Il Pd ha finalmente messo in campo la sua proposta di legge elettorale, il Rosatellum, dal cognome del capogruppo alla Camera, Ettore Rosato. Metà maggioritario, con collegio uninominale, e metà proporzionale con listini bloccati. Sbarramento alto, 5 per cento: una tagliola per i partiti piccoli. È una formula che consente di fare accordi sia prima del voto, distribuendo i collegi uninominali sicuri a chi di dovere, sia dopo, a urne chiuse, per comporre maggioranze a geometria variabile a livello sia locale sia centrale.
Il Rosatellum riflette la volontà di Matteo Renzi: mettere tutti alle strette. Chi lo voterà, in primo luogo i centristi di Alfano e i compagni di Pisapia, sarà premiato con seggi garantiti. Chi si opporrà dovrà vedersela con la soglia del 5 per cento, una prova che attende per primi i fuoriusciti di Speranza, D’Alema e soci. I tempi di discussione alla Camera saranno contingentati: presentazione del testo a fine mese, voto in un paio di settimane, a costo — così si vocifera in Transatlantico — di fare passare la legge elettorale con un decreto. Avendo già approvato l’Italicum con un voto di fiducia, Renzi non teme vergogna. Alla Camera non dovrebbero esserci problemi, l’incognita è al Senato. Chi voterà contro, però, si assumerà davanti al Paese il compito di affossare anche questo tentativo e di fare arrabbiare Mattarella.
L’improvvisa accelerazione renziana dà la misura della sua determinazione. Per gli altri partiti è sostanzialmente un prendere o lasciare, o al massimo proporre qualche correttivo piccolo. Renzi mette il Parlamento di fronte all'”aut aut”. O così o il caos. D’altra parte, traspare anche una chiara volontà di rivalsa di Renzi, che sembra aver ormai metabolizzato la sconfitta al referendum. Una rivalsa contro chi gli ha bocciato la riforma costituzionale, l’ha fatto dimettere da Palazzo Chigi sperando di toglierselo di torno, e ora si ritrova un Paese che ancora non si muove (0,2 per cento il dato della crescita diffuso in questi giorni), è bloccato, mentre lui, lui solo, è il campione della ripartenza.
Le geometrie variabili ovviamente non sono limitate ad Alfano, che al momento non è per nulla convinto della proposta renziana, e a Pisapia, ma anche alle opposizioni. I grillini potrebbero essere coinvolti nel percorso di approvazione. E Salvini aveva detto che la Lega era pronta a votare qualsiasi cosa pur di andare alle urne il prima possibile. La rapida approvazione del Rosatellum potrebbe tornare buona nell’eventualità che Renzi riuscisse a forzare la mano al Quirinale e trascinare il Paese alle elezioni in autunno.
Ma la mano è tesa anche a Forza Italia. Berlusconi ieri non ha commentato la mossa di Rosato. Per lui, su altro terreno, si è espresso Alessandro Sallusti. Il direttore del Giornale, fedelissimo del Cavaliere, ha scritto un editoriale di fuoco contro il libro di de Bortoli e quello di Marco Lillo del Fatto Quotidiano, cioè le due maggiori bocche da fuoco del momento contro Renzi, il Giglio magico e i Babbi tragici. Sallusti è arrivato a paragonare l’assalto mediatico verso il segretario Pd a quello che subì Berlusconi. Si parla di giustizia, non di legge elettorale. Ma il segnale che giunge da Arcore e dintorni è preciso: non belligeranza. Anche questo consente a Renzi di forzare la mano col Rosatellum preparandosi a un probabile accordo con gli azzurri dopo il voto.