Grande personaggio della sinistra italiana, ex presidente della Camera, ex magistrato, Luciano Violante rappresenta un punto di riferimento nel dibattito in corso sul futuro italiano, sui contrasti che emergono continuamente in questa sinistra, nel Partito democratico di Matteo Renzi, nel clima di incertezza che il paese sta attraversando. In questi giorni, Violante sta presentando il suo ultimo libro, Democrazia senza memoria, ma è sempre attento non solo a delineare gli scenari passati della storia italiana, ma anche a cogliere quello che vede maturare nel Paese, soprattutto nella sinistra, giorno dopo giorno.



Presidente Violante, sembra che il segretario del Pd, Matteo Renzi, stia diventando il bersaglio di ogni polemica e cerchi di raggiungere il record di impopolarità. E’ esagerato affermarlo?

In effetti si è creato una sorta di meccanismo infernale per cui pare che una parte degli italiani, una parte dell’opinione pubblica, anche tra uomini e donne di sinistra, abbia individuato in Renzi il “nemico”, il responsabile di ogni male. La “costruzione del nemico” è un fenomeno oggettivo, che a volte si verifica in politica. E’ infondato, bisogna prenderne atto e reagire con intelligenza.



Qualche responsabilità, a parte gli umori dell’opinione pubblica, Renzi ce l’ha.

Guardi, politicamente io mi definisco non renziano. Ma sostenere che le responsabilità di Renzi siano il problema principale del Paese mi sembra un paradosso senza senso. Renzi sta certamente pagando l’instabilità politica che si è creata dopo il referendum del 4 dicembre del 2016; chi ha votato No ha scelto l’instabilità. Tra far vincere Renzi e far prevalere l’instabilità ha scelto quest’ultima soluzione. Renzi ha perduto soprattutto perché lo ha personalizzato. Se ne è reso conto e ha ammesso l’errore. Ma, ripeto, ritenere che tutto il malessere del Paese, sia responsabilità di Renzi non ha senso.



Paolo Gentiloni appare, anche a sinistra, più credibile, più affidabile ed è come se ritornasse a galla, dal profondo degli anni, una parte, un’anima della vecchia cultura democristiana.

Non c’è dubbio che Gentiloni sia in questo momento più credibile e sia più accettato di Renzi. E qui i problemi da analizzare si fanno complessi. E’ probabile che la cultura politica di Gentiloni si riveli oggi più adatta ad una politica di centrosinistra che sia maggioritaria nel Paese.

Ma in un momento come questo che cosa suggerirebbe al segretario del Partito democratico?

Capisco che è difficile immaginare una cosa del genere, ma a me pare che ora Renzi dovrebbe dedicarsi a ricostituire e governare il Pd e dovrebbe candidare proprio Paolo Gentiloni alla presidenza del Consiglio. Ciò corrisponderebbe ai meriti di Gentiloni e alle necessità del Pd.

Questo non creerebbe difficoltà all’attuale segretario del Pd, anche per il suo futuro politico?

Renzi è giovane e capace. Nei ruoli giusti può dare tanto a questo Paese. Deve rispettare i tempi, scrollarsi di dosso questa oggettiva antipatia che si è creata e pensare anche al futuro di un partito di sinistra che sappia interpretare il nuovo mondo della modernità.

Sia la sinistra europea, sia quella americana hanno fatto errori gravi in questi anni. Forse bisogna ricreare un terreno di valori e ideali.

Non c’è dubbio che le sinistre — come le destre, d’altra parte — abbiano commesso errori gravi; basta guardare il panorama elettorale e culturale, sia europeo, sia americano per rendersene conto. Poi c’è la necessità, soprattutto da parte italiana in questo caso, di radicare il partito sul territorio. Matteo Renzi non lo ha fatto, appoggiandosi a un gruppo dirigente di persone brave ma in maggioranza poco conosciute nei vari territori. Sono problemi seri da affrontare per un partito.

C’era anche una situazione complessiva difficile e delicata per tutto il Paese, non solo per la sinistra.

E’ vero, ma alcuni importanti miglioramenti ci sono e sono visibili. Spesso indulgiamo all’autodenigrazione, che è una forma subdola di deresponsabilizzazione. Per un giudizio oggettivo e utile per il futuro dovremmo anche considerare i passi in avanti che l’Italia sta facendo. Cominciano ad esserci ragioni per avere fiducia. Il filo é sottile e non bisogna romperlo per pregiudizio o per egoismo.

(Gianluigi Da Rold)