Un’analisi, con l’occhio esperto del politico di lungo corso, e una scommessa. L’analisi: Renzi ha vinto le primarie ma è più debole e il Pd con lui. La scommessa: legge elettorale proporzionale, voto nel 2018, “abbattimento” dei voti di M5s, assetto tripolare ma meno coeso. “Nel prossimo parlamento tutto sarà possibile”, dice Rino Formica, classe 1927, ministro socialista delle finanze e del lavoro tra il 1981 e l’89.
Formica, le primarie hanno ri-legittimato Renzi.
Piano. E’ un’elezione interna del Pd: la comparazione va fatta con un’altra elezione identica e solo con questa. Trattandosi di Renzi, quella del 2013 nella quale Renzi batté Cuperlo e Civati diventando segretario del partito. Anziché abboccare a improbabili paragoni con le politiche, oggi dobbiamo invece chiederci: Renzi è più forte o più debole?
Ha vinto con il 70 per cento dei voti. E l’affluenza dichiarata, quasi due milioni di persone, non sono bruscolini.
Ma il risultato politico dice un’altra cosa. Renzi si è personalmente indebolito perché ha perso mezzo milione di voti, non solo: il partito, sotto il suo triennio, ha perso un milione di votanti. E questi votanti alle primarie sono elettori speciali.
E perché?
Perché si tratta di elettori militanti, cioè produttori di altro consenso. Non sono semplici elettori che decidono di votare Renzi o chi per lui, come accadrebbe alle elezioni politiche, ma elettori che si sentono impegnati da un’appartenenza al Pd, sia pure in modo meno vincolante rispetto agli iscritti. Potremmo ragionevolmente ipotizzare che ognuno di questi voti si moltiplichi per tre o per quattro nelle elezioni politiche generali.
Risultato?
Sono diminuiti gli elettori “aggreganti”. Vuol dire che Renzi non ha perso solo un milione di voti, ma probabilmente tre o quattro milioni.
E il calo dei votanti nelle regioni rosse?
E’ grave. Non solo. Renzi vince con percentuali inferiori nel Mezzogiorno, dove l’emorragia di votanti è però più contenuta. E’ un paradosso: prende più voti nelle zone dove più alto è stato il No al referendum costituzionale, cioè al Sud, e prende meno voti dove più alto è stato il Sì, vale a dire al Nord.
Cosa significa?
Che quello del Mezzogiorno è un voto in parte clientelare, o aggregato intorno ai parlamentari o ai notabili o agli amministratori locali.
Dunque Renzi è complessivamente più debole. Questo cosa comporta per il Pd e per il governo?
Nel Pd fino alle primarie il suo potere era assoluto, ma adesso avrà una difficoltà maggiore, perché il voto ha istituzionalizzato i suoi oppositori. Orlando ed Emiliano valgono il 30 per cento, fino a domenica il loro peso era virtuale, ora non più.
La vita del governo Gentiloni si allunga o si accorcia?
Renzi deve calcolare se andare al voto prima o dopo una legge di bilancio che sarà lacrime e sangue. Lui vuole certamente le elezioni anticipate, ma non è detto che vi riesca. E a pensarci bene, è pure possibile che cambi idea. Ipotizziamo che ottenga il voto anticipato: come si può orchestrare un’intera campagna elettorale sul bilancio che i partiti devono presentare subito dopo le elezioni? Inoltre votando a ottobre si dovrebbe andare all’esercizio provvisorio: le pare possibile? Il giorno in cui si annunciassero le elezioni prima della legge di bilancio la risposta dei mercati sul debito pubblico sarebbe traumatica… Se il Quirinale dovesse seguire Renzi in questa follia, si assumerebbe la responsabilità di gettare il paese nel caos.
Orfini su Repubblica ha sicuramente interpretato il pensiero di Renzi: “le coalizioni sono state la rovina del paese”. Quale legge elettorale dobbiamo aspettarci sulla base di questa premessa?
La legge elettorale è una legge affidata alla volontà ormai libera di un Parlamento in scadenza. Quasi tutti i parlamentari sanno che la loro elezione può non dipendere più dalla volontà di un segretario di partito.
Come andrà a finire nelle urne del 2018?
Con un impianto proporzionale e con la situazione interna emersa da queste primarie del Pd, è facile profezia che il Partito democratico andrà di gran lunga sotto i voti che ha preso Bersani nel 2013.
E alla sinistra di Renzi? Il mondo composito rappresentato da Pisapia, Articolo 1 e altri?
Sono gli indipendenti di sinistra di una volta. Tutta brava gente ma senza voti.
M5s sarà il primo partito?
Non credo. Penso che attualmente il Movimento 5 stelle sia molto sopravvalutato; quando ci saranno le elezioni con il proporzionale l’abbattimento dei voti di M5s sarà notevole.
Avremo una situazione nettamente tripartita o ancora più frammentata?
Il sistema attraversa una crisi culturale e politica così profonda che non è risolvibile con marchingegni di carattere tecnicistico o escamotage propagandistici. M5s, Pd e FI saranno più deboli di adesso, in più ci sarà una costellazione variegata che graviterà intorno a uno di questi partiti ma che potrebbe anche comportarsi autonomamente.
Su queste pagine Piero Sansonetti ha ipotizzato un patto di governo M5s-Lega.
Nel prossimo Parlamento tutto sarà possibile.
(Federico Ferraù)