La Germania infetta dal parassita italiano? Sembrerebbe. E non solo per la progressiva frammentazione del quadro politico (forse, persino, un segno di maturità della gelida e teutonica democrazia tedesca) né per la sempre più difficile governabilità, quanto, bensì, per l’idea che la vita di un partito valga più del benessere dell’intera nazione. Che la sopravvivenza di una compagine politica valga più di politiche meditate e responsabili, sebbene impopolari, messe in atto anche sulla questione migranti. Questo l’incredibile paradosso che sembra emergere nel dopo-voto della locomotiva d’Europa.
Così, mentre la sconfitta Merkel (i democristiani tedeschi hanno perso ben l’8 per cento rispetto al 5 per cento perso dai socialisti) si è subito messa al lavoro per tentare di costituire un nuovo governo utile al benessere della Germania ma anche alla tenuta dell’Europa, qualcuno, da sinistra, si è tirato subito fuori, ponendo la Spd all’opposizione. Con ciò prendendo paradossalmente le distanze da quei successi economici ottenuti anche durante la crisi economico-finanziaria più nera degli ultimi cinquant’anni, che gli stessi socialisti al governo avevano contribuito a raggiungere.
Tutto riecheggia l’Italia! Ma, come è noto, chi non ha coraggio (delle proprie idee e dei propri azioni) non se lo può dare. Così mentre la Germania “scoppia” di salute economica, con una piena occupazione ed un surplus commerciale invidiabile, il partito socialista, quello dell’ex presidente del Parlamento Europeo, dell’ex “Capò” secondo il soprannome affibbiatogli da uno scoppiettante Berlusconi, dell’ex candidato cancelliere, ha deciso di arrendersi. Di salire sull’Aventino e di opporsi al benessere del suo popolo. Quel benessere che, peraltro, ha contribuito a costruire in anni di collaborazione con i democristiani.
L’idea è chiara, ed in ciò l’Italia (dei Bertinotti e dei Fini, tanto per non fare nomi) può impartire lezioni a tutti: per il bene del partito tutto è sacrificabile, persino il proprio recente operato. Persino la propria credibilità!
Merkel, da condottiera qual è, ha dichiarato di non chiudere le porte a nessuna ipotesi di governo e di confidare in una riapertura del dialogo con i socialisti.
C’è da augurasi, con buona pace dell’on. Pittella, che la ragionevolezza ed il realismo politico possano ancora avere la meglio e garantire alla Germania e all’Europa intera una nuova stagione di “rilancio” tanto sul versante economico (l’Europa funziona se ha un’unica velocità) quanto sul versante burocratico-istituzionale con riforme ormai irrinunciabili ed utili — come il pane — alla funzionalità, economicità e credibilità delle stesse istituzioni europee.