Cos’è l’Europa, oggi? Ancora meno di ieri. L’asse franco-tedesco, ieri, aveva una forza derivante da due fattori, la sostanziale debolezza italiana e la Casa Bianca retta da Obama. Oggi, siamo nel puro deserto. Queste fasi sono preziose per capire un punto di fondo, che spesso sfugge a molti analisti, schiacciati dall’attualità: la storia è fatta da un certo numero di componenti strutturali, comportamentali e logico-simboliche che si riproducono costantemente. Appena emerge l’occasione buona, ecco che torna la narrazione napoleonica mista ad arroganza a buon mercato della Francia. Macron è l’ultimo, mediocre, esempio di questo archetipo strutturale che fonda la storia europea e universale. 



Non c’è alcun legame tra le nazioni europee, oggi, rimane soltanto la legge della forza da far valere sul tavolo delle negoziazioni: che si tratti degli sbarchi sulle nostre coste o dell’affaire Fincantieri, poco importa. Cambia l’oggetto, ma non la struttura archetipica. Tutto cambia perché niente è in realtà cambiato a monte, paradossalmente è così.



La Libia è l’ultimo caso di una Francia smarrita e prepotente, che non ha guida ma ha istituzioni che sostengono chiunque abbia preso voti per diventare presidente, ecco il punto. Noi non abbiamo niente da contrapporre a questo, perché l’assetto istituzionale e delle “classi dirigenti” è ridotto a puro nulla. Ecco perché oggi basta avere un minimo impianto istituzionale a reggere un tavolo che sembra di trovarsi di fronte a un gigante della storia. Ma è solo una questione di dimensioni e di comparazioni puntuali: se non hai niente, anche il minimo sindacale è tanta roba. Tutto qua.



Più l’Europa vacilla e più la Francia gioca a gamba tesa contro l’Italia. La Merkel lascia fare perché l’interesse degli assetti del potere burocratico si muove per isolare l’Italia e renderlo un caso di impotenza storica casualmente allocata nel Mediterraneo, siamo ben al di là dell’”espressione geografica”, perché la geografia oggi fa la storia, mentre noi fatichiamo a fare la cronaca.

Il caso Fincantieri, che partecipa a Stx (?), in cordata con la sponda della Fondazione Cr Trieste è eclatante: Macron bolla quest’ultima, fondazione bancaria riconosciuta, come “prestanome”, e millanta credito, di fronte alla forza oggettiva di Fincantieri sul mercato, che sulla carta non dovrebbe dare adito a ulteriori valutazioni. Ma tant’è: l’Etat c’est moi, punto. Perché accade tutto questo? Semplicemente perché stiamo attraversando non una mera crisi economico-sociale-finanziaria, ma una grave crisi storica, che mina la radice la nostra identità. Quando non sai chi sei e da dove vieni, chiunque può metterti nel sacco, e alla fine lo smarrimento si dilata. Mentre gli orizzonti, quelli no, si restringono. 

Non ci sono soluzioni politiche, istituzionali e/o sociali di sorta: anche questo è un aspetto archetipico della storia, che continua a prevalere. Si deve bere l’amaro calice fino in fondo e, raschiato il fondo del barile, forse uscirà fuori qualcosa che somiglia a un nuovo riassetto. Forse.

Se l’Austria e l’Ungheria, con natali meno gloriosi dei nostri, ma con un presente ben incapsulato in un’identità nazionale e con uno Stato che difende i confini, chiudono i confini al passaggio dei migranti che approdano sulle nostre coste, ciò rientra nell’archetipo dell’autodifesa. Di fronte a un Paese dilaniato da mille tensioni e polverizzato nell’identità e anche uno scandalo, una pietra d’inciampo. Ma non crea poi così grande sconcerto nelle nostre “classi dirigenti”, perché per inciampare occorre camminare e dunque avere un cammino davanti a noi, una visione. Non c’è niente di tutto questo, quindi avanti con gli appelli alla retorica, che fanno gonfiare il petto a Macron e a Juncker. Mentre la Merkel sta risolvendo la crisi delle esportazioni tedesche con le nostre tasse. 

No, qui non c’è nemmeno la geografia. Ecco perché la storia va avanti per la sua strada, Roma può attendere.