’imminenza di una scadenza elettorale normale”.
E Grillo con i suoi pentastellati che interesse ha ad andare a votare al più presto? Lasciamo perdere le dichiarazioni, i toni di rinascita nazionale, quasi “di purificazione” da un sistema corrotto. In realtà, la sensazione è che tra una capriola sull’Europa e sull’euro, tra una contraddizione sui vaccini o su altro ancora, il comico aspetti solo il continuo logoramento di un paese esposto a mille rischi di carattere economico e politico. Forse, a Grillo, andare alle urne al più presto possibile non interessa nulla.
“Probabilmente è così, per Grillo — riflette Caldarola —. Gli conviene aspettare e vedere che cosa accadrà nei prossimi mesi”. Poi, da grande riformista, Peppino Caldarola quasi sbotta, pur parlando sottovoce: “Peccato che non si viva in un paese dove esiste ed è consolidata una grande tradizione di spirito repubblicano democratico. In Francia ci sono ancora i problemi, anche dopo Macron, ma qualcosa si muove. In Gran Bretagna si possono fare scelte di altro tipo, ma vedi la compattezza di un sistema Paese. Tutto questo in Italia non riesci proprio a vederlo. Ed è un peccato, un difetto da cui occorre liberarsi”.
Sono considerazioni amare, ma non di un pessimista, di un analista che guarda attentamente la realtà. E non si può che convenire che anche questo appuntamento sulla legge elettorale da varare possa trasformarsi in un incontro senza un futuro.
Si fa quasi del marketing politico, con incontri dichiarati, per risolvere i problemi e poi si litiga su tutto, persino sui libri che rievocano la storia recente.
Siamo comunque ottimisti come Caldarola, pensando che un accordo si possa trovare al 60 per cento. Ma vivere in questo Paese, con questo tipo di politica fatta a strappi e contrapposizioni diventa sempre più difficile. E hai la netta sensazione che stiano tutti bluffando, persino quando stabiliscono incontri decisivi e non abbiano, in verità, nessuna voglia di risolvere i problemi. Alla fine si andrà a votare nel 2018 probabilmente. Ma almeno un piccolo maggioritario, i “nostri eroi” riusciranno a metterlo in pista?
(Gianluigi Da Rold)