La morte di Helmut Kohl ha suscitato qualche riflessione sulla statura dei politici di un tempo e su quella dell’attuale classe politica europea. La sensazione è che il confronto sia piuttosto sfavorevole per le attuali classi dirigenti e che sia oggettivamente verificabile un certo decadimento dello spessore della classe politica occidentale e della sua capacità di leadership.



La fine della guerra fredda ha generato l’illusione dell’avvento di un lungo periodo di tranquillità, se non proprio di pace, e ha senza dubbio reso meno incisivo il processo di selezione della classe politica. La realtà ha ormai cancellato quell’illusione, ma i leader non si creano da un giorno all’altro, soprattutto se non vi sono più maestri adeguati.



Accanto a questo immotivato rilassamento, una causa fondamentale è l’appannamento del concetto di partito, in crisi ovunque in Occidente, anche nelle democrazie apparentemente più solide. Se si guarda a repubblicani e democratici negli Usa o a laburisti e conservatori in Uk, la situazione è riassumibile con un triste “Se Atene piange, Sparta non ride”. Con tutti i loro limiti e tradimenti, i partiti esponevano e cercavano di attuare un proprio modello di società e quindi di Stato; a sua volta, questo modello faceva riferimento a una più ampia visione della vita e dell’uomo. I grandi partiti europei si situavano in questi grandi filoni, collegandosi a grandi linee al cristianesimo, al socialismo e al liberalismo.



La situazione attuale, soprattutto in Italia, ricorda invece gli aspetti più negativi del feudalesimo, con baroni e signorotti preoccupati solo di mantenere e allargare i propri feudi, disposti a ogni cambio di bandiera e di alleanza idoneo allo scopo. La frantumazione dell’attuale Parlamento e gli innumerevoli passaggi di parlamentari da un partito all’altro, ne sono una dimostrazione. Anche il tentativo di una specie di democrazia diretta, utilizzando le nuove risorse di internet, ha dato luogo a qualcosa che ricorda, piuttosto che i liberi Comuni italiani, le compagnie di ventura o le jacqueries. Al contrario del feudalesimo medioevale, l’attuale deriva feudalista non ha nessun superiore Principio di unità al di sopra di sé.

Un’altra causa è ricercabile nel fallimento, o tradimento, dell’idea originale di Unione europea, per cui suona sarcastico parlare oggi di “Europa dei popoli”. Infatti, ogni presa di posizione di un popolo sulla base della propria identità porta ad accuse di populismo, nazionalismo, sovranismo. Il Parlamento europeo dovrebbe essere il luogo in cui i popoli, attraverso i loro rappresentanti, si confrontano e dialogano alla ricerca di punti comuni. Invece, il Parlamento europeo è il meno rilevante degli organi dell’Ue, spesso ridotto a una costosa sinecura per vassalli e valvassori esclusi dalla lotta feudale nei loro Paesi.

Dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, i popoli europei si dedicarono, pur con divisioni spesso molto forti, alla ricostruzione dei propri Paesi, non solo economica, ma morale e civile. In questo processo è sorta l’idea di una progressiva e graduale unità di intenti, dando luogo a mano a mano alle strutture adeguate al fine. A questa idea di unione di popoli si è ora sostituita un’ideologia dell’Europa; così come alle posizioni ideologiche, ma ideali per molti che vi aderivano, dei vecchi partiti si è sostituita una guerra per bande. Inevitabile la sostituzione dei leader con dei capibanda, politici, finanzieri o burocrati che siano.