Siamo invasi dalle statistiche probabilistiche dei risultati elettorali, conquistati col proporzionale e con l’uninominale e seguiamo ogni giorno l’apparire di candidate e candidati che si differenziano per le proposte in forma di issue, ossia di temi precisi e argomentati addirittura economicamente, quasi a seguire pedissequamente ciò che disse il Presidente della Repubblica Mattarella, nel suo discorso di fine anno: concretezza, realismo, ecc. E poi, forse l’avrete notato, d’Europa, di fatto, non parla nessuno. 



Gli europeisti convinti-ciampisti quando nominano il Vecchio continente sorridono. Gli anti-europeisti di lungo corso non nominano più né l’Europa, né l’euro, e se lo fanno, con faccia preoccupata, dicono: vedremo. Insomma, deve essere scesa una cornucopia di giocattoli, cioccolatini, monete del monopoli o bitcoin che hanno riempito tutte le calze della Befana dei candidati di una speciale manna europea, prodotta da infinite piccole e medie imprese franco-tedesche che vogliono conquistare il mercato degli italiani, confidando sulla propensione del mangiar bene dei popoli italici, pre e post romani.



Tra tutti questi balocchi, nessun candidato, nessun giornalista (fa eccezione quel bravo professionista di Francesco Cancellato, con un suo bell’articolo del 9 gennaio apparso su Linkiesta con l’esplicativo titolo: “In Europa si decide tutto nei prossimi due mesi, ma i nostri candidati premier neppure lo sanno”. Se uno è bravo, anche se la pensa diversamente da te, bisogna fargli i complimenti) parla di quanto accade in Europa. Siamo dinanzi a una sorta di straniamento di massa che mi pare coinvolga tanto i candidati, quanto i protagonisti dei mass-media e, chissà, ben probabilmente gli elettori. 



Eppure l’onda limacciosa del dominio franco-tedesco sull’Europa si delinea all’orizzonte come un quadro di Permeke, quelli con le nuvole grigie, basse basse, che quasi schiacciano i battellini sballottati dalle onde del Mar Baltico e del corso del Rodano. Su quei battellini non ci sono pacchi di volantini per i candidati che fanno a gara per chi abolisce di più le tasse. Su quei battellini viaggia l’ampia documentazione, che in Italia nessuno legge, che darà vita al documento congiunto che i parlamenti francese e tedesco voteranno e firmeranno il 22 gennaio prossimo “per una nuova Unione europea”. Il che è veramente la dichiarazione di guerra all’Italia, o meglio, è la sanzione della sconfitta politica della nostra nazione. 

Nessuno dei candidati ha sollevato questo tema, e questo rimarrà un marchio indelebile per tutta una classe politica, senza distinzioni di partito. Figuratevi con quale peso, con quale potenza parteciperemo, quello stesso 22 gennaio, a quella prima riunione dell’Eurogruppo che ha all’odine del giorno i problemi delle banche europee. Ebbene, chissà se per quel giorno avremo a disposizione quel documento che sintetizza i risultati raggiunti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle banche con proposte possibili, così da non sfigurare dinanzi all’Eurogruppo. 

Sulla scia di questo tema, ricordo che nella seconda metà di marzo si assumerà una decisione sulla creazione di un Fondo monetario europeo che, anche qui, scaturisce dalle tecnocrazie oligarchiche europee franco-tedesche. E si tratterà di una decisione fondamentale per definire il destino degli intermediari finanziari europei, e delle politiche di intervento pubblico a livello internazionale, e quindi dell’economia e della società del vecchio continente. Senza dimenticare le rilevanti implicazioni geo-politiche di una decisione siffatta, che si configura come una sfida al Fondo monetario internazionale, e soprattutto agli Usa. 

Ma di tutto questo non parla nessuno, nessuno. Perché?