Antonio Polito, editorialista e vicedirettore del Corriere della Sera, boccia l’ipotesi che sia la Corte costituzionale a fare ciò che spetta al Parlamento: scrivere una legge elettorale omogenea tra Camera e Senato. Un’ipotesi raccolta in ambienti istituzionali da autorevoli organi di stampa, forse fatta volutamente circolare per mandare un ennesimo segnale alla politica, incartata su ius soli, migranti e vitalizi, ma con un occhio già rivolto alla legge di bilancio. Gentiloni resta “in pole position — spiega Polito — per un reincarico a palazzo Chigi nel caso si prospetti una grande coalizione Pd-Forza Italia”. Per l’attuale premier sarà proprio la manovra l’appuntamento politico più delicato.
Se Renzi perde in Sicilia, come sembrano spettare nel suo partito, che cosa succede nel Pd?
In realtà, nulla. Nel Pd tutto sta avvenendo come nel Deserto dei Tartari di Dino Buzzati: c’è l’attesa continua, spasmodica di qualcosa che può accadere, di un capovolgimento, ma questo non si verificherà perché le primarie hanno reso le leadership di Renzi inattaccabile.
Però le sconfitte, a maggior ragione quando si ripetono, non hanno mai fatto piacere a chi perde.
Si approfondirà la sfiducia interna al partito. Nemmeno il gruppo renziano crede più nelle capacità elettorali di Renzi, però sa di non poter fare nulla perché qualunque altra mossa sarebbe suicida.
Nemmeno si parlerà di un altro candidato premier?
E’ un discorso diverso. Oggi sulla carta il candidato premier è il capo del partito, ma tutti sappiamo che con il proporzionale questo non ha senso, perché non va a fare il premier chi è presentato come tale dal suo partito prima del voto ma chi trova più partiti che lo sostengono dopo le urne.
Questo cosa significa?
Che ci potranno essere contraccolpi non sulla leadership del Pd, semmai sulla candidatura di Gentiloni a Palazzo Chigi.
Ma quante sono le probabilità di rivedere Gentiloni al governo, con Renzi alla guida del partito?
Non dipendono tanto da Renzi quanto dal risultato elettorale. Se per governare sarà necessaria una grande coalizione che comprende Forza Italia, Gentiloni è in pole position. Se invece il Pd non avesse i numeri per esprimere il candidato premier, allora non sarebbe il suo turno.
Veniamo alla legge elettorale. Se fosse la Consulta a fare la legge? Il Corriere ha citato questa ipotesi e anche La Stampa lo ha fatto, calcolando come e quando la Corte potrebbe essere nuovamente investita della questione.
Penso che sia un arzigogolo troppo complicato. Non possiamo chiedere che sia la Consulta a fare la legge elettorale. Certo all’interno della Corte c’è preoccupazione per la probabile ingovernabilità e si capisce che sarà proprio questo il giochetto della politica, quello di attribuirne la responsabilità alla Consulta, visto che è stata la Consulta a dire che la legge elettorale che risultava dalla sentenza di gennaio scorso era suscettibile di immediata applicazione.
Però è un’ipotesi che avete messo nero su bianco.
A noi effettivamente risulta che qualche membro autorevole della Corte ha espresso questa preoccupazione al capo dello Stato. Ma non riterrei opportuno che la Corte, anche se fosse adita una terza volta, scrivesse la legge elettorale, sia pure abrogandone ulteriori parti. Mi parrebbe un lavoro di taglio e cucito francamente fuori luogo.
Si avvicina la messa a punto della legge di bilancio. La Ue concederà altra flessibilità? A che prezzo?
Non credo. Gentiloni e Padoan hanno già avuto tutta la flessibilità che la Ue è disposta a concedere. Il “prezzo” è che l’Italia ricominci a crescere con decisione, in modo da poter ridurre il suo debito pubblico. E’ ciò che chiede l’Europa e ancor di più chiedono i mercati.
Ma la crescita è davvero arrivata?
Sì, ci sono segnali netti. I soldi però vanno usati dove servono, non sprecati in regalie elettorali o in bonus come nel passato.
Vuole dice che arriveranno a Gentiloni e Padoan pressioni da parte di Renzi per ottenere qualche intervento elettorale?
Penso di sì, soprattutto man mano che ci si avvicina alle urne, anche perché il Pd sta rimanendo a corto di armi elettorali ora che è caduto lo ius soli e forse la stessa sorte toccherà pure ai vitalizi. Al Pd non resta molto altro. Per questo spingerà per utilizzare le risorse disponibili al fine di compiacere questa o quella categoria o gruppo di elettori.
Gentiloni ha la forza politica per sostenere queste pressioni?
I risultati ottenuti e il consenso di cui gode nel paese sconsigliano a Renzi di ingaggiare uno scontro con il governo. E in caso di necessità Gentiloni troverebbe una sponda facile in Europa.
Berlusconi riuscirà a candidarsi?
No, perché il viluppo di leggi dal quale dipende la possibilità di una sua candidatura non mi pare risolvibile con un colpo di bacchetta magica prima della prossima primavera.
(Federico Ferraù)