La legge elettorale? E’ incostituzionale e prende in giro i cittadini. Il voto anticipato? Chi lo vuole cerca lo sfascio. E ancora: “Con noi al governo l’Italia ha evitato di finire commissariata come la Grecia, ora però occorre rimettere mano al progetto politico popolare, liberale e moderato”. Lo dice al sussidiario Maurizio Lupi, capogruppo alla Camera di Area popolare, ex ministro dei Trasporti fatto dimettere da Renzi nel marzo 2015 perché coinvolto, senza essere indagato, nell’inchiesta Grandi opere. Per costruire un nuovo soggetto popolare più grande — aggiunge Lupi — “Ap è disponibile a fare un passo indietro”.
Onorevole Lupi, vuole spiegare perché secondo voi di Ap il ddl elettorale è incostituzionale?
Sostanzialmente per due motivi. Il primo è la composizione dei collegi elettorali uninominali. Sono fatti in base al censimento del 1991, dopo di allora ne sono stati fatti altri due. Si tratta di collegi uninominali del tutto superati e non più corrispondenti all’attuale situazione demografica e sociale del Paese. L’articolo 56 della Costituzione dice che la ripartizione dei seggi tra le circoscrizioni si effettua in base al numero degli abitanti in base all’ultimo censimento generale della popolazione. Ora qui abbiamo casi, soprattutto al Senato, di circoscrizioni di 250mila elettori e altre di 750mila. La disomogeneità è evidente.
La seconda ragione?
In secondo luogo questo sistema non garantisce sempre a chi vince nel proprio collegio di essere eletto. Può succedere che un politico con forte radicamento locale, penso a Bersani a Piacenza per esempio, batta tutti i concorrenti nel suo collegio, magari con percentuali molto alte, ma se il suo partito non supera la soglia di sbarramento a livello nazionale lui resta a casa.
E i cittadini di quel territorio vengono presi in giro.
Sì, perché saranno rappresentati da un parlamentare che non hanno votato. Può succedere anche che chi vinca la totalità dei collegi in una circoscrizione veda alcuni dei vincitori dover rinunciare al seggio perché la percentuale nazionale del loro partito è inferiore.
Lei e Alfano avete invocato le preferenze. Perché?
Perché chi ha sbraitato contro un Parlamento di “nominati” ora con i listini bloccati, con i quali si eleggono più del 60 per cento di deputati e senatori, mette le “nomine” del nuovo Parlamento in mano non agli elettori ma alle segreterie dei partiti, ai loro leader o alle ditte esterne che li controllano.
Allora le preferenze…
Sono un modo per evitare tutto questo e dare più voce in capitolo agli elettori. Anche in Germania, mi si obietterà, ci sono i listini bloccati. Sì, ma i candidati di quei listini non vengono scelti dai vertici ma dagli iscritti al partito con voto segreto, cioè esprimendo una preferenza.
Perché dicevate sì all’Italicum e ora dite no al tedeschellum?
L’Italicum garantiva governabilità e insieme rappresentatività, ed è un’altra delle critiche che noi facciamo a questo finto sistema tedesco. Non assicura né la prima, perché non introduce quei contrappesi che in Germania invece ci sono, come la sfiducia costruttiva, il fatto cioè che per sfiduciare un governo devi presentare una maggioranza alternativa, né la seconda. Rischiano di restare senza rappresentanza in Parlamento circa il 13 per cento degli italiani. Oltre ai casi assurdi, che ho già citato, per cui chi vince in un collegio in realtà perde.
Lei qualche giorno fa ha detto di lavorare ad una “aggregazione di moderati e liberali”, sia evidentemente per passare la soglia, sia come progetto politico. Siete sicuri che ci sia lo spazio? Vale davvero la pena mettersi con Verdini?
Vale la pena lavorare perché un’esperienza politica, sociale e culturale che ha fatto la storia di questo Paese non sparisca dalle istituzioni. Parlo del popolarismo cattolico, dei liberali, dei moderati riformisti. Di tutti quelli che non sono di sinistra e non si sentono rappresentati da una destra sovranista e lepenista e che da anni, in molti, si rifugiano nel non voto. Il nostro tentativo è di rimetterli insieme, perché non c’è una ragione plausibile per restare divisi. Chi ci sta, ci sta.
Allora ci dica i punti-chiave di questo progetto, e soprattutto perché preferirlo a quanto offre il nuovo centro Berlusconi-Renzi.
