La fine del mio precedente intervento concludeva un ragionamento aprendone un altro che qui, in anteprima, vede la luce. Un ragionamento che, partito da una riflessione individuale, è divenuto velocemente pluralistico e condiviso.

Un autorevole costituzionalista, la cui voce a volte raccolta e la cui firma da opinionista è apparsa più volte sulla stampa, ci ha indirizzato quanto segue: “Fondamentale è alimentare un dibattito pubblico su questo aspetto. La legge elettorale fissa le regole del gioco democratico. Dunque, si tratta di un passo decisivo ai fini del funzionamento del meccanismo di selezione della domanda e degli interessi politici, per la cui realizzazione devono poter concorrere tutti, quanto meno attraverso contributi di pensiero e proposte”.



Le vicende legate alla ricerca di una legge elettorale, capace di esprimere quanto sopra, si snodano su un arco temporale molto ampio, trovando il loro culmine in questo ultimo triennio.

Dopo il No referendario del 4 dicembre 2016 che ha coinvolto l’Italicum e dopo la pronuncia 35/2017 dell’Alta Corte, un’ancor più ampia richiesta ed una maggiore consapevolezza, richiamata dal presidente Mattarella, ad affrontare il tema specifico, stanno contraddistinguendo in modo significativo il panorama politico nazionale. 



Dopo le dimissioni del presidente Renzi e nel percorso verso la scadenza naturale della legislatura (che auspichiamo anche per i comprensibili motivi di finanza connessi alla legge di bilancio) la necessità di una legge elettorale adeguata sotto i diversi profili, a partire da quello costituzionale per finire a quello della condivisibilità, rappresenta il passaggio ineludibile per convenire a nuove elezioni e far nascere un nuovo Parlamento ed un nuovo Governo.

Il confronto tra le varie forze politiche su diverse forme di legge elettorale, variamente denominate, cui stiamo assistendo già da molte settimane, si è incanalato verso una convergenza “de minimis” sul modello tedesco, al fine di dare risposta all’appello del presidente Mattarella, tra l’altro a suo tempo artefice di una legge in materia (il Mattarellum: ironia di una denominazione lontana anni luce dalla personalità del presidente) che ha regolato il sistema elettorale dal 1993 al 2005 dimostrando la sua funzionalità in un sistema sostanzialmente “bipolare” diverso da quello attuale, orientato alla “tripolarità”.



Auspicando che gli eventi in corso portino ad una soluzione che faccia emergere una forma di legge elettorale che, nella condivisione, venga accettata in quanto compatibile con gli obiettivi e gli interessi dei vari partiti e movimenti in gioco, e in particolare dei maggiori, chi scrive e coloro che vi hanno contribuito vogliono essere estensori di un’idea da cui si possa generare una nuova proposta di legge elettorale, secondo quanto previsto dalla Parte II Capitolo I Sezione II della Costituzione.

“A tendere” i principi fondanti di questa idea, cui si ricollega, a discendere come “naturale”, l’apposito schema di proposta, sono:

1) Il principio di un’equa rappresentatività nella tutela della facoltà di scelta dei candidati premier e dei candidati di partito/lista, da parte dell’elettorato.

2) La governabilità e la stabilità per il periodo quinquennale di riferimento della consultazione elettorale.

3) Un grado di coerenza di rappresentatività, di orientamento e di indirizzo politico nelle due Camere al fine di ridurre l’area regolata dal c.d. principio “navetta” quale espressione del bicameralismo perfetto.

4) la chiara percezione a livello internazionale della stabilità e della governabilità del Paese confermate dallo svolgimento della legislatura e consolidate con il corretto posizionamento sia nella Ue che nella comunità dei partner ed alleati esteri ed in quella finanziaria sovranazionale, nella sua globalità.

L’espressione “A tendere” dei principi suesposti indica che il percorso con le tappe raggiunte, così come esplicitato nello “schema di proposta” è comprensibilmente imperfetto. Tuttavia, per maggiore chiarezza esso indica che la direzione non è quella di ottenere un Parlamento ed un Governo graditi a qualsiasi soggetto, nazionale e/o internazionale, che non sia altro che il popolo italiano, unico detentore della sovranità e quindi del potere basilare della Repubblica come individuata nei Principi fondamentali della Costituzione. 

Se si dovesse sintetizzare ad un interlocutore estero questa capacità soggettiva, un riferimento potrebbe essere dato dall’espressione collettiva in capo alla Costituzione americana “We the People”.

