Due fronti politici. Quello esterno, la nuova ondata di attentati che semina morte in Europa, dalla Catalogna alla Finlandia passando per la Germania. E quello interno, con Beppe Grillo che ha cambiato nemico: ieri, con un lungo post sul blog, ha reagito con veemenza all’endorsement della Merkel al nuovo corso berlusconiano: quello che fa dell’ex Cavaliere il candidato naturale a contrastare M5s. Il puto di Mario Mauro, senatore di Forza Italia ed ex ministro della Difesa. 

Il terrorismo islamico è tornato a colpire. Ora l’Isis minaccia apertamente anche l’Italia. Sembra che le varie comunità nazionali aspettino fatalisticamente il proprio turno. Forse è meglio che ognuno faccia da solo, non crede?

I morti di questi giorni sono spagnoli, italiani, finlandesi, tedeschi. In una parola europei. Come fa l’Europa a non capire che deve combattere unita?

Combattere unita? Che cosa intende?

Intendo che non bisogna perdere tempo e dare all’Europa una unità operativa. Deve adeguarsi necessariamente al richiamo di Papa Francesco: “O diventa una comunità federale oppure con conterà più nulla nel mondo”. 

La federazione degli Stati Uniti di Europa non è un sogno irrealizzabile?

No, è una necessità stringente. Senza dimensione federale viene a mancare la democrazia e gli Stati più grandi si fanno beffe di quelli più piccoli. Prospera la burocrazia e la sua rendita di potere. I veti reciproci impediscono appunto di contare di più nel mondo. La cessione di sovranità è un falso problema se nei nuovi, auspicabili trattati si scrive con chiarezza chi fa che cosa. 

Mettiamo da parte un’improbabile modifica dei trattati. Ma adesso?

Adesso sono i capi di governo che in questi giorni terribili devono mostrarsi all’altezza della sfida e promuovere senza indugio un percorso che assicuri all’Unione Europea al più presto una politica estera e di difesa realmente comuni.

Cosa può fare il nostro paese?

L’Italia ha una responsabilità enorme nel garantire questo processo. Non dobbiamo mai dimenticare che il tentativo di darci una costituzione si realizzò a Roma, seppure provvisoriamente. Aldo Moro diceva: “nessuno è chiamato a scegliere tra l’essere in Europa o nel Mediterraneo, poiché l’Europa intera è nel Mediterraneo”. 

A Francia, Germania e suoi satelliti, però, pare che del Mediterraneo importi poco.

Eppure, anche Francia e Germania sono stati al centro di gravi attentati terroristici. E dovrebbero riflettere bene prima di abbandonare, o di credere di poter abbandonare, l’Italia nel Mediterraneo. L’Europa è la soluzione dei problemi del Mediterraneo e del Vicino oriente se sconfigge dopo fascismi e comunismi il radicalismo islamico, nuova ideologia totalitaria, che non esita a prendere in ostaggio il nome di Dio per il proprio progetto di potere. I governi italiani che si succederanno devono ridefinire il proprio rapporto con le istituzioni ed il progetto europeo rilanciando la propria presenza. 

Come?

Intanto, approfittando della straordinaria opportunità di essere con l’italiano Antonio Tajani al vertice dell’istituzione più rappresentativa. Quel Parlamento che solo può legittimare nel dialogo con i parlamenti nazionali un processo federale reale e democratico.

Germania e Italia vanno verso le elezioni politiche. Che cosa accadrà?

Le elezioni tedesche ed italiane saranno un momento decisivo per il futuro della Ue. In particolare quelle italiane oscilleranno tra l’ipotetica riproposizione di una grande coalizione a posteriori del voto e la speranza che il centrodestra italiano, trovando le giuste mediazioni proprio sulla visione della Europa, sappia convincere gli elettori e si lasci alle spalle inconcludenti scimmiottamenti dei populismi d’oltralpe. 

