Probabilmente è uno dei passaggi più difficili della politica italiana di questi ultimi anni, anche se si nota una “vivacità” irritante nella sequenza di talk-show televisivi che vanno in onda a getto continuo, e dove ognuno cerca di indicare o di sottolineare nuove rivelazioni, che escono quasi ogni giorno, per andare poi ad alimentare un dibattito che non porta da nessuna parte, tanto meno a una risoluzione delle difficoltà italiane e diciamo pure di una verità accertata.



Stefano Folli, grande analista, ex direttore del Corriere della Sera, attualmente editorialista di Repubblica, descrive e argomenta con attenzione quello che definisce una sorta di “limbo” italiano. 

Scusi se la prendo alla larga Folli, ma gli argomenti sul tappeto sono tanti che alla fine vine da chiedere, girandole la domanda: che cosa sta accadendo?



Riassumiamola in questo modo. Siamo ancora, e a questo punto più di prima, in un’effettiva situazione di difficoltà. Facciamoci spassionatamente alcune domande: come giudicare oggi il peso che ha l’Italia in Europa? Difficile fare una valutazione positiva o comunque avere prospettive incoraggianti, per riassumere il tutto con un eufemismo. Poi, come inquadrare i problemi economici che ci affliggono in base ai dati che arrivano e che non sono ancora positivi, non ti fanno uscire da queste stagnazione ormai decennale?

Questo non interessa solo noi. Forse è il caso di rivedere una politica economica europea che appare per certi aspetti assurda.



E’ probabile che questo sia anche vero, ma non c’è dubbio che noi, per crescita e dati economici generali, siamo superiori solo alla Grecia. Insomma siamo penultimi.

Poi ci sono certamente aspetti particolari italiani, senza dubbio.

Al momento non voglio soffermarmi sulle difficoltà del nostro sistema bancario, che ormai è noto a quasi tutti gli operatori di mercato del mondo e la possibilità di un’operazione speculativa su vasta scala è sempre dietro l’angolo.

Poi ci sono gli aspetti tipicamente politici, Folli.

Appunto. Infine, oltre a tutto quello a cui abbiamo accennato, perdura la ormai cronica delegittimazione della politica, di tutta la politica. Una delegittimazione cominciata 25 anni fa e mai cancellata con operazioni convincenti, fino alla gestione sbagliata del referendum del 4 dicembre 2016 che, di fatto, ha messo il Paese in panne, nel limbo appunto. Insomma, l’Italia sembra ferma.

C’è un fatto che lascia esterrefatti, mi lasci dire, Folli, perché offre la misura della temperatura politica italiana ed è quello della continua difficoltà a trovare un accordo sulla legge elettorale, che ormai sta diventando improcrastinabile.

“Effettivamente questo è un problema grave, su cui tra l’altro insiste il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il minimo che ci si aspettava è che, dopo la bocciatura dell’Italicum da parte della Corte costituzionale, si andasse a scegliere un sistema di votazione tipico delle democrazie occidentali. Se quello inglese non va bene al nostro modo di pensare, perché troppo maggioritario, secco, duro, quello francese si potrebbe adattare al nostro paese con una certa semplicità. 

La sensazione è che, in questo caso, le forze politiche si diano continuamente degli appuntamenti in cui poi regolarmente non si ottiene nulla.

Diciamola tutta, con un po’ di franchezza. Intorno alla legge elettorale e alla situazione delle banche è in corso una partita politica che poi, di fatto, si sta trasformando in una sorta di campagna elettorale infinita, in cui esce di tutto e di più, ma non si conclude nulla e si rischia, per quanto riguarda la legge elettorale, di andare alle urne, probabilmente nei primi mesi del 2018, quando alla fine scade la legislatura, con delle norme che risulteranno dettate dalla Consulta.

Proviamo a tradurre un simile scenario in termini schiettamente  politici.

Non c’è dubbio che sarebbe una sconfitta generale, per tutti i protagonisti della vita politica italiana. Inutile aggiungere il discredito che arriverebbe sulla tenuta del Paese. Speriamo quindi che si trovi un accordo al più presto o almeno in tempi ragionevoli. Perché a questo punto, con tutti i problemi che ci sono sul tappeto, occorre aggiungere che si arriverebbe a una maggiore, a un’ancora più profonda delegittimazione politica di quella che già esiste. Sarebbe come assistere a una spirale di delegittimazione che non sai neppure dove ti può portare.

Questo è l’aspetto istituzionale, quello che si sarebbe dovuto risolvere con il famoso referendum del 4 dicembre 2016 ed è andata come sappiamo. Ma, come lei ha accennato, c’è una situazione economica e finanziaria complessiva molto confusa e non semplice.

Non c’è dubbio. Non cerchiamo di essere cattivi profeti, ma le voci che arrivano da ambienti della finanza di tutto il mondo non sono affatto rassicuranti. Tuttavia si continua a vivere su una serie di dati di fatto che non verranno poi mai chiariti interamente.

A che cosa si riferisce esattamente?

Insomma c’è il caso Boschi, ci sono le dichiarazioni di Ghizzoni, quelli di Unicredit, poi le precisazioni di Renzi, con sullo sfondo la possibilità della costituzione di una commissione d’inchiesta: insomma tutta una serie di dati di fatto che a quanto sembra non hanno alcun valore dal punto di vista giudiziario, ma servono ad alimentare polemiche, contrapposizioni, a continuare appunto un’infinita campagna elettorale. E nonostante alcuni dati di fatto che emergono, possiamo stare sicuri che non capiremo mai come veramente si è svolto tutto quanto e che tipo di responsabilità sarà attribuibile a tutti i protagonisti della vicenda. Anche questo non fa che coltivare discredito nell’opinione pubblica verso la politica in generale. Non è affatto confortante.

(Gianluigi Da Rold)