Il Milan e il Torino. Un calciatore esploso per ora a metà sul campo di calcio, ma candidato a un trasferimento record, nell’olimpo delle tre cifre in milioni di euro. Silvio Berlusconi alfa e omega del calcio contemporaneo, metà sport-business sovrano nell’area mediatica, metà arma simbolica di primato politico. Nell’”affare Belotti” sembra esserci qualcosa di più di una semplice telenovela estiva di calciomercato. 



L’estate 2017 riporta parecchio, fin troppo, a quella del 1992: anniversario tondo (un quarto di secolo). Un anno, il ‘92, che per chi si fosse perso l’originale viene già riproposto in fiction di successo, disponibile in tutti i format. Un anno già quasi di vigilia d’armi per il Cavaliere di Arcore, allora ancora soltanto un ex immobiliarista divenuto il duopolista di fatto della tv in Italia. Ma Berlusconi è già, soprattutto, il padre-padrone di un Milan già titolato e stellare, archetipo del new football globale.



Nell’estate ‘92 i rossoneri sono reduci dalla conquista dello scudetto: il dodicesimo, ottenuto senza sconfitte, il primo di una striscia di tre consecutivi firmati da Fabio Capello. Il club però sta attraversando una fase di transizione in Europa e Berlusconi, al solito, accelera. Mette nel mirino Gianluigi Lentini, esuberante ala del Torino di Emiliano Mondonico che nella stagione ‘91-92 ha centrato il terzo posto in classifica e la finale di Coppa Uefa. 

Alla presidenza dei granata c’è Gian Mauro Borsano, un imprenditore versatile e self-made man come il Cavaliere. Un uomo d’affari che mastica già politica (viene eletto deputato nelle liste del Psi proprio nella primavera del 1992), ma che naviga in cattive acque finanziarie: tanto che la Camera non può negare l’autorizzazione a procedere per un crac recente. Ovvio che i 65 miliardi di lire dell’epoca messi sul tavolo dal Milan per Lentini siano un’offerta che il patron granata non può rifiutare: sfidando fra l’altro la rivolta della tifoseria locale, indispettita da una raffica di cessioni liquidatorie.
Il fantasmagorico “affare Lentini” non porta tuttavia molta fortuna a nessuno dei protagonisti. L’anno dopo il calciatore è vittima di un grave incidente stradale che di fatto ne spezza la carriera. Ma il trasferimento procura noie giudiziarie sia a Berlusconi che a Borsano. L’operazione costa al Cavaliere uno dei suoi molti processi, legati al presunto pagamento in nero da parte del Milan di una quota del prezzo (Berlusconi viene alla fine fu prosciolto per prescrizione). Il “processo Lentini” rende invece più brusco l’avvitamento del presidente del Torino. Borsano si deve disfare dell’intero club, ma la stessa vendita risulta poi irregolare e per l’ex proprietario scattano nuovi pesanti procedimenti giudiziari (nel 2011 viene perfino arrestato per il crac Aiazzone). 



Il Milan nel frattempo, si conferma uno dei più importanti club del pianeta, prima di essere infine ceduto da Fininvest al magnate cinese Li Yonghong, Quest’ultimo, d’altronde, ha già reso il club il protagonista assoluto del calciomercato 2017: iniziata con la conferma del portiere Donnarumma, proseguita l’acquisto del difensore dalla Juventus del difensore Bonucci e ora indirizzata verso un gran finale con interessamenti a tappeto: per la stella del Borussia Dortmund, Aubameyang, per quella del Real Madrid, ma soprattutto per il centravanti del Torino, Andrea Belotti. Il colpo finale si profila il più costoso dell’intera campagna, già caratterizzata da acquisti di lusso come il centrocampista della Lazio Biglia. Una campagna di “soldi sul tavolo” – montagne – che sta facendo storcere il naso a molti (compreso il principe dei procuratori sportivi, Mino Raiola): ma che per ora non ha mancato un appuntamento.

Cento milioni: è questa la cifra rilanciata ogni giorno dal gossip calcistico per il possibile “affare Belotti”. Per il quale tuttavia il Milan appena lasciato da Berlusconi ha bisogno di un accordo con il presidente-padrone del Torino: Urbano Cairo, che proprio di Berlusconi è stato dirigente e allievo, al punto da esserne considerato un possibile clone. Da top manager di Publitalia ‘80 (motore di Mediaset e poi incubatore di Forza Italia come “partito 2.0”). L’imprenditore torinese cavalca fino a diventare patron del terzo polo tv (La7) e soprattutto il conquistatore di Rcs: il “Santo Graal” dell’establishment milanese. E a un solo anno dal suo arrivo come editore, il Corriere della Sera cammina già sicuro sulla strada del risanamento e del rilancio.  

Chissà se Cairo cederà Belotti al Milan e a quale prezzo. Chissà se farà un piacere a quella che resta – nell’immaginario collettivo – la bandiera del Cavaliere, alla vigilia di un ennesimo voto politico cui Berlusconi si sta avvicinando spinto da venti sempre più favorevoli. Oppure, chissà, l’allievo vorrà marcare definitivamente la distanza dal maestro: confermare – se ce ne fosse ancora bisogno – che lui non è certo un nuovo Borsano, ma semmai il nuovo Berlusconi. Che lui i Belotti non ha bisogno di venderli e può anzi trattenerli senza problemi. Che il suo Torino ha le sue stesse ambizioni e il suo stesso passo di imprenditore: sempre verso l’alto. Lasciando intanto che tutti, ogni mattina, leggano il suo Corriere per intuire quello che per ora è sicuro un talento di navigatore editoriale nei mari della politica. Domani chissà.