Il messaggio a Salvini e FdI è chiaro. Eppure, lei teoricamente si prepara a governare con loro.

La Lega e Fratelli d’Italia non sono partiti antieuropeisti, semplicemente ambiscono a correggere un disegno europeo che appare oggi fortemente compromesso. Credo che la situazione oggettiva del paese abbia affidato a Forza Italia e a Berlusconi una seconda chance, dopo essere stato paradossalmente e per molti anni interprete lui stesso di politiche ritenute a torto o a ragione populiste. 

Davvero la Merkel punta su Berlusconi?

La verità è che la parentesi renziana ed il disastro maturato sul debito pubblico, che ha toccato proprio in questi giorni un nuovo record, hanno convinto i capi di governo europei che solo il centrodestra italiano in versione berlusconiana possa assicurare il buongoverno di cui il paese ha bisogno. E’ bene che se ne convincano anche tutti i possibili alleati.

Non crede che gli enormi problemi che ci attendono richiedano un patto di legislatura e una alleanza tra forze anche antagoniste?

I problemi italiani rimangono tutti sul tavolo e va purtroppo constatato che il metodo della grande coalizione che in Germania è servito a risolverli da noi è finito con il governo Letta. L’assolo di Renzi ha prodotto una voragine nei conti dello stato e delle riforme bocciate dal popolo, che a differenza di molto establishment non ha creduto alla favola della stabilità usata come copertura di un tentativo autoritario e approssimativo.

Lei è cattolico e fa politica. Il tempo del partito cattolico è finito e la Chiesa non intende più fiancheggiarne alcuno né essere tirata per la giacca. Cosa ne pensa?

La partecipazione dei cattolici italiani alla vita politica rimane vitale per la crescita del paese e per un’integrazione effettiva dei migranti, in definitiva per la stessa convivenza civile. Sono certo che la Chiesa italiana, lungi da concepirsi asservita al potere politico, saprà contribuire in modo originale al formarsi di una nuova generazione di politici cattolici. Giovani le cui motivazioni e la cui dedizione saranno indispensabili alla ripresa di credibilità della politica. La gente non tornerà a votare se non sarà persuasa da esempi convincenti.

Rimane comunque il tema della crisi della politica, tra assenza dei partiti, uomini soli al comando e velleitari (o malfidati) tentativi di democrazia diretta. Che anni stiamo vivendo?

Con il crollo del blocco sovietico, quando questo sarebbe stato possibile, anziché riformare politicamente le istituzioni e il sistema dei partiti venne aperta una stagione giustizialista e di delegittimazione della politica, in cui molte forze politiche e alcuni settori del mondo economico-finanziario ebbero importanti responsabilità. La svolta dei primi anni 90, con l’acqua sporca del finanziamento illecito ai partiti e dei fenomeni di corruzione, ha buttato via anche il bambino, delegittimando alla radice il sistema politico esistente e quindi anche il ruolo positivo che i partiti di massa — gli artefici della Costituzione — avevano avuto nell’Italia repubblicana.

“Riformare politicamente le istituzioni e il sistema dei partiti”: dice niente. 

Si perse l’occasione per cambiare il sistema politico partendo dall’articolo 49 della nostra Costituzione, che recita “tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Come ebbe a dire Bronislaw Geremek, intellettuale polacco ed esponente di spicco di Solidarnosc, senza i partiti non c’è democrazia e proprio per questo vedeva con preoccupazione la tendenza delle nuove generazioni ad allontanarsi dai partiti e dalla cultura politica. E anche la storia del nostro Paese conferma questa riflessione.

Quale compito dovrebbe avere oggi un partito politico?

Costruire percorsi dove le persone possono sperimentarsi, sbagliare e imparare dagli errori, dove i giovani possono misurarsi con le problematiche quotidiane attraverso un impegno costante a servizio della comunità. Non smetto di sperare che possano e debbano tornare a fare questo.