Bisogna riconoscere del coraggio a Beppe Grillo. Nel Paese di cui San Francesco è patrono, con un Papa regnante che porta il nome del Poverello, il fondatore dei 5 Stelle organizza una marcia Perugia-Assisi (finora esclusiva di un certo mondo cattolico) ma anziché per la pace si schiera per il reddito di cittadinanza. E parlando con i giornalisti ardisce paragonarsi nientemeno che al santo medesimo: “Siamo noi i nuovi francescani”, ha detto riferendosi all’antidoto alla povertà degli italiani più deboli proposto dal suo movimento.



Magari Grillo non era a caccia di voti cattolici. Se si fosse illuso, è scattata immediata la reprimenda del cardinale Pietro Parolin. Il segretario di stato del Vaticano, anch’egli ad Assisi per la consacrazione di un santuario, ha parlato di “manipolazione”: “San Francesco si identificava con Cristo”, ha tagliato corto, “non vedo nessun partito che possa identificarsi con il messaggio del santo”. Tuttavia il porporato si è detto “contento se ci sono partiti, o persone dentro i partiti, che hanno questa attenzione verso la povertà”. Da parte della gerarchia la presa di distanza era forse dovuta. Ma è suonata come una definitiva smentita dell’avvicinamento della Chiesa italiana ai 5 Stelle adombrata dopo le aperture di Avvenire di un mese fa, proprio a riguardo dell’attenzione grillina per l’impoverimento popolare.



Nel momento in cui Grillo cerca di accreditarsi come forza di governo, l’altolà del numero due del Vaticano lo caccia nuovamente indietro nell’isolamento. Fatalità, nelle stesse ore Silvio Berlusconi ha teso la mano a Matteo Renzi. “Spero e credo che si tornerà a ragionare con il Pd — ha detto in un’intervista al Messaggero aprendo di fatto la stagione del Nazareno bis — anche perché i numeri parlamentari lo rendono necessario”. L’apertura è completata da una proposta di accordo su una legge elettorale condivisa di tipo tedesco per “non allontanare sensibilmente il momento in cui ridare finalmente la parola agli italiani”, e da una piena solidarietà alla coppia Renzi-Boschi riguardo le intercettazioni sul caso Consip. Sistema tedesco e voto in autunno: è un terreno su cui il Pd potrebbe convergere. E infatti il nuovo vicesegretario unico Maurizio Martina ha colto la palla al balzo: “Se è un’apertura vera, il Pd è pronto a un confronto serio con tutti per dare agli italiani una legge elettorale di stampo europeo”.



È l’ufficializzazione della voce che circolava da tempo: il Cav e Renzi sono d’accordo per un baratto, legge elettorale proporzionale con forte soglia di sbarramento (anziché il cervellotico Rosatellum, che penalizzerebbe gli azzurri) in cambio del voto in autunno. Berlusconi spera sempre nella riabilitazione politica che potrebbe giungere in dono da Strasburgo, ma più passa il tempo, meno si illude che la sentenza possa arrivare prima del voto politico. Più probabile che possa essere decisa a urne chiuse, una sorta di “premio alla carriera” che consenta al leader di Forza Italia una pensione onorata ma non l’ennesimo ritorno in campo.

E allora meglio togliere di mezzo il Rosatellum, liberarsi dall’accordo capestro con i leghisti, andare a votare in autunno con un proporzionale che rimette in gioco gli azzurri e sfruttare l’onda lunga delle elezioni tedesche che dovrebbero allontanare le tensioni anti-euro ed anti-Europa rappresentate in Italia dalla Lega di Matteo Salvini e, appunto, da Beppe Grillo. Ieri è stata dunque la giornata della tenaglia a danno dei 5 Stelle, da un lato il cardinale Parolin e dall’altro la coppia Berlusconi-Martina. Neutralizzare Grillo è l’obiettivo comune, nella speranza che non accada come nella biologia: certi batteri più li combatti più li rafforzi.