All’ombra di un sole che a Pechino come a Roma cucina a fiamma viva gli uomini, la politica italiana è tornata in fibrillazione, per il posto più caldo del paese in ogni senso, la Sicilia.

In visione delle regionali del 5 novembre i M5s si sono semplicemente sciolti. Non sanno cosa dire dopo una serie di errori su raccolte di firme a Palermo e mancanza di raccolta della spazzatura a Roma. Non vogliono nemmeno mettere le mani sulla regione più complicata d’Italia. La loro prova sarà il voto dell’anno prossimo, quando pare attendano il miracolo per mettere in ordine le loro fila sempre più nel caos.



Il Pd di Matteo Renzi, dopo i “fasti” delle ultime amministrative, perse al di là di ogni aspettativa, ha rinunciato a vincere. Renzi dice, conscio dei rilevamenti, che il voto in Sicilia non prova nulla, che è come dire: perderò a novembre ma spero di recuperare per il voto dell’anno prossimo.

In questa atmosfera in cui gli altri si sono già arresi, Forza Italia va in Sicilia forse come Mussolini andava in Grecia nel 1940, pronto a spezzare le reni alla Grecia, salvo poi farsele spezzare sul campo.



Infatti, FI sembra non aver capito come e perché ha vinto nelle amministrative passate. Ha vinto portando uomini sconosciuti alle cronache nazionali ma capaci di amministrare, radicati nel territorio e in grado di fornire servizi necessari. Oggi invece la carica degli Alfano, dei Musumeci eccetera, tutti in fila per raccogliere la vittoria, è il sintomo del disastro venturo.

Probabile che in questa atmosfera chiunque si presenti di FI vinca, ma i pasticci certi che produrrà un governatore incapace porteranno poi alla sconfitta sonora alle politiche dell’anno prossimo. Viceversa se FI vuole davvero vincere la Sicilia e poi le politiche deve trovare qualcuno che sappia amministrare e abbia idea di dove mandare la Regione.



In Cina l’errore di Forza Italia lo fece il Partito comunista tra la fine degli anni Venti e gli inizi degli anni Trenta in Jiangxi. Dopo il fallimento della rivolta di Shanghai, quando il partito venne decimato dai nazionalisti del Kuomintang (Kmt), la leadership del partito si trasferì nella base rossa di Mao Zedong. Questi voleva una guerriglia nelle campagne invece che insurrezioni in città. I capi del Pc una volta arrivati nello Jiangxi però presero il comando. Essi pensavano che la guerriglia di piccola scala di Mao non potesse funzionare. Così organizzarono un esercito e andarono contro le truppe del Kmt in maniera frontale e tradizionale, abbandonando le tattiche banditesche di Mao. Il risultato fu una sconfitta quasi peggio che a Shanghai e una fuga disperata, che finì quando Mao vinse la guida del partito e portò tutti in una base nel deserto a nord, a Yan’an.

FI pare nelle stesse acque. Il partito si è accorto che qualcuno ha vinto nel territorio, e quindi con il potere e i soldi del centro ora scende in basso e prende il controllo della provincia. Ma non ha idea di cosa sia successo. Chi ha un’idea ne pensa, consciamente o meno, vari aspetti che invece restano oscuri a chi tenta di rubarla.

FI vuole che la Sicilia sia il trampolino per la vittoria alle politiche? Lasci campo libero a chi ha organizzato il successo alle passate amministrative. Se no sarà una débâcle come quella del Pc cinese nello Jiangxi.

Diciamolo: c’è odore di sangue e potere per le strade, e a questo odore i colonnelli di Forza Italia, fatta ancora di tanti uomini di piccolo e grande potere, reagiscono d’istinto, senza pensare, inseguendo solo il potere.

Qui tutto dipenderà da Berlusconi: riuscirà a controllare e mettere il guinzaglio ai suoi cani da preda e a lasciare il campo a chi ha dimostrato di saper fare? Da questo più di ogni altra cosa dipende forse la politica italiana nei prossimi mesi.