In qualità, quindi, di appartenenti al nostro popolo che ha costruito la nostra Repubblica, e quali privati cittadini (da “citoyen”: espressione anch’essa basilare in un’altra Costituzione, quella cui la Rivoluzione francese fece da culla) e ben consapevoli delle imperfezioni e degli errori che possono essere presenti, ci permettiamo, stanti le finalità dichiarate, di fornire il nostro contributo al dibattito ed al confronto in corso e/o futuro, qualsiasi possa essere l’esito (dal rifiuto e l’abbandono, all’eventuale considerazione fino all’adozione) indipendentemente dalle vicende correnti.

Ci permettiamo, pertanto, di estendere pubblicamente questa idea ed il suo schema conseguente, oggi 2 giugno 2017, festa della Repubblica italiana.

Proposta di un’idea per una nuova legge elettorale con sistema a doppio passo, quale base di verifica e discussione per le diverse forze politiche al fine di assicurare, nella rappresentatività, governabilità e stabilità al Paese.

L’Italia viene articolata in:

100 collegi: 630 seggi da deputato per la Camera (compresi quelli riservati in quota estera) con calcolo di attribuzione dei voti a livello nazionale;

20 collegi regionali plurinominali + 1 per la Valle d’Aosta a regime speciale. 315 seggi da senatore per il Senato (compresi quelli in quota estera ed esclusi i senatori a vita 7/8) con calcolo di attribuzione dei voti di lista e di coalizione quale sommatoria dei singoli risultati regionali. Le eventuali “eccedenze di seggio” rispetto alla dimensione media dei collegi possono essere gestite in quota estero e/o di regioni a Statuto speciale e per il Senato in un aumento dei senatori a vita, per alti meriti etc.

Totale eletti 945 = 630 Camera + 315 Senato, salvo errori ed omissioni (vedi Nota fuori campo)

Sistema elettorale a doppio passo: due passaggi a livello nazionale per la Camera dei deputati e a livello regionale per il Senato con ricalcolo del premio di risultato e di coalizione a livello nazionale.

Primo passaggio. Camera dei deputati e Senato

Soglia di sbarramento al 4% – La soglia di sbarramento è una soglia di dissuasione per movimenti/partiti di scarsa rappresentatività e significatività come apparati politici di interessi organizzati.

Soglia di coalizione al 35% – La soglia di coalizione è quella soglia oltre la quale si accede al secondo passaggio per il confronto delle coalizioni.

Per la Camera dei deputati ogni partito/lista presenta, insieme al simbolo, il nominativo dell’unico candidato che potrebbe diventare il futuro Presidente del Consiglio. Si votano quindi le liste presentate senza capolista bloccati tranne il predetto (quale “testa di serie”) che corre come futuro “premier”.

Sono previste quattro preferenze per creare la “testa di lista” sul totale dei nominativi presentati in lista (si potrebbe stimare una concentrazione dei primi eletti per 5/6 nominativi).

Per il Senato si vota la lista e il capolista (che non è il candidato premier) indicato (qui sono possibili le liste bloccate corte fino a quattro nominativi). Stesso meccanismo di aggiudicazione seggi della Camera dei deputati: il partito/lista prende il “premio di risultato” oltre il livello di soglia e quello di “governabilità” con un ricalcolo a livello nazionale dei risultati a livello regionale.

Il partito/lista che prende a livello nazionale il 35% dei voti +1 prende il 45% dei seggi: quale “premio di risultato” altrimenti detto di “soglia di coalizione”.

Nel caso del “premio di risultato” e rispetto ai target al di sotto della soglia che lo consente, i seggi assegnati non permettono al partito/lista di porsi come partito con capacità di governare come partito di maggioranza scelto dall’elettorato, esso è denominato partito/lista “pivot”. Tale partito/lista aggrega intorno a sé la coalizione e va al passo successivo.

Ogni partito/lista che ottiene voti superiori al 20% ed inferiori al 35%  può diventare anch’esso partito/lista “pivot”, ma non può contare su un “premio di risultato” per la soglia di coalizione.

La presenza di questo range di voto tra il 20 ed il 35% si prefigge di consolidare una rappresentatività spingendo alla costituzione di una coalizione con un programma ed un premier condiviso dai membri della coalizione stessa.

Il partito/lista che traguarda il 50% +1 dei voti ottiene il 60% dei seggi quale “premio di governabilità” ed è in grado di avviare un’azione di governo scegliendo o meno di creare eventuali alleanze. 

Secondo passaggio. Camera dei deputati e Senato

La coalizione che a livello nazionale prende il 50%+ 1 dei voti acquisisce il 60% dei seggi, quale “premio di governabilità”.

Il processo del secondo passaggio anche per il Senato serve ad ottenere alleanze e maggioranze omogenee e non discrasiche rispetto alle indicazioni che l’elettorato dà alla Camera dei deputati. Chiaramente la lista della coalizione, con il nome del premier già indicato e votato nel primo passaggio, sarà unica per entrambe le Camere.

