Da un guru all’altro, da Beppe Grillo a Gandhi. Luigi Di Maio si candida a premier in quota 5 Stelle citando il Mahatma: “Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci”. Era il segreto di Pulcinella, il vicepresidente della Camera ha avviato da tempo il giro delle sette chiese per accreditarsi negli ambienti che contano, perché con gli elettori bisogna mostrare la faccia antisistema ma con i potenti si deve apparire affidabili. Ora Giggino si sottoporrà al giudizio degli iscritti al movimento.
In base al regolamento, c’è tempo fino a domani per presentare altre candidature e poi saranno stabilite le modalità di svolgimento delle primarie. Vedremo se il termine sarà rispettato. Perché per il resto non è che i grillini stiano proprio prendendo alla lettera le regole che si sono dati. Dovevano cacciare gli indagati, ma strada facendo abbiamo scoperto che c’è indagato e indagato, e che qualcuno è più indagato degli altri, come nella Fattoria degli animali di Orwell dove i maiali stabiliscono che tutti sono uguali, ma qualcuno è più uguale degli altri. La sindaca Raggi ha qualche problema con la procura di Roma, la sindaca Appendino idem con i magistrati di Torino, e lo stesso vale per il sindaco Nogarin di Livorno. Eppure restano dove sono.
Anche Di Maio ha una denuncia sul groppone, l’accusa è diffamazione e gli arriva dall’ex candidata pentastellata di Genova. Accusa penale come sanno bene molti giornalisti che spesso vengono perseguiti a scopo intimidatorio da coloro dei quali scrivono. Il candidato grillino ha fatto proprio lo stesso argomento, dice che “da altri partiti ci querelano per nulla per farci fuori”, e quindi lui indagato è innocente mentre il denunciante è un persecutore, così alla fine è sempre tutta colpa della giustizia italiana. Il copione ipocrita non cambia: antisistema davanti agli elettori, e codice etico interno addio, modificato a uso e consumo di chi decidono i capi.
Sulle proteste contro la magistratura e chi dà seguito alle “querele sul nulla”, Di Maio si allinea con Matteo Salvini e la Lega dalle tasche svuotate. “Giudici come in Turchia”, ha protestato il segretario del Carroccio dopo il sequestro di decine di milioni di euro sui conti del partito proprio alla vigilia del raduno di Pontida. I partiti antisistema sfruttano i benefici del sistema (i grillini i vitalizi parlamentari, i leghisti i finanziamenti statali) salvo poi scagliarsi contro il sistema, urlando scandalizzati ma applicando gli intramontabili due pesi e due misure: applausi alle indagini se colpiscono altri e “proteste clamorose” (così ha annunciato Salvini) se i colpiti sono loro.
Gli uni coprono così la mancanza di democrazia interna e l’opacità delle regole, gli altri mascherano un impasse politico dal quale non sono ancora usciti. Perché da soli i leghisti non vanno da nessuna parte ma non è ancora chiaro con quale partner stringeranno un’alleanza. Lo si vedrà in base al sistema con cui si andrà a votare, per cui ci vuole ancora pazienza. Su un piatto della bilancia c’è l’accordo con Berlusconi, ma sull’altro resta la tentazione della corsa solitaria e, a urne chiuse, accordarsi con Di Maio per un esecutivo antisistema biennale. Se si voterà con il proporzionale e i grillini ne uscissero come la prima forza parlamentare, sarà dura per Mattarella non dare l’incarico a Giggino. E per lui l’unica sponda, sia pure temporanea, è quella leghista. Hanno detto che non faranno accordi con nessuno, ma ormai li conosciamo: anche questa regoletta è pronta per saltare.