L’Europa non finisce mai di stupire in merito ai suoi assetti di potere oligarchico-tecnocratici. La spinta degli stati storici nazionali si dispiega sotto il velo della sottrazione della nazione alla procedura del principio di maggioranza e altera di volta in volta la cuspide delle relazioni di potenza. La Germania detiene il segreto della sua forza velato grazie all’eliminazione nel governo dell’Europa delle procedure democratiche e dal ricorso alla guerra che appare sino a oggi impensabile sul Vecchio continente ma che non si esclude più altrove. 



Il timore di ritornare all’uso della forza è del resto profondissimo nelle elite democratiche tedesche e fa sì che esse si siano sinora sottratte da quell’uso anche fuori dall’Europa giungendo sino a rifiutare l’ingaggio con l’equilibrio di potenza reso manifesto dagli Usa. Alla Nato si può aderire, ma al bombardamento dell’Iraq nel 2003 no. Potrebbero risvegliarsi incubi che hanno già distrutto una volta le classi politiche democratiche tedesche: i fantasmi che si evocano sono terribili. 



Ciò che paralizza nella paura lo spirito tedesco non è solo l’inflazione che si cura con l’ordoliberalismus a tutti imposto con conseguenze devastanti in Europa, ma altresì il nazionalismo aggressivo e distruttore di una nazione accerchiata da terre emerse che si vorrebbero sempre valicare per lo spazio vitale che la potenza economica ricerca per stabilizzare le esportazioni e normalizzare i furori militaristici nazionalistici di una destra mai interamente distrutta. Ma la volontà di potenza sempre riemerge. E riemergerà vieppiù ora che la Francia che non vota, ma il cui Stato funziona governato da un orologio sottratto alla luce, la Francia che governa oggi in forme interamente nuove, si è stancata di perdere potenza nei confronti della Germania. 



Nel pre-G20, ossia nell’incontro che si è svolto ieri a Berlino, la Germania ha riunito attorno a sé gli stati con cui ritiene si debba ricostruire un’Europa che non può più esimersi dall’intervenire nell’universo mondo a cominciare dall’Africa: Italia e Francia. La causa scatenante è quella di un’immigrazione inarrestabile che trova certamente un sollecitatore occulto, ma non troppo, sol che si studi l’Africa dal di dentro e non attraverso le agenzie di stampa. L’Italia di questo gruppo ristretto è stata chiamata dalla scaltrezza democratica tedesca a far parte.

E come si sarebbe potuto far diversamente? La Francia aveva già detto chiaramente per bocca dell’automa Macron che all’Italia occorreva guardare. Essa è già del resto quasi un protettorato francese. Con consoli fedeli e attivissimi sempre. 

Sappia il governo, qualsiasi governo di qualsivoglia parte partitica, trasformare un posizionamento geopolitico in un’azione geostrategica. Ne va del futuro stesso dell’Italia, ovvero di ciò che di essa rimane.