Avviso ai naviganti, anzi a quel navigante un po’ alla deriva che risponde al nome di Matteo Renzi. Paolo Gentiloni fa sul serio. Ha smesso i panni del supplente, se mai li ha indossati, e ha vestito quelli del leader. Paolo il Grigio ha finalmente rotto gli indugi. È il suo momento. Ora o mai più: o si gioca le sue carte adesso per succedere a se stesso nella prossima legislatura, oppure tra qualche mese tornerà davvero a passare il tempo leggendo quei libri che tanto gli mancano. Sollecitato da Mattarella, il presidente del Consiglio ha deciso di non aspettare oltre.



C’è da impostare una legge di bilancio difficile, che Renzi avrebbe voluto gestire soltanto dopo il voto. Va affrontata un’emergenza migranti che ora è anche emergenza politica (per l’incerto passaggio parlamentare della legge sullo ius soli) e di ordine pubblico dopo la strage di Barcellona. Bisogna agganciare una ripresa economica che sarà timida ma è pure qualcosa. Ed è il momento di vedere le carte di Renzi. Paolo Gentiloni detto Er Moviola ci ha messo un po’ a realizzare che qualche possibilità di restare a Palazzo Chigi ce l’ha davvero ed è passato a dettare l’agenda, non più a farsela dettare dal segretario del Pd, suo predecessore al governo, citato una volta sola nel discorso al Meeting.



A Rimini il premier ha messo in fila una serie di questioni aprendo di fatto la campagna elettorale. Ha evitato di parlare di terremoto, dove il governo non ha fatto granché (e ha dovuto incassare anche le dimissioni del commissario alla ricostruzione Vasco Errani), nonostante il primo anniversario delle scosse di Amatrice sia alle porte. La promessa più impegnativa riguarda l’adozione di “misure shock” a favore del lavoro giovanile, con incentivi permanenti per gli assunti dalle aziende a tempo indeterminato. Alla vigilia del voto, non è soltanto una strizzata d’occhio al Meeting che lo porta a vedere una mostra sul lavoro e lo fa interrogare da tre ragazzi. È il segno che il governo punta su un programma di riforme economico-sociali prima che su altri temi, un “passaggio chiave sul quale impegnerò tutte le forze” dell’esecutivo.



Altra architrave del percorso verso il voto è la questione immigrati. Nessuna retromarcia sul codice di condotta per le Ong e una posizione ferma per cui “l’Italia non deve avere paura di riconoscere diritti e di chiedere rispetto di doveri a chi giunge nel nostro Paese”. Quanto all’ordine pubblico, “nessuno è al riparo da eventuali attacchi terroristici”, dice in una fiera protetta dai metal detector. Ma i terroristi “non ci costringeranno a rinunciare alla nostra libertà”.

Insomma, la parabola finale dell’estate 2017 ci propone un Gentiloni meno dimesso, più cosciente del proprio ruolo, consapevole che la debolezza che lo circonda può essere la sua forza. Nelle fasi di transizione sono quelli come lui a prevalere, i mediatori, le colombe. Paolo il Grigio potrebbe essere uno che cava le castagne dal fuoco a tanta gente. Sempre che il leader del suo partito riesca ad accontentarsi del ruolo di regista a bordo campo e non del giocatore in cerca della passerella a tutti i costi.