Il sogno proibito che circola nel Pd? Una netta sconfitta di Renzi in Sicilia. Chissà che addirittura non ci siano dei gufi che sottobanco lavorano per il candidato di Bersani e D’Alema, quel Claudio Fava che per ora, sondaggi alla mano, non sembra impensierire Micari anche se lo farà arrivare alle spalle di Cancelleri (M5s) e Musumeci (centrodestra). Il primo ad approfittare della débâcle di Renzi sarebbe un insospettabile, quel Graziano Delrio che ha inventato Renzi ma che potrebbe decidere, davanti ad una nuova sconfitta, che la misura è colma. Lo scenario di Peppino Caldarola, ex direttore dell’Unità, cuore a sinistra.
Caldarola, Pisapia dice di lavorare per un centrosinistra “diverso” e si ispira all’Ulivo. Circolano i nomi di Letta e Prodi. Che cosa bolle in pentola?
Nel vario mondo che va dal Pd ai suoi critici di sinistra si sta radicando la convinzione che Renzi e il renzismo siano avviati al capolinea. Con una fermata intermedia, la Sicilia, che potrebbe essere disastrosa. Soprattutto se Fava superasse Micari, il candidato di Orlando e Renzi.
E tutti o quasi tutti aspettano con ansia questo epilogo.
I frondisti interni guardano a quel momento come i socialisti guardavano all’appuntamento dell’Hotel Midas per far fuori il vecchio De Martino (16 luglio 1976, ndr).
E fuori dal Pd?
In molti accarezzano l’idea di un Pd senza Renzi con cui tornare a dialogare. Per non fare nomi si tratta di Pisapia, Letta e Prodi. Ma le posizioni divergono. Prodi non intende impegnarsi in prima persona a meno di non venire chiamato. Letta invece potrebbe coinvolgersi.
E Pisapia?
A lui è toccato il ruolo più spiacevole: quello di chi deve dire che non farà la lista con Renzi ma nemmeno vuole essere assimilato all’opposizione di D’Alema.
Ma perché l’ex sindaco appare così incerto?
Il suo sogno, suo e di quelli che come lui sono approdati al Pd da Rifondazione, è fare la cosa che sabotarono venti anni fa: il centrosinistra.
D’Alema e Bersani lavorano per il nuovo centrosinistra e sperano nell’incidente di Renzi. Ma è una eventualità, quella della Sconfitta in Sicilia, che Renzi ha già messo nel conto.
Renzi spera che Micari arrivi terzo. Non gli importa arrivare dopo il centrodestra e M5s. Ma se per caso arrivasse quarto, anche per un solo voto, dopo Claudio Fava, sarebbe la sua débâcle.
Gli costerebbe la segreteria del partito?
Ci sarebbe un sollevarsi di malumori che Renzi certamente potrebbe contrastare grazie alla maggioranza interna che si è costruito con le primarie. Il punto è se questa maggioranza avrà voglia di seguirlo. I mal di pancia potrebbe essere parecchi e importanti.
Ad esempio?
Graziano Delrio.
Delrio? Ma è l’inventore di Renzi.
Sì, ma è anche un personaggio politico di spessore che non può continuamente andare dietro ai ragazzini se i ragazzini continuano a perdere. Se la sconfitta di Renzi diventasse il segno di un perdita di contatto con il paese, Delrio e non solo lui si sentirebbe in dovere di fare qualcosa.
Alfano sta con Renzi in Sicilia, ma ha messo Lupi alla guida di Ap per riportarlo nel centrodestra. Vedi alla voce intervista di ieri sul Corriere. Quindi del 2018 renderà impossibile ad Ap una politica dei due forni.
Impossibile no. I due forni diventerebbero comunicanti se un esito elettorale incerto spingesse Renzi verso Berlusconi e Berlusconi verso Renzi. A quel punto Salvini risulterebbe scomodo per Berlusconi.
In questo caso Ap avrebbe un nuovo ruolo centrale. Magari con Casini come padrino d’eccezione.
Casini è abile politicamente, ha dato una mano a Renzi, ha ricevuto in cambio la presidenza della commissione d’inchiesta bancaria. Il suo percorso però lo porta più verso il Pd che verso il centrodestra, dove l’anatema nei suoi confronti è perfino più forte di quello lanciato su Alfano.
Verrebbe quasi da pensare che Renzi tifi perché la proposta di legge elettorale avanzata dal suo partito venga silurata. E difficile immaginare Renzi e Pisapia insieme con a rimorchio Articolo 1.
Renzi non vuole quella legge elettorale, preferirebbe andare alla conta.
Qual è il suo calcolo?
Le urne direbbero che il Pd è il primo partito a sinistra e il secondo partito italiano, perché Forza Italia e Lega da soli non raggiungerebbero i voti del Pd. Se invece il Rosatellum andasse in porto com’è ora, lavorerebbe per spaccare Pisapia da Articolo 1 e Articolo 1 al suo interno.
Lei cosa prevede dopo il voto?
Non ho una lira, ma se ce l’avessi la punterei solo su un governo del presidente. Non nell’immediato ma nel 2019, quando l’ingovernabilità avrà dato i suoi frutti. Nel ’19 scade il mandato di Draghi alla Bce.
Niente governo politico di legislatura?
No perché l’ipotesi che abbiamo fatto tante volte di un’alleanza Berlusconi-Renzi si ferma di fronte a due dati. Il primo è l’impossibilità di avere la maggioranza. Il secondo è che il patto danneggerebbe elettoralmente sia Berlusconi che Renzi.
Quattro anni di legislatura con il cosiddetto governo del presidente non è una bella prospettiva.
Dipende dal presidente. Il governo di Napolitano lo abbiamo conosciuto; non sappiamo come sarebbe quello di Mattarella, anche se un po’ lo possiamo immaginare. Archiviate le suggestioni occidentaliste di Napolitano, sarebbe netta l’opzione per un conduzione politica più tranquilla, entro cui la componente cattolico-moderata avrebbe il suo spazio.
(Federico Ferraù)