Grillo ha rotto gli indugi e ha lanciato sul blog una consultazione sul proporzionale. E’ un altro passo verso l’accordo “più ampio possibile” — così lo ha definito anche ieri Berlusconi — che serve al paese sulla legge elettorale. Lunedì 29 si aprono le danze in aula alla Camera, Renzi ha convocato la direzione Pd per il 30 maggio (“lì decideremo”). Berlusconi e Guerini negano ogni possibile accordo sul dopo-voto, ma è difficile credergli. “La mossa di Grillo — spiega Peppino Caldarola, ex direttore de l’Unità e parlamentare dei Ds —  ha sicuramente più di un obiettivo. Innanzitutto quello di non farsi tagliare fuori dalla discussione sulla legge elettorale. Ma se è così, se M5s vuole esserci, è perché ha capito che stavolta il voto anticipato è una possibilità concreta”. 



Caldarola, cominciamo dal patto Renzi-Berlusconi sulla legge elettorale.

Ci sono due questioni. Una riguarda i voti, l’altra è politica. La vera difficoltà del patto, che appare molto credibile perché è alla luce del sole, sta nell’iter parlamentare.

Non tanto alla Camera quanto al Senato.

Qui può essere il Vietnam, perché Renzi dovrebbe raccogliere molti più voti di quelli che gli possono dare Verdini e Berlusconi. 



E il nodo politico?

E’ l’obiezione che va dalla Lega ad Articolo 1 ma anche a Grillo: che l’accordo elettorale prefiguri un accordo di governo. Forse proprio per questo M5s vuole esserci, sondare il terreno. Grillo ha capito che si fa sul serio. 

E nell’accordo di governo c’è il ritorno di Renzi a Palazzo Chigi.

Oggi l’unico che può riportare Renzi a Palazzo Chigi è Berlusconi. L’ex Cavaliere non ha un suo candidato premier. Al tempo stesso il patto con il mondo di Renzi non lo inquieta, né inquieta i suoi elettori. Berlusconi può puntare su Renzi e Renzi lo sa. 



Si vota. Come va a finire?

A Berlusconi mancheranno molti voti radicali di destra, e Renzi avrà un’emorragia di voti di sinistra, che possono andare ad altre liste di sinistra o da nessuna parte. 

Insomma è una partita tutta da giocare.

E’ una scommessa al buio che Berlusconi fa per ritornare nel giro del governo, e che Renzi fa perché Berlusconi è l’unico che può volerlo presidente del Consiglio. 

Ha ragione D’Alema quando dice che il Renzusconi tirerebbe la volata a Grillo?

Effettivamente, nelle mani di Grillo, il patto Renzi-Berlusconi è un’arma di propaganda senza precedenti. Sarebbe il patto di sistema contro il quale chiamare alle urne il voto anti-establishment.

Ma anche Grillo rischia. O no?

Certo che rischia. Grillo è l’uomo del ballottaggio, lo si è visto in tante elezioni locali. Ma alle politiche il ballottaggio non c’è e non ci sarà perché è incostituzionale. Non solo: M5s non ha un alleato e non lo cerca.  Con il proporzionale, senza un correttivo maggioritario, rischia di stare fermo per cinque anni in Parlamento a fare opposizione. Una prospettiva pericolosa per un partito fluido che ha promesso di cambiare tutto.

Ma allora perché Grillo si è mosso?

Perché ha intravisto la possibilità di un ballottaggio anche nel voto proporzionale: M5s contro resto del mondo, in primis il partito della nazione Renzi-Berlusconi. 

Se si fa una legge elettorale presto, Mattarella scioglie le Camere senza battere ciglio? E la manovra d’autunno?

Mattarella ha fissato un’asticella abbastanza bassa e soprattutto non ha progetti politici da imporre agli interlocutori. Vuole leggi omogenee tra Senato e Camera per evitare l’ingovernabilità. Questo gli basta. Davanti a una legge ben fatta, che non rischia l’incostituzionalità, non farebbe moral suasion per allontanare le urne. 

Grillo e Salvini sono destinati ad incontrarsi?

Non credo, perché non conviene a nessuno dei due. Sarebbe un patto autodistruttivo, in cui uno rischia di divorare l’altro. Convergenze momentanee invece ci possono stare.

(Federico Ferraù)