Non servono partiti in cerca di posizionamento, ma partiti capaci di prendere posizione sui problemi della vita reale: lavoro ed economia, salute, relazioni sociali, istruzione, lotta alla povertà, sicurezza e cooperazione fra i popoli. Per noi le idee vengono prima dello schieramento. La prima idea forza è la persona. E la persona vive e si realizza nella libertà e nei rapporti che costituisce, negli affetti, nel lavoro, nella solidarietà. Io voglio lavorare perché si affermi in Italia un vero liberalismo sociale, o se vuole un capitalismo popolare, che con il metodo della sussidiarietà coniughi libertà di impresa, competitività, responsabilità sociale e solidarietà. Bisogna uscire dalla logica che vede nell’avversario politico il nemico da distruggere. Occorrono forze tese a costruire insieme anche con chi è diverso da sé.
Dica la verità: portando il paese al voto, Renzi e Berlusconi fanno un favore anche a voi. Con la manovra che si profila all’orizzonte, chi ha il coraggio, dopo essere stato al governo, di presentarsi in campagna elettorale?
Portando il Paese al voto senza prima metterne al sicuro i conti si fa un favore solo a coloro ai quale piace lo sfascio. Non si tratta di fare un favore a noi o a qualche altro partito, si tratta di pensare con responsabilità agli italiani. C’è finalmente una ripresa che fa ben sperare, l’1,2 per cento del Pil annuale, ma che comporta in ogni caso una nota di variazione del bilancio dello Stato da presentare entro il 27 settembre. Che facciamo, soprassediamo? La presenta un governo dimissionario? Se non lo facciamo a gennaio scatta l’aumento di due o tre punti di Iva. Crede che sia meglio presentarsi agli elettori con questa certezza piuttosto che con una manovra seria e responsabile?
Il partito del voto-subito (Pd-FI-M5s) è l’unico che non si presenta alle urne. Lo si può ancora fermare, Mattarella a parte?
Questa strana alleanza mi ricorda un detto latino che mi ripeteva spesso un mio professore all’università: “Hoc volo, sic iubeo, sit pro ratione voluntas”. Lo voglio, lo comando, al posto della ragiona valga la mia volontà. Se lo vogliono, salve le prerogative del capo dello Stato, lo fanno. Sono nominalmente l’80 per cento del Parlamento.
Appunto.
Io penso invece che ci sia ancora spazio per gli argomenti della ragione, per le ragioni della responsabilità, per le ragioni della politica e non solo per la pura volontà di chi in questo momento si fa forte dei numeri che ha e di quelli che presume di avere in base ai sondaggi. I numeri cambiano, le ragioni restano.
Come vede l’ipotesi di un’alleanza tra il vostro centro e il nuovo contenitore di sinistra dopo il voto? insomma un centro-sinistra col trattino.
Non faccio il futurologo, primum vivere.
Lei ha segnalato il rischio che con il voto anticipato non si faccia in tempo a disinnescare le clausole di salvaguardia che aumentano l’Iva. Ma se si aspettasse la fine della legislatura dove si andrebbero a prendere i miliardi necessari per evitare questo aumento?
Come ogni anno li si va a cercare negli 800 miliardi di spesa pubblica, e ogni volta, almeno da alcuni anni a questa parte, si trovano le coperture senza aumentare le tasse agli italiani.
Facendo un esame degli ultimi tre anni trascorsi, c’è qualcosa che si rimprovera? Aver sostenuto il Sì al referendum? O non essere tornato per tempo in Forza Italia? O magari aver appoggiato Renzi?
Io rivendico con orgoglio il ruolo che il nostro partito ha avuto nell’assicurare in questi quattro anni un governo al Paese e con esso alcune importanti riforme. L’alternativa era una soluzione come quella attuata con la Grecia, il commissariamento di fatto dell’Italia con tutte le conseguenze che questo avrebbe comportato. Se devo muovermi un rimprovero è quello di non aver lavorato con la necessaria energia, creatività, generosità e apertura al progetto politico popolare, liberale e moderato a cui adesso ci spinge con urgenza la situazione che si è venuta a creare. Comunque adesso è il momento della generosità e non degli egoismi.
Cosa significa?
Che Alternativa popolare non pretende e non chiede la guida di questo nuovo soggetto politico, anzi, è disponibile a fare un passo indietro per costruire un soggetto più grande.
(Federico Ferraù)