È il de profundis per i partitini. I grandi schieramenti (Pd, Forza Italia e M5s) si sono accordati per una legge che faccia fuori i piccoli e porti l’Italia a partecipare, di riffa o di raffa, al grande patto che tedeschi e francesi stipuleranno per la Ue dopo il voto in Germania a settembre. L’accordo e le elezioni in autunno libereranno poi il Pd, ora al governo, dall’onere di varare una finanziaria lacrime e sangue.
Tutto bene a tavolino, allora? Forse sì e forse no.
Non solo i partitini, ma forse il 70 per cento degli attuali parlamentari non hanno speranze di essere messi in lista o rieletti. Molti di loro sono professionisti della politica e non saprebbero cosa fare fuori dal Parlamento. Altri, come i pentastellati, sono miracolati dalla politica e non hanno voglia di tornare a fare i disoccupati o i sottoccupati.
Per questi 6-700 deputati e senatori le elezioni anticipate a settembre sono circa 100mila euro tra stipendi e indennità che volano via. Una fortuna. Vi rinunceranno per amore di patria e di partito? E se non lo fanno per la patria e il partito, che cosa vorranno in cambio?
A meno di non promettere a tutti la rielezione… ma come si fa quando quasi metà di Forza Italia ha “tradito” seguendo Alfano o chi per lui, quando altrettanto hanno fatto molti piddini, e tanti M5s si sono dimostrati troppo infedeli al líder máximo Grillo?
Possibile, forse anche probabile, che costoro si opporranno con le unghie e con i denti al voto anticipato.
In questo potrebbero trovare sponde all’estero, dove i tre leader italiani (Grillo, Renzi e Berlusconi) non sono troppo amati e quindi non li si vuole tra i piedi in una delicata partita. Essa coinvolgerà Germania e Francia da una parte e un riassesto più generale con Uk (dove secondo i sondaggi Theresa May potrebbe non stravincere) e Usa (dove Donald Trump accusa colpi).
Queste difficoltà potrebbero concretizzarsi in un lavorio contro la nuova legge elettorale, senza cui non si va al voto e senza cui non esiste il patto a tre fra i grandi. Cioè i piccoli da estinguere e i transfughi potrebbero ostacolare i passaggi della legge e quindi ricattare e far crollare il patto a tre. Se infatti Renzi o il suo partito deve comunque fare una legge elettorale, il Pd perde un forte motivo di tenere insieme il patto.
A questo punto però perché Forza Italia o M5s devono cavare le castagne dal fuoco a Renzi? Berlusconi forse potrebbe avere un interesse “aziendale” al sostegno del Pd, ma il M5s? Perché non lasciare il Pd con il cerino in mano della difficile finanziaria?
Forse in cambio potrebbe esserci dagli altri un’attenuazione degli attacchi contro la povera Virginia Raggi, scelta rivelatasi quantomeno infelice come sindaco di Roma e piaga aperta per i consensi pentastellati. Senza di lei oggi forse il M5s avrebbe avuto la maggioranza assoluta.
Forse però, se questa fosse l’alchimia, cinica e bara, sarebbe anche giusta, perché imporrebbe un primo correttivo a un sistema elettorale che produce l’iniquità dell’ingovernabilità.
Se è a tre poi, allora sarebbe la grande prova che il M5s ha smesso posizioni forse quasi puerili e ha deciso di lavorare positivamente per la governabilità del paese. Questo senso di responsabilità verso l’Italia potrebbe essere il maggiore e migliore risultato, al di là di riuscire o meno ad ad andare alle urne a settembre o ottobre.