Ora che anche la cugina Elisa ha lasciato il suo Pd, Matteo Renzi si è liberato di un peso: lo accusano di familismo nella gestione del partito, per le questioni di suo padre Tiziano, del padre di Maria Elena Boschi e degli amici più intimi come Luca Lotti. Un po’ alla volta il segretario del Pd riuscirà a realizzare il suo sogno: liberarsi di tutti coloro che gli fanno ombra, indipendentemente dall’albero genealogico e dal curriculum. Pare si stia impegnando anche per liberarsi degli elettori, visto che insiste sul provvedimento che introduce lo ius soli per gli stranieri, a dispetto dei militanti Pd che — secondo i sondaggi — sono contrari all’accoglienza indiscriminata al pari dei leghisti.
Ma Renzi tira dritto perché sa già che le urne non si apriranno a breve. Il suo gioco, tanto per cambiare, è spregiudicato e si dipana su più tavoli. Da un lato batte (anzi, fa battere) i pugni sul tavolo delle trattative con l’Europa perché cambi gli accordi internazionali sugli sbarchi: questa operazione gli serve per mostrare che l’Europa è cattiva mentre lui, Matteo, è bravo perché vorrebbe far chiudere i porti di attracco ma Bruxelles lo vieta. Dall’altro lato preme sullo ius soli perché vuole lanciare segnali di apertura a sinistra, soprattutto dopo aver capito che Giuliano Pisapia fa sul serio quando dice che non si candiderà al Parlamento avendo già svolto due mandati.
Sul diritto di cittadinanza Renzi cammina sul filo del rasoio perché oggettivamente il governo è molto a rischio. Al Senato i numeri sono risicati. E i tentennamenti di Alfano non hanno ancora trovato un punto fermo. I centristi non vorrebbero votare il provvedimento, ma sanno bene che se facessero cadere il governo farebbero un enorme favore a Renzi e un pari danno a se stessi, probabilmente avviando il Paese verso le elezioni con una legge che darebbe loro poche speranze. Il segretario Pd è sempre al tavolo verde del poker, tra un bluff e la pavidità degli avversari che non si decidono a vedergli le carte.
Se Renzi costringerà Gentiloni a mettere la fiducia sullo ius soli, obbligherà Alfano a votare controvoglia. Se non sarà così, potrà tenersi questa carta di scorta per rilanciare la legge sulla cittadinanza dopo l’estate. In luglio e agosto il Rottamatore insisterà nella campagna di presentazione del suo libro Avanti, un titolo vagamente socialista che serve a rafforzare la “narrazione” renziana: il suo governo era meraviglioso e perfetto, i suoi obiettivi sono stati tutti raggiunti, quella peste di D’Alema può dire quello che vuole ma i numeri sono lì, e sono incontrovertibili. Questi libri, come quelli analoghi di Letta, Prodi e compagnia, non servono per arrotondare i guadagni della politica né per fare contenti gli editori, ma per mettere agli atti un certo percorso, per segnare a futura memoria obiettivi iniziali e traguardi finali. Renzi, che non fa eccezione, cosparge le pagine di numeri. Sembra Berlusconi quando, alla vigilia del voto, mandò nelle case degli italiani l’opuscolo in cui campeggiava una sola parola: “Fatto!”.
Ora l’obiettivo immediato di Renzi non è andare al voto subito, traguardo impossibile, e nemmeno in autunno: sa che Mattarella si opporrà fino allo stremo davanti alla prospettiva di mandare gli italiani alle urne senza una legge elettorale dignitosa. No, il segretario Pd punta a disarticolare gli avversari, a indebolire i transfughi della sinistra appropriandosi di un loro tema come lo ius soli; a destabilizzare i centristi e a riscrivere la storia degli ultimi tre anni per presentarsi ripulito in primavera. Una volta si sarebbe detto che vorrebbe rifarsi una verginità. Ma anche questa è una parola fuori moda.