Volendo cercare a tutti i costi un titolo diverso da “Pisapia, caos nel centrosinistra”, un’ipotesi accattivante sarebbe: “Candidato premier, Renzi punta su Pisapia”. La prima lettura dei fatti delle ultime ore rimane la più verosimile: ma nell’abbraccio ostentato fra il neo-leader di Campo democratico e il sottosegretario alla Presidenza Maria Elena Boschi, un po’ di effetto stavolta c’è stato: con tanto di effetti collaterali (la plateale cancellazione dell’incontro fra Pisapia e il coordinatore di Mdp Roberto Speranza). “Guardate indietro” si è subito risentito l’ex sindaco di Milano, che stava lavorando – almeno in apparenza – a una convergenza fra la sua formazione e il gruppo scissionista del Pd.
Resta il fatto che – se l’abbraccio con la Boschi non è stato un fake sconsiderato – è stato Pisapia a far risentire Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani: due vecchi leader non facilmente impressionabili, ma sempre molto vigili su quelle che un tempo si chiamavano “operazioni politiche”. Queste ultime – in teoria – sono un modo di condurre i partiti e i governi che Matteo Renzi si è impegnato a rottamare per sempre: tenendo per la verità fede all’impegno, ma ritrovandosi a sette mesi dalle elezioni in crisi su tutti i fronti: personali e politici.
Non sono solo i sondaggi – ormai leggermente favorevoli al centrodestra aggregato – a preoccupare il segretario del Pd. La pessima accoglienza risevata dal Financial Times al suo “Avanti” fresco di stampa è suonata come una dichiarazione di sfiducia degli ambienti finanziari internazionali, storici supporter del premier-sindaco. Ma anche della principale proposta economica del libro (deficit al 2,9% per 5 anni) nessuno si ricorda già più: dopo la gelida accoglienza della Ue e la presa di distanze dello stesso ministro dell’Economia, Piercarlo Padoan. Né occorre spendere molte parole per fissare come punto fermo l’appoggio assoluto del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al governo Gentiloni (forse anche dopo l’appuntamento elettorale).
L'”operazione Pisapia” può essere una risposta perfino ovvia all’esigenza di uscire in qualche maniera dal vicolo cieco, dall’orribile estate. Meno facile è capire quali proposte concrete abbia fatto Renzi a Pisapia (anche se è probabile che molto filtri già in queste ore): ma non sarebbe strano se un Renzi assediato desse segnali di flessibilità sulla propria candidatura a premier. Né Pisapia sarebbe tacciabile di leggerezza se approfitasse dell'”operazione (Boschi)” per irrobustire il proprio profilo di leader “centrista del centrosinistra”. Potrebbe ri-esplorare (in coppia con Renzi) gli spazi da cui l’ex premier si è ritirato dopo il referendum, in modi traumatici: con la scissione a sinistra; con una gestione nervosa sia del rapporto con il governo Gentiloni (da cui anche la rottura con i centristi di Alfano) sia del complicato “Nazareno-2” verso Berlusconi. Lasciando praticamente intatto sia il potenziale della Lega Nord sia quello di M5S.