Chi è massone non può rivestire cariche nella pubblica amministrazione: questa è in sostanza la proposta con la quale il Pd vuole escludere la massoneria dalla vita pubblica. Non è altro che è un tentativo di irrigidire la Legge Anselmi del 1982, con la quale fu sciolta la Loggia P2. Il Pd pronto a “bastonare” i massoni però evidentemente non ricorda l’intervento di Antonio Gramsci in occasione del suo primo e unico discorso parlamentare, pubblicato in un pamphlet dalla casa editrice del Gruppo Bonanno Editoriale. Il fondatore dell’ex Partito comunista italiano difese i massoni da una legge del Duce che non era poi così diversa da quella che il Pd vorrebbe far approvare. Un’appassionata arringa difensiva quella di Gramsci, secondo cui «la Massoneria è stato l’unico partito reale ed efficiente che la classe borghese ha avuto per lungo tempo». Inoltre, riteneva che una legge anti-massoneria non fosse altro che un provvedimento per colpire qualsiasi forma di associazionismo politico e sindacale.



PD CONTRO LA MASSONERIA, MA GRAMSCI LA DIFESE

L’ARRINGA DEL FONDATORE DEL PCI

Una legge contro la massoneria per Gramsci era anche un’occasione per innestare «una deriva liberticida». Non a caso furono poi promulgate le cosiddette “leggi fascistissime”. Ora il Pd chiede dunque di proibire ai massoni di diventare funzionari pubblici di quello Stato che hanno contribuito a costruire. L’ultimo discorso di Gramsci nel parlamento del Regno d’Italia a difesa della massoneria e della loro partecipazione alla vita pubblica e politica può, secondo quanto scritto da Dimitri Buffa sulle colonne de Il Tempo, essere allora utile ora per rievocare i danni che certe leggi passate hanno prodotto. 

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