Se a Renzi è riuscita un’impresa politica, questa è stata la marginalizzazione della “ditta” ex Pci, Pds, Ds, e la risoluzione dell’amalgama mal riuscito tra due tradizioni a favore della filiera, via Margherita, già democristiana. Fuori Bersani e D’Alema, sul piede di partenza, o ridotti all’impotenza, Cuperlo e Orlando, assimilati con doppie e triple prove di fedeltà figure minori provenienti dalla ditta (Martina, Orfini), il gioco nel Pd si è ristretto a ex democristiani, sostanzialmente. Lo è Renzi, e tutti i suoi, lo è Fioroni, lo è Franceschini, lo è per assimilazione e tratto politico Gentiloni. E la partita nel Pd si giocherà tra democristiani, anche se è prevedibile in modo più cruento che nella tradizione dei padri.



È evidente, dopo una serie di sconfitte e di errori difficili da immaginare agli esordi, la strategia di Renzi di salvare il salvabile della sua ascesa al potere, infortunata dopo la perdita di Palazzo Chigi; e cioè se stesso, e la sua cerchia. Non ha nessun problema di “dare un governo” al Paese in uno schema coalizionale che ridia al centrosinistra una chance sempre più lontana, ma più prosaicamente di starci dentro comunque in un governo. Una strategia, che in una virata sempre più netta del Pd a PdR, non promette niente di buono non solo per i resti interni della ditta, ma anche per “alleati” di cui è difficile fidarsi, a cominciare da Franceschini e lo stesso Gentiloni.



In uno schema proporzionale dove il Pd rischia un risultato più vicino al 20 per cento che al 30 per cento, Renzi porterà con sicurezza in parlamento più o meno 200 tra deputati e senatori, ed è sicuro che se ne attribuirà almeno i tre quarti. È altamente insicuro che questo basti non solo alla minoranza ex ditta, ma anche agli alleati ex democristiani. Quindi, ne vedremo delle belle.

Sulla strada del PdR, a renderne difficile il cammino, non ci saranno tanto i fuoriusciti di Mdp e Insieme, che anzi hanno tutto il vantaggio che il Pd di Renzi parli il meno possibile ai mondi della sinistra che lo hanno sofferto, quanto proprio gli ex democristiani non allineati. In questa resistenza avranno la sponda di Gentiloni, sempre più chiaramente la vera e forse unica possibilità, a molte condizioni, di un Pd a Palazzo Chigi dopo le elezioni, purché dia garanzie alla maggioranza che lo avrà messo lì, e smetta di rispondere alla golden share renziana.



Anzi c’è da credere che anche il democristiano più felpato di tutti, al Quirinale, Mattarella, cercherà di fare in modo che sul prossimo governo non ci sia la golden share di nessuno e tanto meno di Renzi, per poter assicurare al Paese un governo. I democristiani tra i gabinetti del re e i caminetti, hanno sempre preferito i secondi, e considerate le mattane degli aspiranti uomini soli al comando non gli si può dare tutti i torti.