Il secondo passaggio è quello che dà forza e carica di significato politico al sistema a doppio passo perché consolida il risultato del primo e stabilizza la maggioranza per tutta la durata della legislatura. 

Il “premio di coalizione” è la leva per consolidare e stabilizzare la predetta maggioranza per tutta la durata della legislatura. I seggi complessivi di Camera e Senato sono attribuiti (al di fuori dei premi) dalla sommatoria tra il calcolo dei risultati al primo passaggio e quello dei risultati rivenienti come “rapporto di peso relativo” tra il “pivot” e i suoi alleati collegio per collegio nel secondo passaggio.                                                                                                                                              Quindi solo per il Senato il ricalcolo verrà effettuato con la sommatoria dei risultati dei collegi regionali. Per i seggi ottenuti, la loro attribuzione è materia di scelta delle forze politiche della coalizione.

Items significativi

La modalità a doppio passo è articolata con la finalità di permettere all’elettore di essere consapevole nella scelta bicamerale e in quella del candidato premier dando forza al programma che quello e la lista o il partito cui appartiene portano avanti.

La mancanza di liste bloccate alla Camera, ma non al Senato favorisce la scelta dell’elettore nel determinare una” testa di serie”. Il meccanismo è compensato da quanto è invece previsto al Senato che peraltro ha modalità di accesso diverse per l’eleggibilità dei candidati e dove la base regionale esprime una migliore condizione di collegamento con l’area territoriale in cui è localizzato il collegio di provenienza. 

Nel primo passaggio Il “premio di risultato” per la Camera ed il Senato è contenuto in un delta limitato per dare significato di centralità al partito vincente (partito pivot) senza che possa essere da una parte sovrarappresentato e dall’altra soggetto a condizioni di taglieggiamento da parte di partiti minori al momento della formulazione della coalizione.

Il livello di premio favorendo le condizioni per l’apparentamento ad altri partiti, non permette peraltro un assorbimento di seggi tale da danneggiare il risultato dell’opposizione. Inoltre non si preclude a formazioni minori, incapaci di raggiungere la soglia di accesso alla coalizione di condividere con partiti/lista di analogo orientamento una chance di competizione.

Il sistema a doppio passo impone — a nostro parere — un forte impegno di responsabilizzazione dei partiti e dei movimenti nei confronti sia dei potenziali interlocutori per la creazione di una maggioranza, sia soprattutto nei confronti dell’elettorato.

Poiché è lo stesso singolo elettore a votare tanto per la Camera quanto per il Senato, in questa proposta si prevede che egli esprima la scelta della lista e del candidato a divenire Presidente del Consiglio come “prima base” per innestare su questa la scelta finale e consapevole della coalizione.

Vista da una prospettiva politica si può ragionevolmente pensare che le azioni tese a “non sbagliare” maggioranza abbiano come retroterra un attento comportamento nel valutare le possibili reazioni dell’elettorato.

Questo vuol dire che se la competizione è vera nello spirito democratico e costituzionale della Repubblica, non ci possono essere scusanti sull’addebito dell’astensionismo all’elettorato, cosi come non ci sono per quest’ultimo in termini di diritto/dovere di voto.

Problema del break even point: cosa accade se la coalizione, con il partito vincente al primo turno non raggiunge nella votazione del secondo passaggio il livello atteso per far scattare il premio di governabilità? Si ritiene che il sistema in primo luogo dopo aver consolidato il risultato al primo passaggio che sulla carta è contabilmente possibilista con il solo 50% dei voti e seggi equivalenti, debba dar luogo, sperimentandole successivamente, ad alleanze necessarie a governi con plurima rappresentanza, espressione della coalizione.

Viene lasciata aperta l’opzione di limitare a un doppio mandato la presenza in Parlamento.

L’idea proposta è suscettibile (al di là di un possibile rigetto) di ogni correzione ed aggiustamento, purché questi non alterino la “ratio” della stessa: presentare una base per sviluppare una tipologia di legge elettorale che assicuri, nella rappresentatività, governabilità e stabilità per il periodo quinquennale di riferimento e che rappresenti un valore per il nostro Paese in primo luogo, ma anche per i nostri partner ed alleati esteri, senza dimenticare l’intera comunità finanziaria internazionale.

Nota fuori campo – Gli estensori della proposta ritengono altresì, ed al di fuori di quanto qui presentato, poiché di competenza di legge costituzionale, che nel tempo con apposita proposta in materia, i deputati scendano a 500 ed i senatori a 200. In un’ulteriore fase ritengono altresì che debba essere “rimodulato” nel ruolo e nelle prerogative il Senato stesso, al fine di ovviare al bicameralismo equivalente e di accelerare il processo di rilascio delle leggi e dei decreti.