L’Italia si prepara a un altro pesantissimo scossone politico se quanto ha scritto qualche giorno su queste pagine fa la birichina signora Mara Maldo, fosse vero. La Maldo sosteneva infatti che Forza Italia (FI) e Partito Democratico (Pd) si stanno preparando a un accordo per confezionare una nuova legge elettorale, il Rosatellum, che ostacolerebbe il M5s dal vincere nel 2018.



L’accordo politico potrebbe configurarsi come e peggio della battaglia sul referendum costituzionale, dividendo ancora di più l’Italia tra quelli che sono al potere e quelli che ne sono fuori.

Nella migliore delle ipotesi si tratterebbe di una riedizione della coalizione postmoderna dell’accordo dei partiti dell’arco costituzionale per tenere fuori fascisti e comunisti. Solo che “fascisti” e “comunisti” di oggi sarebbero insieme sotto la sigla del M5s, senza però alcuna minaccia esistenziale alla democrazia, quello che una volta escludeva Pci e Msi dal governo.



Infatti, il M5s governerà male, sarà settario e brulicante di incapaci, ma certo dietro non ha l’Urss o un fantasma nazifascista. Per questo, tenerlo lontano dal potere solo perché è stupido trasforma le prossime elezioni in una contesa tra corrotti liberticidi (che vogliono restare al potere a tutti i costi) e duri e puri.

Con il 50 per cento di gente che oggi rifiuta di votare e potrebbe scegliere l’una o l’altra parte per un soffio di vento, l’esito delle future elezioni rischia di essere in bilico.

Non solo: come scriveva Mara Maldo, ciò trasforma gli M5s, settari, nella bandiera della democrazia liberale contro l’accozzaglia dei corrotti.



D’altro canto consegnando la guida del partito a Luigi Di Maio, Beppe Grillo sta compiendo una svolta che potrebbe essere epocale per la politica italiana. Negli anni 50 Umberto Eco ottenne la celebrità in Italia con un’analisi di Mike Bongiorno. Il presentatore piaceva perché sapeva quanto o meno di uno spettatore comune. Lo spettatore si riconosceva in lui e smetteva di sentirsi in soggezione. Era quel senso di eguaglianza in basso portata anche dal mezzo tv. Infatti quando Berlusconi lanciò la sua tv all’inizio puntò proprio su Mike Bongiorno.

Luigi Di Maio sembra funzionare allo stesso livello, è il Mike Bongiorno della politica italiana moderna. Non è il politico che ci intimidisce. Infila strafalcioni come noi, confondendo il Venezuela con il Cile o Cuba (parlano tutti spagnolo o portoghese da quelle parti, no?). Vuole la presidenza della commissione Rai, ma poi non si infila in grane spinose, lasciandole invece al Pd Anzaldi; difende la Raggi o la Appendino ma appena sente puzza di bruciato prende le distanze. È uno come noi. 

La stessa Appendino, che all’inizio sembrava un volto nuovo, si è rivelata pilatesca. Teme di non riuscire a gestire il G7 di Torino? Lo scarica ad altri, basta che non cada sulla sua testa. La Raggi fa ogni giorno la stessa cosa, rifiutando di andare in pubblico e spiegare perché la capitale cade a pezzi e che cosa intende fare lei ora, dopo tante promesse.

È normale, per carità, è quello che faremmo noi in una situazione normale di pericolo: rispondiamo col primo istinto, la fuga. In fondo è quello che fece il vile Schettino, come avemmo a commentare a suo tempo proprio qui.

Solo che queste fughe sono comprensibili per noi poveretti. Per un leader politico dovrebbero essere inaccettabili; nell’intollerante Cina porterebbero letteralmente al plotone d’esecuzione. In Italia invece è perdonato con una scrollata di spalle e magari un ammicco: Di Maio, Raggi, Appendino sono furbi.

Ma in Cina — erroneamente, di sicuro — si pensa che curare lo Stato sia un’arte simile a curare una persona. Chi si farebbe curare un raffreddore da un Di Maio che non ha arte né parte e che al primo imprevisto sguscia via e fa finta di non esserci?Anche per un raffreddore vorremmo tutte le lauree del mondo, ma per curare lo Stato ci basta un’esperienza da webmaster, come quella di Di Maio!

Gli italiani sono impazziti? Probabilmente è così, ma c’è una logica in questa follia: il disgusto della politica tradizionale che non riesce a parlare con gli elettori, trasuda corruzione, aggira la volontà dei votanti costruendo regole artefatte. Così al vecchio imbroglione si preferisce un imbroglione nuovo, diverso. In fondo è semplice.

In teoria potrebbe non essere così. La popolarità del tranquillo Gentiloni, nomen omen, aumenta proprio per la confusione intorno a lui. Lo stesso e di più accade per il suo superministro fattivo Minniti, o per i sindaci del centrodestra che governano senza tentazioni pilatesche.

Però, da qui ai prossimi cinque-sei mesi, quando si andrà alle urne, c’è speranza che questi dirigenti che vogliono mandare avanti la baracca prendano davvero il potere sopra i loro capi partito? C’è speranza che Grillo e Casaleggio rinsaviscano e tolgano il giocattolo dalle mani appena lavate di Luigi Di Maio, neo Mike Bongiorno? Possibile che M5s, FI e Pd comincino a ragionare insieme e davvero su cosa fare dell’Italia?

Improbabile. In assenza di ciò, cioè mancando un soggetto pensante, quello che forse hanno in mente Francia e Germania è la cosa più saggia: imporre regole, camicie di forza all’Italia che impediscano ai politici italiani di distruggere il paese. Non è la soluzione ideale, consegna l’Italia allo straniero. Ma l’alternativa è dare il paese in mano a gente che per una fettina di potere sta mandando tutto a rotoli e portando il caos libico sotto le Alpi.

Che gli italiani certo scelgano la loro sorte. Ma da Pechino, se dovessi dare un voto oggi per salvare l’Italia, lo darei ad Angela Merkel.