Con il sequestro dei conti correnti della Lega, come si usa fare con i denari e i patrimoni dei capi di Cosa nostra e della ‘ndrangheta, finalmente una certa parte della magistratura ha chiarito una volta per tutte che la politica va trattata come la mafia. E il popolo, oggi quello che si riconosce nel Carroccio, e domani chissà a chi capiterà, è considerato alla stregua di un esercito di picciotti, pronti a mandare al potere una congrega criminale. Il mio è sarcasmo. Ma in troppi lo pensano sul serio, e oggi plaudono a questo strangolamento della Lega. E qui sta il disastro provocato da una campagna antipolitica ossessiva, che oggi ha l’appoggio di numerose Procure le quali si sostituiscono di fatto al popolo elettore.



Non sto esagerando, anche se mi piacerebbe tanto essere smentito presto da decisioni più “democratiche” da parte di istanze superiori della magistratura. Vedremo. E aspettiamo un pensiero sul punto da parte del Capo dello Stato, il saggio Mattarella.

Vorrei chiarire un punto. Matteo Renzi dice, con un atteggiamento sciacallesco meschino, che la “Lega ha rubato 49 milioni di euro e li deve restituire al popolo”. Non è affatto così. Il tribunale di Genova ha condannato il tesoriere della Lega Nord Belsito, e di fatto per responsabilità “oggettiva” il segretario politico Bossi per truffa. Belsito avrebbe presentato alla Camera un bilancio falsificato nel riscuotere il rimborso elettorale del 2008. Con giri di euro, diamanti e investimenti sottaciuti. La cifra imputata come spesa fuori dalle regole equivale ad alcune centinaia di migliaia di euro, destinati soprattutto alle cure mediche di Bossi, bisognoso tuttora di assistenza. Nessuno ha rubato 49 milioni, a meno che si ritenga un furto l’attività politica di un partito e il sostegno al suo leader fondatore. Bossi ha firmato un bilancio con qualche sbrego, ma ognuno sa, senza bisogno di dilungarsi in dimostrazioni, che in questi anni il Senatùr poteva far tutto meno che il contabile, e del resto non aveva nessun obbligo di firma su quelle carte: per legge è responsabile il tesoriere. La negazione del buon senso è palese quando poi i giudici interpretano la norma esigendo la restituzione dell’intera somma a cui la Lega aveva diritto perché l’1 per cento di quei soldi secondo loro è stato speso male. La decisione di come spenderli o la stupidità di farseli fregare da un tesoriere non può essere sindacata dai tribunali, ma è giudicata dagli elettori.



Dunque la sentenza di primo grado con cui si vuole che si ridiano all’erario i fondi spesi per la vita della Lega dai tre segretari succedutisi e cioè Bossi-Maroni-Salvini è da cancellare perché — ad avviso non solo mio — ingiustificata giuridicamente. E viene oltretutto ad essere un precedente pericolosissimo. Peggio ancora, il sequestro dei conti, quando ancora si è ben lontani dal giudizio della Cassazione, equivale a una lesione insopportabile del gioco democratico. 

Questa ferita esigerebbe una larga intesa tra partiti nella difesa della loro autonomia tutelata dall’articolo 49 della Costituzione. Sarebbe una risposta a quei pm che manifestano spiccate attitudini ad invadere la sfera politica in nome della sovranità popolare. Invece ha prevalso lo spirito di bottega: mors tua, vita mea. Senza capire che la prossima bottega a morire sarà la tua.



Prima ancora che moralmente deplorevole è stupido il planare di Renzi a mo’ di avvoltoio petulante addosso ad avversari politici, peraltro innocenti fino al terzo grado di giudizio. Davvero è convinto che i giudici risparmieranno, se tornasse utile, il Partito democratico? Ma non era il tesoriere della Margherita, dalle cui fila viene Renzi, quello che si comportò con i finanziamenti pubblici come un’idrovora? Allora — più saggiamente — nessuno chiese la decapitazione dei responsabili politici né l’assassinio del movimento che fondò insieme ai Democratici di sinistra il Pd. Oggi quel garantismo è rinnegato.

Concludendo. Qui non si chiede l’impunità per chi ruba. Si vorrebbe che non si rapinasse la democrazia.