Non esistono il bianco e il nero in democrazia. “E’ un sistema o un insieme di sistemi che si perfeziona continuamente, mentre continuamente mostra falle e difficoltà”. Per avere una democrazia in salute occorre “la capacità di mettersi d’accordo, di stipulare patti rispettati, di non farsi sgambetti, di lavorare pacificamente insieme”. Lo spiega oggi Sabino Cassese al Meeting di Rimini, in un incontro dal titolo “Il crollo delle democrazie”. E l’Italia? “Dobbiamo adattarci all’idea della democrazia rappresentativa. Arricchirla. ma senza creare illusioni referendarie”.



Lei parlerà sul tema “Il crollo delle democrazie”. Crollo è un’espressione molto forte: in effetti normalmente si parla di “crollo di regime”. Lei preferisce parlare di crisi: perché?

Non si debbono enfatizzare le crisi delle democrazie, che sono numerose, lasciando intendere, con il termine crollo, che le democrazie non abbiano un futuro. Il futuro della civiltà sarà ancora fondato sulla democrazia, anche se questa passa periodicamente attraverso fasi di difficoltà e di crisi.



Anche le democrazie possono dunque entrare in crisi. Se mettiamo da parte i paesi non compiutamente democratici, oggi quali sono i fattori che favoriscono la crisi di una democrazia? Attengono i doveri? I diritti? Le classi dirigenti?

I fattori di crisi sono notevoli, a partire da quelli economici, fino all’insufficiente partecipazione popolare alla politica. E la crisi più diffusa oggi è quella che attraversano paesi come Turchia, Ungheria e Polonia, cosiddette democrazie illiberali: si vota, ma non vengono rispettati i diritti. In questo modo, anche la democrazia diventa zoppa, perché, ad esempio, non vi è piena libertà di espressione del pensiero.



Anche in Italia la democrazia è in crisi?

In Italia, abbiamo diversi sintomi di malessere. Una partecipazione politica declinante. Sfiducia nella democrazia rappresentativa e critica delle rappresentanze parlamentari. Affanno degli strumenti di aggregazione del consenso, i partiti.

La storia del nostro paese ha avuto una svolta nel biennio ’92-93. Come va interpretata alla luce dell’oggi? E’ stata una crisi che si è conclusa? Alcuni dicono di sì, altri di no. Lei cosa pensa?

Vi sono fattori di continuità, come la permanenza della Costituzione e del sistema parlamentare. Contro, fattori di discontinuità, costituiti dall’uscita di scena dei partiti tradizionali, sostituiti da aggregazioni più estemporanee e  mobili.

Oggi quello che si soleva chiamare “ordine mondiale” è saltato. I “guardiani” del mondo non ci sono più: o meglio ci sono ancora ma il loro potere di intervento è ridotto e incerto. Come si pone il problema di una coabitazione di democrazie e di regimi poco o punto democratici?

Dobbiamo abituarci a pensare a un  mondo multipolare, senza un grande poliziotto, quale è stato per più di mezzo secolo lo Stato più potente, gli Stati Uniti. I diversi poli  regionali debbono cercare un equilibrio e stabilire regole “condominiali” per convivere pacificamente.

Una definizione assai diffusa nell’occidente liberale vede negli Usa “la più grande democrazia del mondo”. E’ così?

Non da oggi osserviamo tanti difetti della democrazia americana. Pensi al tasso di cittadini che vive nelle prigioni. Pensi al meccanismo di conta dei voti popolari per l’elezione del presidente. Pensi alla debolezza di molte regole parlamentari. Tuttavia, tra le democrazie oggi esistenti quella nordamericana è una delle più sperimentate, perché ha un sistema di poteri bilanciantisi, che si controllano reciprocamente, che riesce a funzionare. Vedremo col nuovo presidente…

Alla luce di quello che sta dicendo, la democrazia e i suoi fattori rispetto alla non-democrazia non sono due aree che confinano nettamente come il bianco e il nero. Questo che cosa implica?

Che la democrazia è un sistema o un insieme di sistemi che si perfeziona continuamente, mentre continuamente mostra falle e difficoltà. Quindi vi sono molte zone grigie. Pensi, per citare un solo esempio, al Regno Unito, tanto ammirato dai francesi e dal mondo intero fin dai tempi dell’Illuminismo. Ora, nel Regno Unito tutti quelli che sono in prigione non posso votare. Chi è privato della libertà personale è anche privato del diritto di voto, cioè del diritto di partecipare alla vita politica.

Dove in Europa la democrazia è più sana e dove è più malata?

Dipende dai periodi. La Germania rappresenta oggi un buon esempio, con la democrazia a livello locale e regionale e con la capacità di assicurare rappresentanza e governabilità a livello nazionale, nonostante che non vi siano partiti maggioritari. Un risultato che si raggiunge grazie alla capacità di mettersi d’accordo, di stipulare patti rispettati, di non farsi sgambetti, di lavorare pacificamente insieme.

Per concludere, torniamo all’Italia. Che cosa dobbiamo fare?

Penso che dobbiamo adattarci all’idea della democrazia rappresentativa. Arricchirla con la democrazia deliberativa o partecipativa, senza creare illusioni referendarie. Occorre che i partiti, avendo deciso di procedere con una formula elettorale sostanzialmente proporzionale, siano capaci di raggiungere accordi. Infine, non possiamo permetterci il lusso di cambiare un governo ogni anno, come è stato fatto tante volte in passato.