La nomina risicata (21 voti a favore su 40) di Pierferdinando Casini alla presidenza ha confermato quanto la neonata commissione parlamentare d’inchiesta sui dissesti bancari si annunci delicatissima da maneggiare. Tanto più che i vicepresidenti saranno Renato Brunetta per l’opposizione di centrodestra (un “falco” a suo agio su tutti i ring politico-economici) e Mauro Maria Marino, un senatore Pd noto per non essere affatto una “colomba” sui temi del risparmio tradito.



L’ex presidente della Camera vanta una più che apparente caratura istituzionale e un profilo personale incline alla mediazione, alla gestione di contrapposizioni attraverso il realismo politico. Tuttavia sia il suo cognome sia la sua appartenenza odierna non sembrano offrire assicurazioni piene in chiave di “punto d’appoggio” per una commissione che al momento non sembra contare su nessuna certezza: tempi, copione, esiti.



Casini è esponente di Ap, un partito che sta affrontando la lunga vigilia elettorale a colpi di lacerazioni interne e di strappi esterni (come quello sullo “ius soli”). D’altro canto il neo-presidente della commissione è stato a lungo genero di Francesco Gaetano Caltagirone (ex azionista vicepresidente di Mps, oggi azionista di UniCredit e Generali) e nelle ultime settimane il suo nome è stato citato per la presidenza della Fondazione Cassa Bologna (grande azionista di Intesa Sanpaolo). Un po’ troppo per proporsi come vera figura di garanzia.

Ora l’attenzione si concentra sul merito dell’inchiesta, che è stata circoscritta ai sette dissesti “conclamati”: Mps, Popolare Vicenza, Veneto Banca, Etruria, Banca Marche, CariFerrara e CariChieti. Un’opzione apparentemente giustificata dall’esiguità del calendario, ma non è fuori luogo vedervi una prima scelta politica di rilievo. Resterà ampiamente fuori dal raggio investigativo della commissione tutto quanto accaduto dopo l’esplosione della crisi finanziaria nel 2008, in particolare il diffondersi della vera onda d’urto sul sistema italiano, a metà 2011.



E’ stato allora che la crisi dello spread, riverberatasi dal debito pubblico alle banche proprio quando iniziavano stress test e vigilanza europea, ha davvero colpito e semi-affondato credito ed economia in Italia, nella spirale austerity-recessione. Ma mettere sotto i riflettori le cause e non solo gli effetti della crisi bancaria italiana avrebbe toccato temi di massima sensibilità in campagna elettorale: a cominciare dalle dinamiche politiche interne e internazionali che portarono alla caduta del governo Berlusconi e all’ascesa del premier tecnico Mario Monti; per finire con il ruolo di Mario Draghi, che prima ancora di insediarsi come presidente della Bce, siglò il diktat all’Italia sollecitato da Angela Merkel e dalla Francia.

Il campo di gioco resta comunque ad alta intensità politico-elettorale, anche se a una sola dimensione. Lo schema competitivo si conferma semplice: da un lato la “narrazione” secondo la quale la responsabilità della crisi bancaria è della vigilanza Bankitalia, dall’altro una  tesi più centrata sulle deficienze del governo Renzi, soprattutto nella dialettica con l’Europa della Ue e della Bce. Anche la durata della partita è definita e relativamente stretta: il mese di ottobre. Il 31 (alla tradizionale Giornata del Risparmio) potrebbe perfino andare in scena un passaggio della campanella fra il governatore uscente, Ignazio Visco, e il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, uno fra i candidati alla successione. Palazzo Chigi con il Qurinale, cui è riservata una decisione congiunta, restano peraltro intenzionati a confermare Visco in Via Nazionale. ma non saranno ininfluenti le decisioni e gli atteggiamenti che Casini, Brunetta, Marino e gli altri 37 membri della commissione assumeranno via via sul calendario dei lavori ed nello svolgimento delle sessioni. E’ probabile che, ad oggi, neppure gli interessati abbiano un’idea precisa su chi finirà prima sulla “griglia” parlamentare e su quanto alta sarà la temperatura.