“E’ chiaro che da soli non abbiamo i numeri quindi di conseguenza molto dipenderà da quello che vorranno fare anche gli altri — ha ammesso ieri Renzi a Bologna —. Ma il nostro obiettivo è quello di consentire un sistema che permetta la governabilità”. E’ lo stesso motivo che aveva indotto l’ex capo del governo a fare una legge elettorale, il primo Italicum, parzialmente bocciata dalla Consulta e a costruire intorno ad essa una riforma costituzionale respinta dagli italiani il 4 dicembre scorso. Ora in commissione Affari istituzionali c’è un testo base, l’Italicum bis, atteso in Aula il 29 maggio. Da qui ad allora spazio alla discussione e agli emendamenti. Ne abbiamo parlato con il costituzionalista Vincenzo Baldini, che preferisce l’Italicum bis all’ipotesi mista proporzionale-maggioritaria del Pd, ma boccia le liste bloccate (quelle che escludono le preferenze). Ecco perché. 



Professore, come giudica la nuova base di partenza della legge elettorale depositata in commissione Affari istituzionali, il cosiddetto Italicum bis?

A me pare che costituisca senz’altro un buon punto di partenza, almeno nella misura in cui adegua i dettami della Corte costituzionale anche alla disciplina elettorale del Senato. Naturalmente, non sappiamo se esso proseguirà senza troppi scossoni il suo iter parlamentare, ma da quanto si legge sui giornali mi sembra che si avvii verso un percorso molto tortuoso… Quali effetti di razionalizzazione in realtà tale modello sia in grado di realizzare, tenuto conto che al momento l’assetto politico sembra orientarsi in senso tripolare (Pd, M5s e centrodestra), è tutt’altro discorso. 



C’è, per cominciare, l’eventualità che il premio possa scattare in una sola delle due Camere.

Ecco, questo aumenta l’incertezza circa la capacità dello stesso sistema di garantire in generale la stabilità dell’esecutivo. Ho letto che uno dei tentativi di superare questo “inghippo” sarebbe quello di agevolare lo scatto del premio in entrambe le Camere anche quando la quota-base del 40 per cento dei voti fosse raggiunta soltanto alla Camera dei deputati. Avrei molte riserve circa la legittimità costituzionale di un’operazione del genere.

Perché?

Perché la Costituzione configura le due assemblee parlamentari come corpi istituzionali distinti e separati, ma aggregati all’interno del Parlamento che è organo unitario.



Dal canto suo, il Pd ha avanzato una proposta di bandiera che probabilmente verrà abbandonata perché difficilmente avrà i voti necessari. Il Pd l’ha definita “sistema tedesco”. Ma è così?

E’ piuttosto fuorviante definire la proposta “ibrida” del Pd come ritagliata sul modello della legge elettorale tedesca, che rientra nel novero dei sistemi proporzionali. Nell’abbinamento, più o meno equivalente, di elementi di maggioritario e di proporzionale, questa proposta sembra si avvicini in realtà al Mattarellum.

Preferisce l’Italicum bis o l’ipotesi del Pd?

Direi che sia da preferire, almeno come piattaforma di partenza e di discussione, il testo unificato della Commissione Affari costituzionali (proporzionale con premio di maggioranza al 40 per cento e soglia di sbarramento al 3 per cento). 

Ma è vero che introdurre una quota di maggioritario in un sistema elettorale assicura la stabilità e dunque la governabilità? E’ questa la ragione addotta dal Pd per giustificare la bontà della sua proposta.

No, non è così. Anzi, a volte sistemi elettorali integralmente maggioritari non sono in grado di garantire in modo certo ed assoluto la presenza di esecutivi di legislatura.

Berlusconi ha motivato il suo no alla proposta del Pd dicendo che “occorre una legge elettorale che consenta un’effettiva corrispondenza fra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in Parlamento”. A una condizione: no alle preferenze. Come commenta?

Onestamente, nemmeno so bene se Forza Italia abbia depositato un ddl che si mostri coerente con tali affermazioni. Qui posso solo dire che l’abbinamento di un sistema elettorale proporzionale con un meccanismo di voto “a liste bloccate” potrebbe in principio avallare censure di incostituzionalità, sotto il profilo della non conformità rispetto alla logica della rappresentanza sottesa in Costituzione, cui ha fatto riferimento il giudice costituzionale.

Quale effetti produrrebbe un proporzionale a liste bloccate? 

Per stabilirne davvero gli effetti bisognerebbe muovere innanzitutto dalla lettura del ddl relativo, ma ritengo che possa sussistere ancora quel deficit di legittimazione democratica che altera la natura costituzionale dei parlamentari quali “rappresentanti della Nazione”. E’ questo, a mio avviso, un punto importante del modello di democrazia parlamentare sancito in Costituzione, in virtù del quale l’azione del parlamentare è integralmente libera e, a tal fine, coperta dal divieto di mandato imperativo.

Nell’Italicum bis come giudica collegi plurinominali ed estensione al Senato dei capilista bloccati? Probabilmente verranno cambiati, intanto però ci sono.

In via di principio, un sistema proporzionale può senz’altro essere abbinato alla previsione di collegi plurinominali. Tendo piuttosto a guardare con sfavore la previsione dei “capilista bloccati”, fatta salva dalla Corte costituzionale e, perciò, estesa senza particolari problemi anche al Senato. 

E allora perché è contrario?

Sono dell’idea che tale previsione, come quella riguardante le liste interamente bloccate, contraddica la logica della democrazia parlamentare fondata sull’investitura popolare dei singoli parlamentari. Avevo espresso i miei dubbi sulla costituzionalità di questa soluzione già prima della sentenza n. 35/2017 e li mantengo anche oggi. Lo dico con il massimo rispetto che si deve per le decisioni del giudice costituzionale. 

Lei quale sistema elettorale o quali modifiche suggerirebbe?

Non essendo io un politico, non disegno scenari di sistemi elettorali più o meno auspicabili. Come ha detto la Corte, la decisione è politica in quanto è rimessa alla discrezionalità del legislatore. Spero però che il nostro legislatore dia prova di buon senso e di lungimiranza, e stia nei paletti fissati dalla Consulta.

Lungimiranza e buon senso che cosa significano in questo caso?

Attuare un confronto parlamentare realmente costruttivo, essenziale quando si scrivono le “regole del gioco”. Si tratta di un costume di etica politica, poi, naturalmente, sarà il metodo democratico a condurre alla decisione. Ma ridare vigore a questo costume etico, a cui forse ci siamo un po’ disabituati, sarebbe già un bel risultato.