E bravo Paolo Gentiloni che la vigilia di Ferragosto abbandona le vacanze in Alto Adige e si fa trasportare ad Arquata del Tronto per stare vicino ai terremotati. Un colpo mediatico da maestro che riaccende i riflettori sulle condizioni dei senza tetto a quasi un anno dalle prime scosse, ma ridà un po’ di smalto anche al governo che in sei mesi di attività non è riuscito a fare granché per gli sfollati e per la ricostruzione.



Gentiloni Paolo detto Er Moviola ci sta dando dentro per costruirsi un’immagine duratura. Nelle ultime settimane ha incassato una sequela di medaglie. Ha assestato qualche colpo alle gang di scafisti libici. Ha stretto legami importanti con il Vaticano, suggellati dall’incontro con Papa Francesco (rimasto a lungo segreto) che ha segnato una svolta nell’atteggiamento della Santa Sede rispetto all’emergenza profughi: a pensarci bene è un fatto senza precedenti, in passato era il Vaticano a dettare la linea ai politici italiani, ora con il grigio Gentiloni è avvenuto il contrario. Ma il governo ha mostrato anche un certo polso nella crisi dei rapporti con i francesi, e qui colui che ci ha messo la faccia è stato il ministro Carlo Calenda.



Nell’evanescenza di un ministro degli Esteri come Angelino Alfano, sono stati Minniti e Calenda a realizzare i pochi successi dell’esecutivo. Sono i due ministri che rappresentano la vera discontinuità tra il governo Renzi e quello Gentiloni (la terza faccia nuova è Valeria Fedeli, ancora attesa a uno scatto d’orgoglio). Minniti all’Interno e Calenda all’Industria segnano un cambio di passo rispetto alle eterne promesse del Rottamatore e mostrano che non è necessario uscire dal Pd o fare una guerra permanente contro Renzi per mostrare una faccia della sinistra diversa dal protagonismo a ogni costo dell’uomo di Rignano. Un’altra sinistra, diversa dal Giglio magico, è possibile senza scissioni e senza fughe laterali. 



Perfino la Repubblica di Carlo de Benedetti, tessera numero 1 del Pd e a lungo renziano doc, ha riconosciuto che il grigiore di Gentiloni può rappresentare il punto di convergenza delle tante anime del centrosinistra. Gentiloni sarà grigio nei capelli e nei modi, ma non nell’immagine popolare. In questi giorni di vacanza in Alto Adige i giornali locali l’hanno colto a passeggiare nel centro di Corvara, a ricevere complimenti dalla gente, a farsi i selfie con i villeggianti, addirittura a fare qualche spesuccia nel Despar dove vanno non gli ospiti degli alberghi della Val Badia ma la gente normale che prende gli appartamenti in affitto.

Il vero problema di Gentiloni è che la sua affermazione è inversamente proporzionale alla popolarità di Renzi. Se Paolo si consolida, per Matteo è la fine. Magari non subito, ma il destino dell’irrilevanza è segnato per il segretario del Pd. Renzi non può lasciare troppa corda al capo del governo. Ma l’unico modo per non concedergli eccessiva popolarità è tenere le redini dell’accordo sulla legge elettorale. Perché se le cose restano come sono, cioè se si dovesse andare a votare con il sistema uscito non dal Parlamento ma dalla Corte costituzionale, Gentiloni appare l’unico in grado di trovare una mediazione in Parlamento per formare un governo. Quando c’è da comporre tanti interessi diversi, occorrono figure non di rottura ma di medio profilo. La storia della Dc lo insegna. E Gentiloni quella storia la conosce molto bene.