Ancora M5s sotto i riflettori. Luigi Di Maio, in veste di candidato premier, è apparso davanti alle telecamere della Bbc dove ha detto di guardare con interesse agli stati nordici che spendono soldi in salute e ambiente. Nel frattempo i 5 Stelle hanno presentato un emendamento al Rosatellum fatto su misura contro Berlusconi (non potrebbe essere “capo” di una formazione politica chi non è candidabile al Parlamento). Per Paolo Franchi, editorialista e già direttore del Corriere della Sera, sarà l’Europa a suggerire all’Italia il nuovo presidente del Consiglio. Ecco le sue previsioni.
Cominciamo da Di Maio.
Di Maio è un ritorno ai leader tradizionali, ma di terza fila. Chi è vecchio come me può dirlo perché nella prima repubblica ne ha visti a pacchi. Forse era l’unica soluzione che avevano Grillo e Casaleggio: se vuoi governare o candidarti a farlo, sei costretto a rovesciare l’immagine di protesta del leader o del movimento in una moderata. Meglio dunque la soporifera politica del nord Europa.
Ma questo riflusso moderato permetterà di conservare i voti grillini e di conquistarne di nuovi?
Di conservare quelli che hanno, può darsi: se voti 5 Stelle, che cos’ha dichiarato Fico o Di Maio non ti importa molto. Quanto ad espanderli, l’esito non è per nulla scontato. Anzi è un azzardo.
Lo scenario pre- e post-voto resta diviso in tre. La situazione appare bloccata.
Un’intesa elettorale nel centrodestra mi pare scontata, la faranno. Però apre problemi per tutti i contraenti. Renzi dal canto suo non è messo molto bene. Sta facendo la campagna elettorale di un candidato premier in un sistema maggioritario. Credo che le possibilità di Renzi di fare il presidente del Consiglio dopo il voto siano pari alle mie e alle tue e verrebbe da pensare che lui sia l’unico a non saperlo.
Andrà a monte anche il Rosatellum e si voterà con le leggi della Consulta?
Vedo in giro una grande ansia di contarsi. E comunque il Pd mi pare sovrastimato nei sondaggi.
Sembra che M5s voglia modificare il Rosatellum per interdire Berlusconi dalla guida del suo partito. Potrebbe guidare una forza politica solo chi può essere candidato.
Queste operazioni sono le più controproducenti in assoluto.
E se davanti al rischio di instabilità post-voto l’Europa suggerisse — a suo modo — il nome di Gentiloni?
Tutti in Europa ne sarebbero contenti. Qualunque cosa accada c’è un’estrema ratio che è il cosiddetto governo del presidente, che però troverebbe contrari M5s, Lega e FdI. Secondo me la vera soluzione è quella che non si dice: un patto tra Renzi e Berlusconi. Ovviamente nessuno dei due può dichiararlo in campagna elettorale perché perderebbe una barca di voti. Il quadro dipende poi da altri fattori: che cosa succede nel Pd dopo le elezioni siciliane? Tutti si guardano intorno, a cominciare da Franceschini.
In un politica così frammentata e debole, le inchieste possono ancora essere l’arbitro della situazione politica?
La Raggi viene rinviata a giudizio per falso, ma vengono rinviati a giudizio anche 16 ex consiglieri regionali del Pd per l’inchiesta sui fondi ai gruppi consiliari. Come dire: volendo, ce n’è per tutti. Non vedo però un’offensiva sistemica dagli effetti dirompenti, stile prima repubblica.
Per quale motivo?
Perché non c’è più un sistema di potere politico consolidato ma una molteplicità caotica di centri di potere che ne fanno più di Carlo in Francia. Ma non scommetterei sull’effetto di un’azione della magistratura sugli elettorati di riferimento. Il “tutti in galera” non funziona più, nemmeno da parte di M5s che pure ha applaudito volentieri al lavoro dei pm quando riguardava gli altri. Ora, chissà perché, applaudono di meno.
Angela Merkel sta lavorando al nuovo governo tedesco. Ci riguarda?
Altroché. Temo che potremmo anche rimpiangere Schäuble.
(Federico Ferraù)